Bangkok – Suthep Thaugsuban, ex leader del People’s Democratic Reform Committee (Pdrc) e capo della rivolta che ha infiammato Bangkok per sei mesi portando all’ennesimo colpo di stato in Thailandia il 22 maggio del 2014 – il diciannovesimo tra riusciti e tentati dal 1932, anno della nascita della monarchia costituzionale nel Paese – ha abbandonato gli abiti civili e si è fatto monaco.

Una decisione inaspettata che, secondo le persone più vicine a Thaugsuban, è stata presa nel silenzio più totale pochi giorni dopo l’avvenuto golpe militare. Stando alle poche informazioni fatte traplare da quelli che gli sono vicini, l’ex capo popolo avrebbe scelto di indossare il kesa color arancio, l’abito tradizionale buddhista, per espiare le colpe accumulate sin ora e meditare sulla sua condotta terrena. Certo è che Suthep ha avuto un ruolo decisivo nel mutamento politico del Paese, proprio grazie alle sue azioni radicali, azioni che, oggi, con questa decisione, sembra aver posto a sigillo della sua precedente esperienza.

L’ex leader della rivolta “Shutdown Bangkok”, che ha portato in strada diverse migliaia di persone contro l’ex governo, è stato ordinato monaco nello scorso giugno, a seguito di una cerimonia sobria e riservata nel tempio di Wat Suan Mokkh nel giugno scorso. Il tempio si trova in un villaggio della provincia di Surat Thani – feudo elettorale del capo della rivolta – nel Sud della Thailandia. Suthep, in questi mesi, si è così dedicato alla vita monastica, con tutte le privazioni che questa comporta: una stanza spoglia, l’assenza di eletticità, un pasto frugale al giorno, elemosina ed esercizi spirituali quotidiani. Insomma, nulla a che vedere con le precedenti abitudini. Suthep, infatti, è noto per aver goduto a fondo di tutti i privilegi e i comfort inerenti al suo status politico. Amante della buona cucina e della bella vita non era difficile incontrarlo nei risoranti più in voga di Bangkok, come il blasonato Thonglor restaurant sulla Sukhumvit road.
Il colpo di Stato è arrivato dopo sei mesi di crisi politica e tensioni che hanno provocato 28 morti e oltre 800 feriti tra scontri a fuoco e attentati dinamitardi. I disordini, nella capitale di quello che, ironia della sorte, viene chiamato il “Paese dei sorrisi”, erano iniziati nel novembre 2013, quando i manifestanti antigovernativi – sostenuti dagli ambienti vicino alla monarchia e dai vertici dell’esercito – chiedevano le immediate dimissioni del governo di Yingluck Shinawatra – sorella di Thaksin Shinawatra, per anni primo ministro thailandese, ora in esilio – e la riforma del sistema politico. In seguito ai disordini e alla instaurazione della giunta militare, Yingluck, che adesso rischia dieci anni di carcere, è stata interdetta dallo svolgere attività politica sine die.
Suthep Thaugsuban – con diversi mandati d’arresto pendenti sulla sua persona che non sono mai stati mai eseguiti – oggi ribattezzato con il nome religioso di “Prapakaro” che in pali, la lingua litrugica del buddismo theravada, significa “la luce della saggezza”, potrebbe essersi fatto monaco anche per espiare le proprie colpe in omaggio alle diverse vittime delle rivolte che ha scatenato.
Ed infine, secondo i più complottisti, questa decisione potrebbe essere stata presa anche per un secondo fine, ovvero quello di acquisire una sorta di “immunità” in caso qualcuno voglia regolare i conti con lui e vendicarsi per i torti subiti. Per il buddismo, infatti, uccidere un monaco è considerato un peccato gravissimo. Non è difficile pensare che più d’uno sia intenzionato a rivalersi su un uomo che ha così radicalmente inciso sul destino politico della Thailandia.