La scorsa settimana lamentavo l’immobilismo della società indiana davanti al dramma degli stupri, la mancanza di reazioni appropriate che aiutassero a focalizzare la matrice culturale del problema. Ora però devo ammettere che se ne sta parlando, e la situazione è molto grave.

Nel caso dello stupro di Delhi del dicembre scorso è arrivata la prima condanna. Un tribunale minorile della capitale ha condannato l’unico minorenne tra i sei aggressori – 17 anni all’epoca dei fatti, ora è maggiorenne – a tre anni di reclusione in un riformatorio, il massimo della pena per un minorenne nel sistema giuridico indiano.
Le reazioni, come era facile prevedere, sono state di sdegno e indignazione, coi genitori della studentessa 23enne in lacrime a lamentare che “per dargli tre anni potevano metterlo direttamente in libertà”.
I capi d’accusa non sono ancora stati divulgati poiché il procedimento contro gli altri cinque imputati è ancora in corso. Il sistema legale indiano, dice chi difende la decisione della Corte, non poteva fare nulla di più: quelli gli strumenti a disposizione, oltre tre anni non si poteva andare, nonostante la Corte suprema stia vagliando delle modifiche alla legge contro gli stupri nel caso l’imputato non abbia ancora 18 anni.
Fuori dal tribunale, al momento della lettura della sentenza, un gruppo di giovani attivisti con bandane della “Rivoluzione del 16 dicembre” ha denunciato l’eccessiva leggerezza della pena, sostenendo che nei casi di stupro la differenza tra minorenne e maggiorenne non dovrebbe esserci. Si andrebbe, insomma, verso un inasprimento delle pene.
Nel caso dell’ultimo stupro di gruppo a Mumbai, vittima una fotoreporter di 22 anni, le indagini della polizia stanno continuando, facendo emergere dei particolari indicativi dell’ipocrisia e bigottismo imperanti in India. Diversi giornali indani informano oggi i propri lettori sul fatto che tre dei cinque aggressori guardavano abitualmente film porno in diverse sale illegali nella città. A questo punto il sillogismo è completo, espresso chiaramente dalle dichiarazioni di un funzionario di polizia di Mumbai: “Vijay Jadhav e Kasim Bengali, e addirittura il minorenne, nell’interrogatorio ci hanno raccontato che spesso guardavano film porno. Jadhav, in particolare, è stato scoperto mentre dormiva in una di queste sale illegali la scora settimana. Questo tipo di film sono largamente responsabili dei comportamenti criminali di questi ragazzi”.
Per avere una minima misura della quantità di messaggi soft porn veicolati giornalmente dall’industria cinematografica di Bollywood basta farsi un giro su Youtube e dare un’occhiata a trailer altamente evocativi di blockbuster come Dirty Picture o alle anteprime di spezzoni dell’attesissimo Kamasutra 3D. Niente di nuovo, a dire il vero. Sentite ad esempio questo tema “funky sexy” tratto dal film Bombay 405 miles, anno 1980.
Infine, l’ultimo caso di presunto stupro in India raccolto dai media mainstream coinvolge Asaram Bapu, potentissimo e famosissimo santone vicino all’estremismo hindu, capo di un impero della spiritualità che conta oltre 400 ashram in tutta l’India per un totale di devoti stimato tra gli 80 e i 100 milioni di fedeli. Il vecchio santone – 72 anni ufficiali, ma si vocifera più di 80 – è stato accusato di stupro da una ragazza di 16 anni.
I fedeli e i potenti di turno hanno fatto muro attorno ad Asaram, nascondendolo per giorni all’interno di uno dei suoi ashram e dettando addirittura i tempi della giustizia: prima dell’arresto, scattato la notte scorsa con un blitz delle forze dell’ordine all’interno dell’ashram di Indore, Asaram ha avuto il tempo di indire una conferenza stampa in cui ha descritto l’accusante come una “malata mentale”. La ragazza, tra le altre cose, aveva dichiarato alle autorità che l’entourage del santone aveva minacciato di uccidere i suoi genitori se si fosse rivolta alla polizia.
Mentre Asaram è sotto interrogatorio e pare che da un test medico non risulti impotente – la prima difesa che aveva avanzato il suo legale – il leader del gruppo estremista hindu Vishwa Hindu Parishad, Ashok Singhal, ha inserito le accuse al santone all’interno di un complotto per attaccare le radici hindu del paese: “Gli ulitimi insulti stanno arrivando col caso di Asaram. Ha 80 anni e voi lo arrestate con l’accusa di aver stuprato una ragazzina? Non è una questione di arresto. Questo episodio sta dicendo alla comunità hindu che annichiliremo i vostri sentimenti e il vostro rispetto nei confronti di un leader religioso”.
Degne di nota, e già ascritte agli annali della vergogna, le dichiarazioni che lo stesso Asaram rilasciò alla stampa a margine dello stupro di Delhi: “La vittima è colpevole tanto quanto gli stupratori…avrebbe dovuto chiamare fratelli gli accusati ed implorato pietà per farli smettere…questo avrebbe salvato la sua dignità e la sua vita. Può una sola mano applaudire? Non penso proprio”.