Il collettivo di “hacktivisti” ucraini Cyber Hunta ha diffuso ieri la seconda tranche delle email trafugate a Vladislav Surkov, stretto consigliere di Putin ed emissario per la crisi Ucraina. Un’altra mossa nella cyber-guerra con la Russia.
Oltre un gigabyte di email – ma gli hacker dicono di averne da parte qualcosa come un terabyte – sono state rubate dall’account governativo prm_surkova@gov.ru, usato da due assistenti di Vladislav Surkov, Maria Vinogradovna e Evgenia Kudryavtseva. La prima tranche era stata pubblicata alla fine di ottobre. In mezzo a una montagna di comunicazioni ordinarie di scarso interesse, emergono qua e là interessanti indicazioni sui rapporti tra il Cremlino e i separatisti del Donbass, così come i tentativi di influenzare la politica ucraina attraverso il Blocco dell’opposizione, erede del partito delle Regioni di Yanukovich.
L’autenticità delle email è stata messa in discussione dal portavoce di Putin, Dmitri Peskov, il quale ha detto che Surkov «non usa le email», mentre è stata confermata in toto dai servizi segreti ucraini, Sbu. Nessuna delle due fonti però è attendibile, anche perché Cyber Hunta non è legato in alcun modo ai servizi d’intelligence. Gli analisti indipendenti del Digital Forensic Research Lab dell’Atlantic Council hanno esaminato attentamente i metadata di molte (non tutte) email e incrociato i dati con quelli disponibili da diverse fonti open source, giungendo alla conclusione che non c’è motivo di dubitare dell’autenticità dell’intero leak. Inoltre, alcuni dei mittenti intercettati hanno confermato che i messaggi leakati sono in effetti loro. Si è invece rivelato falso un altro gruppo di email, provenienti da un account Yandex, da cui emergeva un tentativo di destabilizzare l’Ucraina fomentando un movimento separatista in Transcarpazia.
Il piano per una rivolta popolare
Secondo quanto emerge, Surkov è al centro dei piani per fomentare una rivolta popolare a Kharkiv, nell’est dell’Ucraina, sceglie i leader separatisti che poi saranno “eletti” e manda all’esame della Rada disegni di legge sul Donbass, attraverso i parlamentari del Blocco dell’opposizione.
Surkov ama presentarsi come «l’autore del nuovo sistema russo». Per molti è il vero ideologo di Putin, di cui è consigliere personale. Dal 2013 è di fatto il plenipotenziario del Cremlino per l’Ucraina. È lui che tratta a Minsk per gli accordi di pace, è sempre lui che incontra l’inviata Usa per gli affari europei, Victoria Nuland, per negoziare sul Donbass.
Non stupisce che si rivolgano a lui quando c’è da fomentare i filorussi in Ucraina. Come tra aprile e giugno 2015, quando Mihail Margelov, membro della camera alta del parlamento russo, manda a Surkov una serie di documenti con un progetto di rivolta popolare a Kharkiv. L’idea è di organizzare una serie di manifestazioni contro il governo, «da 30 a 50 persone. Due cartelli, “Poroshenko dimettiti” e “Poroshenko testa di…”» (“huilo”, nel testo, in risposta al “Putin huilo” risuonato nelle città ucraine dallo scoppio della guerra), supportare le organizzazioni filorusse in città e cambiare l’opinione pubblica sulla Russia. Ma già a metà giugno il progetto sembra naufragare: «Gli allarmi tipo “i missili Grad sono puntati su Kharkiv” e “Praviy Sektor sta pianificando una sanguinosa provocazione” e così via non stanno causando la reazione desiderata», scrive Margelov. Nessuna rivolta a Kharkiv.
La scelta degli “eletti” in Donbass
A novembre 2014, Surkov riceve invece da un certo Mikhail Petrovich un disegno di legge per trasformare il Donbass in una zona franca economica. La legge deve essere proposta alla Rada, il parlamento ucraino, attraverso dei deputati del Blocco dell’opposizione, vecchi sodali del clan di Yanukovich. Non risulta però che la legge sia mai stata presentata.
A maggio 2014 Surkov riceve un’altra email da un account appartenente al fondo d’investimento Marshall, di proprietà del businessman e attivista ultranazionalista russo Kostantin Malofeev, ritenuto anche uno dei principali finanziatori dei separatisti. Il documento allegato contiene la lista dei candidati alle elezioni nella “repubblica” di Donetsk, con postille del tipo «verificato da noi» e «fortemente consigliato» accanto ad alcuni nomi, tra cui quello dell’attuale “primo ministro” Aleksandr Zakharchenko. Tre giorni dopo fu presentato il nuovo governo.
Un altro elemento interessante è dato da un’email del 16 giugno 2014, mandata a Surkov direttamente dall’allora “presidente” del Consiglio popolare della Dnr, Denis Pushilin, con allegate tutte le spese per mantenerne l’ufficio stampa, il Ministero dell’Informazione e il press center. Sul libro paga mandato al Cremlino ci sono giornalisti, redattori e fotografi, tutti al lavoro per quegli stessi uffici oggetto di un’altra fuga di email che svelava il funzionamento della propaganda separatista. Ora sappiamo che i soldi arrivavano da Mosca con il benestare di Surkov.
@daniloeliatweet