Cia: riorganizzazione strutturale in vista – Il direttore dell’agenzia d’intelligence statunitense, John Brennan, sta valutando il frazionamento delle divisioni di analisi e spionaggio per costituire unità ibride dedicate a intere regioni geografiche e a specifiche minacce per la sicurezza nazionale.
Il piano, ancora allo stadio preliminare, è già stato sottoposto a una commissione interna dell’agenzia di Langley per valutarne l’efficacia. Nel rivelare il progetto, il Washington Post ha diffuso anche parti di un messaggio di Brennan ai dipendenti, che esprime preoccupazione per l’efficacia dell’attuale struttura organizzativa nella quale “il bisogno d’integrazione non è mai stato maggiore” con le missioni Cia che “attraversano i confini tradizionali”.
Sin dalla fondazione dell’agenzia, nel 1947, i dipendenti della Cia sono stati ripartiti in quattro direzioni: il National Clandestine Service, che invia all’estero agenti sotto copertura; la direzione Intelligence che impiega migliaia di analisti per fornire informazioni puntuali al presidente Obama e ai vertici istituzionali; una direzione dedicata alla scienza e alla tecnologia, un’altra che gestisce la logistica delle operazioni all’estero.
La proposta di Brennan prevede la creazione di “centri” che riuniscano analisti, operatori, e personale di supporto sulla falsariga del modulo organizzato del Counterterrorism Center (Ctc).
I giovani americani si preferiscono in bicicletta – Il segnale è chiaro, la diagnosi un po’ meno: i giovani americani sono sempre meno interessati alle automobili. Ne comprano meno e sempre più spesso rinunciano alla patente di guida, che nella maggior parte degli Stati Uniti può essere presa a 16 anni. Uno studio elaborato dallo United States Public Interest Research Group (Pirg) conferma che la generazione dei “millennials”, i giovani nati tra il 1983 e il 2000, va sempre meno spesso al lavoro in macchina optando per altre soluzioni: trasporto pubblico, bicicletta, lavoro da casa. Ed è in costante calo la percentuale dei “senior” delle scuole superiori americane che posseggono la patente: tra il 1996 e il 2010 è calata dall’85% al 73% del totale. I motivi legati alla crescente disaffezione alle quattro ruote sono numerosi. La “grande recessione” ha certamente colpito anche i più giovani, rendendo più difficile l’acquisto di un veicolo.
Ma alcune tendenze, come il crescente numero di giovani Usa che vivono nella casa dei genitori, erano in atto da tempo. Non vanno trascurati anche i nuovi stili di vita, che privilegiano ambienti urbani dove non è necessario guidare e le evoluzioni tecnologiche come il crescente successo del car sharing e di servizi di taxi come Uber e Lyft. Non tutti però sono d’accordo su queste diagnosi. A partire dalle grandi case automobilistiche. “Non vedo alcuna prova che i giovani stiano perdendo interesse per le automobili”, ha dichiarato l’ex capoeconomista della General Motors Mustafa Mohatarem ad Automotive News, che aggiunge: “Quello che vediamo è dovuto all’economia e non a un mutamento delle preferenze”.
Risultati che contano – L’economia statunitense archivia il 2014 con il vento in poppa, con una crescita stimata al 2,3% che, secondo la Economist Intelligence Unit dovrebbe accelerare al 3,1% quest’anno.
Sono numerosi gli indicatori positivi: gli indici azionari hanno messo a segno record a ripetizione; i posti di lavoro sono aumentati di 2,95 milioni di unità, il maggior incremento dal 1999; il tasso di disoccupazione a dicembre è sceso al 5,6% con un calo superiore al punto percentuale in 12 mesi, il miglior traguardo dal 1984. Ma il risultato forse più importante è la resistenza mostrata dall’economia a fronte dei segnali di crisi provenienti da Europa, America Latina, Cina, Giappone e Russia. Merito, secondo molti economisti, anche degli effetti ritardati della fine della grande crisi economica del 2008, la peggiore da quasi 80 anni. A differenza di altre riprese economiche, l’attuale è stata particolarmente lenta a materializzarsi: ci sono voluti ben 6 anni e mezzo per recuperare gli 8,7 milioni di posti di lavoro persi durante la recessione. Due fattori stanno comunque contribuendo a far ripartire l’economia Usa: il forte calo dei prezzi del petrolio, scesi dai 110 dollari al barile di giugno a quasi 50 a inizio 2015, con effetti positivi sui tassi d’interesse e sui consumi. Il secondo elemento riguarda la crescita dei redditi: con l’accelerazione nella creazione di posti di lavoro ci sono segnali, sebbene deboli, di crescita delle retribuzioni.