«Non possiamo prolungare lo stato di emergenza per sempre. Non avrebbe senso, vorrebbe significare che non siamo più una repubblica con leggi valide per tutte le circostanze». Così affermava Francoise Hollande il 14 luglio, ma poche ore dopo l’attacco di Nizza costrinse la Francia a prolungare lo stato di emergenza per altri sei mesi almeno. Gli attacchi terroristici continuano e le operazioni antiterrorismo sono ormai senza sosta.
L’Europa rischia di divenire un continente in uno stato securitario permanente senza arrivare a traguardi concreti anche a lungo termine per contrastare il terrorismo in maniera efficace. Le leggi di emergenza per la lotta al terrorismo lasciano agli esecutivi dei poteri in grado di limitare discrezionalmente libertà fondamentali. Queste norme finiscono, in numerosi Stati membri, per mutarsi in norme ordinarie della legislazione nazionale. Dal 2014 in poi la paura, l’alienazione e il pregiudizio minano pietre miliari dell’Europa come l’equità, l’eguaglianza e la non discriminazione. É questo l’atto di accusa ai governi Ue contenuto in un rapporto che Amnesty International ha presentato a Bruxelles in vista dell’adozione della direttiva Ue sulla lotta al terrorismo, focalizzandosi sulla situazione di quattordici paesi.
Misure anti-terrorismo a rischio discriminazione
Il risultato delle misure anti-terrorismo, secondo l’Ong internazionale, per lo più è quello di essere discriminatorie sia per come sono state pensate che nella pratica, hanno come target spesso persone straniere, musulmane o percepite come potenziali straniere o musulmane. Uomini, ma anche donne e bambini hanno subito abusi, passeggeri sono stati fatti scendere dai loro voli perché sembravano potenziali terroristi. In Francia alle donne è stato vietato di indossare un costume da mare integrale come il burkini. Perquisizioni nelle case tra novembre 2015 e febbraio 2016 (oltre tremila) ma meno dell’1% sono risultate secondo le leggi francesi legate ad atti di “apologia di terrorismo”. Le condanne per apologia di terrorismo in Francia sono state 385, ma rimane dubbia e vaga la definizione di questo crimine, lasciando all’interpretazione un’ampia discrezionalità. La Ong denuncia le perquisizioni notturne e umilianti, i domiciliari che hanno reso quasi impossibile frequentare la scuola o lavorare con conseguenze traumatiche per un centinaio di persone. Nel maggio 2016 , la Commissione delle Nazioni Unite contro la tortura ha espresso preoccupazione per «l’uso eccessivo della forza da parte della polizia durante le perquisizioni che in alcuni casi ha portato a conseguenze psicologiche per la persona in questione». Nel gennaio 2016 cinque relatori delle Nazioni Unite avevano richiesto alle autorità francesi di garantire lo stato di diritto e prevenire l’uso arbitrario di alcune procedure e che ci fosse prima un controllo giudiziario delle misure antiterroristiche. Lo stato di emergenza in Francia è stato rinnovato già cinque volte, norme che permettono di vietare manifestazioni e condurre perquisizioni senza mandato da eccezionali rischiano di diventare permanenti. Una legge del 2015 permetterebbe la sorveglianza dei cittadini attraverso le intercettazioni di massa, le chiamate di milioni di persone in Francia ma anche in Belgio, Regno Unito, Paesi Bassi, Austria, Polonia, Ungheria, Germania. In Polonia in particolare una legge approvata nel 2016 autorizza le autorità a sorvegliare segretamente cittadini stranieri per tre mesi senza la necessità di un mandato giudiziario, attraverso intercettazioni telefoniche, il controllo di altri mezzi di comunicazione elettronica, le reti e strumenti di telecomunicazione.
Ordinanze amministrative per controllare i movimenti delle persone in Francia e Regno Unito che dovevano essere temporanee si stanno assimilando alla legislazione ordinaria, dunque misure permanenti. Sempre in Francia, con l’utilizzo di misure antiterroristiche nel 2015 attivisti politici e ambientalisti sono finiti agli arresti domiciliari alla vigilia della Conferenza di Parigi sul clima.
In Ungheria le misure di emergenza permettono in generale di sospendere le normative ordinarie per adottare rapidamente leggi che finiscono per limitare la libertà di movimento e le assemblee pubbliche e congelare i conti bancari. Ahmed H., un siriano di 40 anni legalmente residente a Cipro racconta di essere stato condannato da un giudice a Szeged in Ungheria a dieci anni di pigione per “un atto di terrore” consistente nell’aver utilizzato un megafono per chiedere alla polizia ungherese di parlare con i rifugiati bloccati in Serbia al confine e la sua ammissione di aver tirato oggetti contro la polizia ungherese nella ressa che seguì all’uso eccessivo della forza da parte della polizia.
Amnesty International ha documentato lanci di bombe d’acqua e fumogeni per disperdere i rifugiati e richiedenti asilo ai confini con l’Ungheria. Vittime di questo massiccio uso della forza sono state anche famiglie con bambini. Nel 2015 l’Ungheria tra l’altro adottò delle riforme legislative per criminalizzare l’ingresso illegale di rifugiati e migranti. Misure che la Ong definisce orwelliane, facendo riferimento agli psicoreati descritti in “1984”, e che sono concentrate su attività pre–criminali : sorveglianza elettronica, coprifuoco, divieti di viaggiare che colpiscono molte persone seppure non siano mai state incriminate o condannate «La minaccia del terrorismo è estremamente concreta e dev’essere affrontata con risolutezza. Ma il compito dei governi dovrebbe essere quello di far in modo che i cittadini possano esercitare i loro diritti in sicurezza, anziché di restringere i diritti delle persone in nome della sicurezza. I governi degli Stati membri dell’Unione europea stanno usando le misure anti-terrorismo per consolidare poteri draconiani, prendere di mira determinati gruppi in maniera discriminatoria e togliere diritti col pretesto di difenderli. Rischiamo di creare società in cui la libertà sarà l’eccezione e la paura sarà la regola» ha affermato John Dalhuisen, direttore per l’Europa di Amnesty International.