COMMERCIO TRA EUROPA E USA: DI NUOVO IN PISTA?
Dopo una breve pausa causata dai problemi di Washington nel concludere un accordo bipartisan su come alzare il tetto del suo debito, da novembre, su entrambe le sponde dell’Atlantico, si riparla del tanto sollecitato accordo di libero commercio.

Europa e Stati Uniti ne hanno disperato bisogno. Aprire i loro mercati di certo potrebbe infondere fiducia nell’economia globale e promuovere la crescita – mettendo da parte qualche legittima preoccupazione per i consumatori.
Bruxelles e Washington sono determinate a concludere. Tuttavia, come quasi tutto al momento, un trattato siglato dalle due parti richiede l’approvazione del Parlamento europeo. Considerata la recente scoperta che gli Usa spiavano l’Europa, sarebbe un grave errore aspettarsi che i Ministri dell’Unione siano entusiasti di avallare accordi. Dopo le rivelazioni di Snowden, a Bruxelles e a Strasburgo la fiducia
negli Usa è crollata ai minimi storici.
C’è molta frustrazione tra i parlamentari Ue, che possono fare ben poco per contrastare gli abusi delle spie Usa, avendo gli Americani dimostrato scarso interesse nel recepire i loro timori. In questo senso, la negligenza di Washington potrebbe costare cara a tutti, poiché i leader europei hanno giurato di sabotare o bloccare qualunque accordo economico se gli Stati Uniti non garantiscono il rispetto della privacy dei cittadini dell’Unione. Caro Obama, considerati avvisato.
TUTELA DEI DATI VS. LIBERO MERCATO: IN EUROPA LA PROTEZIONE DEI DATI È COSA FATTA? Lo scorso ottobre, alcuni membri del Parlamento europeo hanno riferito di aver raggiunto un accordo preliminare per aggiornare le norme comunitarie (ante Internet) sulla privacy. Viviane Reding, Commissaria europea alla giustizia, ha dichiarato trionfante “In Europa, la protezione dei dati è fatta!”. A pochi giorni dall’ottimistica affermazione, però, è apparso chiaro che la sua era solo una speranza, visto che gli Stati membri dell’Unione hanno detto di non essere pronti ad appoggiare nuove misure di tutela.
Da quando Edward Snowden, l’informatore ex tecnico della Cia, ha rivelato che spie Usa ficcavano il naso nelle vite dei cittadini e dei politici europei, Bruxelles ha spinto per accelerare l’approvazione delle norme sulla protezione dei dati. Reding, in prima linea nella lotta per difendere la privacy dei cittadini europei, ha visto nel Datagate un’occasione per conquistare gli scettici alla sua causa. La scoperta che gli Usa intercettavano i cellulari del Cancelliere tedesco e di altri 35 politici europei sembrava “l’ultima goccia” a cui reagire con un chiaro segnale. Invece, tra i leader europei sono prevalsi paura e ostruzionismo. Se Italia e Francia hanno insistito per varare misure urgenti prima delle elezioni europee in primavera, la Gran Bretagna resta contraria a una normativa sulla privacy estesa a tutta la Ue, sostenendo che potrebbe danneggiare il mercato.
Chi è però il responsabile del ritardo nell’adozione delle nuove norme? È pratica comune incolpare il Regno Unito del blocco di molte leggi europee. I Britannici, sotto la guida conservatrice di David Cameron, appartengono all’area estremista degli euroscettici. Ma la Gran Bretagna da sola non può sabotare in toto il legiferare dell’Unione. Quel che è emerso dal summit di ottobre a Bruxelles, è che i Britannici hanno il supporto di diversi Paesi, tra cui Germania e Svezia. In tema di tutela dei dati, la Germania è nota per i suoi standard elevati. Un passato di intrusione dei governi nella vita privata degli individui – prima sotto il regime nazista e poi, a Est, sotto il comunismo – hanno reso i Tedeschi inflessibili quando c’è da difendere la propria privacy. Eppure, nell’era delle moderne tecnologie, un crescente numero di aziende tedesche – spesso vicine ai cristiano-democratici di Angela Merkel – teme che norme di protezione troppo rigide possano impedire di sfruttare i big data nel modo più proficuo. Così, Berlino non vuole affrettare i tempi. L’Europa ha di certo urgente bisogno di nuove misure di tutela dei dati ma, vista la confusione sull’argomento, è improbabile che si agisca prima delle elezioni del Parlamento europeo.
UN CAVALLO DI TROIA A BRUXELLES La notizia che la Russia ha regalato a Herman Van Rompuy, Presidente del Consiglio europeo, una chiavetta USB con dentro un trojan horse in grado di succhiare dati dal cellulare e dal computer del politico, ha suscitato ben poco stupore a Bruxelles. I Russi hanno energicamente negato di aver tentato di spiare i leader del G20 riuniti a San Pietroburgo, e i diplomatici di lungo corso affermano di essere stati addestrati a rifiutare qualsiasi dono, soprattutto da parte di Paesi potenziali amici-nemici. Allora la perplessità: “Perché Rompuy si è portato a casa una chiavetta USB donatagli dai Russi?” ha chiesto un funzionario dell’Ue. “Si è forse scordato che Putin era nel Kgb? Andiamo, sembra un trucchetto da James Bond!”
Dopo una breve pausa causata dai problemi di Washington nel concludere un accordo bipartisan su come alzare il tetto del suo debito, da novembre, su entrambe le sponde dell’Atlantico, si riparla del tanto sollecitato accordo di libero commercio.