C’era una volta la grande Stella Rossa Belgrado, capace di conquistare una Coppa dei Campioni nel 1991 schierando in campo serbi, croati, bosniaci, montenegrini e macedoni, e di diventare, suo malgrado, il simbolo vincente di un Paese in disfacimento.

Oggi quel ricordo è sfumato: la principale squadra della Serbia, tuttora di proprietà statale, è relegata al ruolo di semplice comparsa in Europa, mentre in patria è costretta a combattere con i creditori. Una situazione peggiorata negli ultimi anni, tanto da spingere il primo ministro Aleksandar Vucic ad annunciare la prossima privatizzazione del club, ritenendola “il solo modo per garantirgli un futuro”.
“Non ho più la forza per oppormi alla privatizzazione. Ammetto la sconfitta, e penso che sia l’unica soluzione possibile per lo sport serbo”, ha dichiarato nel fine settimana Vucic, come riporta il quotidiano locale VecerneNovosti.
Finanze vicine al collasso
Attualmente nessun privato può, per legge, investire in maniera diretta in una società di calcio. Di fatto i club serbi sono società pubbliche, gestite per lo più dai rispettive municipalità e sono costrette ad autofinanziarsi.
I risultati sono stati finora fallimentari, e il punto più basso è stato raggiunto la scorsa estate, con l’esclusione della Stella Rossa dalle competizioni Uefa per la violazione di una dei punti chiave del Fair Play Finanziario, ossia l’obbligo di non avere debiti scaduti.
La sola Stella Rossa avrebbe accumulato pendenze per oltre 40 milioni di euro, ma anche gli altri club serbi versano in cattive acque: otto delle 16 squadre della SuperLiga, il massimo campionato locale, hanno i propri conti bancari sotto sequestro e non sono in grado di pagare gli stipendi agli atleti e allo staff.Nei guai finanziari sono finiti anche i rivali del Partizan, l’altra squadra della capitale, e decine di altri club, spingendo il sindacato internazionale dei calciatori FIFPro a invitare i propri associati a non sottoscrivere contratti in Serbia visto l’alto rischio di insolvenza.
Non a caso, la richiesta di aprire ai privati viene dagli stessi club. Prima dell’intervento del premier Vucic era stato proprio il presidente della Stella Rossa ZvezdanTezica rivolgere un appello pubblico al governo, chiedendo di modificare la legge sullo sport al fine di rendere più agevole l’ingresso di potenziali capitali privati. “Finché non cambierà la legge Partizan e Stella Rossa non potranno avere partener strategici”, aveva dichiarato l’ex calciatore Tezic, puntando il dito contro i commi 72 e 94 della normativa attuale, che “impediscono agli investitori di utilizzare i loro capitali e profitti privati per investirli nei club di calcio”.
Privatizzazioni di massa
La messa sul mercato della Stella Rossa è degli altri club di calcio non rappresenta un’operazione isolata, ma rientra in un processo più ampio di privatizzazioni che sta coinvolgendo la Serbia.
Ad agosto il governo di Belgrado è riuscito ad approvato una nuova legge sulle privatizzazioni, precondizione per accedere a un prestito della Banca Mondiale di 250 milioni di dollari. Nelle intenzioni del governo la nuova normativa accelererà il processo di privatizzazione avviato negli scorsi anni. In un articolo pubblicato ad agosto Blic parlava di oltre quasi 600 imprese pubbliche in via di privatizzazione, tra cui colossi come Telekom Srbija e l’ente nazionale dell’energia elettrica EPS, fissando il 31 dicembre 2015 come deadlineper la chiusura del procedimento.
A nulla è servita la resistenza dei partiti di opposizione, secondo il previsto processo di privatizzazioni causerà la perdita di circa 90mila posti di lavoro, in un paese in cui la disoccupazione sfiora già il 25 per cento. Questa volta a sostenere l’operato dell’esecutivo c’è infatti anche il parere del Consiglio fiscale, secondo cui ogni ulteriore finanziamento di compagnie in perdita “porterebbe le finanza della Serbia al collasso”. Tra sussidi alle imprese statali e perdite consolidate la Serbia perde quasi un miliardo all’anno, pari al 3 per cento del Pil nazionale. Troppo per un paese che nel 2014 ha chiuso con un deficit fiscale vicino all’8 per cento e un debito pubblico superiore al 70 per cento.
Il tentativo di Putin, le promesse dei tedeschi
Resta da chiedersi quali possano essere gli imprenditori realmente interessati a investire nel calcio serbo.
Poche settimane prima del campionato era stata annunciato l’acquisto della stella Rossa da parte di Gazprom, che già sponsorizza la squadra con 5 milioni di euro all’anno. Secondo le indiscrezioni riportate dai media locali, la compagnia russa, posseduta in maggioranza dal governo di Mosca, sarebbe stata pronta a pagare 132 milioni di euro per l’intera proprietà del club, compresa la proprietà dei terreni della società e lo storico stadio Marakanà, attualmente di proprietà del comune di Belgrado.
Il quotidiano Blic aveva annunciato per l’occasione anche una visita del presidente russo Vladimir Putin, che avrebbe dovuto approfittare della visita fissata a Belgrado per il 70° anniversario della liberazione della città nella Seconda Guerra Mondiale per celebrare l’accordo e per cementare l’alleanza ortodossa tra e Russia Serbia. Il passaggio di proprietà, tuttavia, non si è mai perfezionato, anche a causa delle sanzioni occidentali contro Mosca e dell’aggravarsi della crisi finanziaria in Russia.
Più probabile, allo stato attuale, appare un afflusso di capitali dall’Area euro. Nel suo recente intervento il premier serbo Vucic ha parlato dell’interessamento concreto di diversi investitori, ansiosi di dare la scalata proprio Stella Rossa e Partizan Belgrado, i due principali club del Paese. A dar credito allo stesso Vucic si tratterebbe per lo più di imprenditori tedeschi, già impegnati in prima fila nella Bundesliga.
C’era una volta la grande Stella Rossa Belgrado, capace di conquistare una Coppa dei Campioni nel 1991 schierando in campo serbi, croati, bosniaci, montenegrini e macedoni, e di diventare, suo malgrado, il simbolo vincente di un Paese in disfacimento.