Tagli di spesa in vista al Pentagono – Quest’anno sarà battaglia al Congresso sul bilancio della Difesa Usa: l’accordo biennale siglato nel 2013, che attenuò l’impatto dei tagli di spesa denominati sequestration, scadrà a ottobre.
Se i due schieramenti non riuscissero a estenderlo – come appare probabile – si aprirebbe la strada a drastiche riduzioni di spesa. Alcune proposte di tagli sono già sul tavolo dei parlamentari. Secondo Nora Bensahel dell’American University “la risposta ovvia sono gli F-35”, gli aerei da guerra Lockheed Martin chiamati a rimpiazzare gran parte delle flotte tattiche di aeronautica, marina e corpo dei Marines. Non è in discussione il programma, ha detto l’esperta a Military Times, ma “alla US Air Force non servono tutti gli aerei di cui dice di aver bisogno”.
Nel mirino anche le nuove navi da combattimento classe Littoral. Altri esperti propongono di ridurre il personale dell’esercito in servizio attivo. Ma la strada più facile per ottenere tale scopo – tagliare in Europa – appare problematica alla luce della crisi tra Ucraina e Russia.
Verso un 2015 record per i cinema Usa – Dopo un 2014 deludente i cinema americani sono avviati verso un anno record, malgrado la crescente concorrenza dei servizi in streaming e della pirateria. Gli analisti stimano che quest’anno gli incassi delle sale negli Usa e in Canada supereranno gli 11,5 miliardi di dollari, battendo il primato di 10,9 miliardi registrato nel 2013. L’ottimismo dei gestori deriva dall’eccellente riscontro di pubblico per film come American Sniper e Cinquanta sfumature di grigio che ha spinto le vendite di biglietti nei fine settimana del primo bimestre 2015 – tradizionalmente fiacco – al miglior risultato di sempre. Ottime premesse per un’annata caratterizzata da 4 attesissimi sequel come Star Wars, Avengers, Jurassic Park e un nuovo episodio di Hunger Games. Il boom d’incassi è anche legato al prezzo dei biglietti, anch’esso a livelli record e al traino dei social media. Amazon e Netflix, che offrono servizi di film in streaming, vogliono approfittare della fase positiva e produrranno film che verranno prima proiettati nei cinema.
L’America si riurbanizza – Per la prima volta da 50 anni le opportunità di lavoro crescono nei centri delle città e si riducono nelle aree periferiche. La tendenza è fotografata da uno studio del City Observatory, un think tank che analizza i fattori di successo delle città Usa. La prima causa di riurbanizzazione riguarda i movimenti delle persone: se nell’ultimo mezzo secolo la decentralizzazione dei posti di lavoro era legata al trasferimento della popolazione nei sobborghi delle città, ora succede l’inverso, con i giovani che tornano ad abitare nei centri urbani e le aziende che li seguono. Il fenomeno è stato anche favorito dalla Grande recessione che ha fatto perdere molti posti di lavoro ai comparti tradizionalmente più decentrati (manifatturiero, distribuzione) mentre le attività professionali e tecniche legate all’informatica sono andate meglio tornando nei centri cittadini. “Abbiamo esaminato – ha spiegato alla radio Npr Joe Cortright, autore dello studio – 40 delle 50 maggiori aree metropolitane degli Stati Uniti, quelle con oltre un milione di abitanti. Se negli ultimi 10 anni solo 7 centri cittadini avevano fatto meglio delle rispettive aree periferiche, negli ultimi 4 anni i centri hanno creato più posti di lavoro rispetto alle periferie in 21 casi su 40. Una tendenza sempre più diffusa ma ancora non universale visto che ci sono ancora 8 città – tra cui Houston e Kansas City – che si stanno ancora decentrando”. Una storia-simbolo riguarda il grattacielo più noto di Chicago: la Willis Tower, 110 piani. Negli anni Settanta ospitava la Sears che nel 1988 si trasferì in periferia. Poi, nel 2013, la rinascita, con l’arrivo del quartier generale della United Airlines.
Se i due schieramenti non riuscissero a estenderlo – come appare probabile – si aprirebbe la strada a drastiche riduzioni di spesa. Alcune proposte di tagli sono già sul tavolo dei parlamentari. Secondo Nora Bensahel dell’American University “la risposta ovvia sono gli F-35”, gli aerei da guerra Lockheed Martin chiamati a rimpiazzare gran parte delle flotte tattiche di aeronautica, marina e corpo dei Marines. Non è in discussione il programma, ha detto l’esperta a Military Times, ma “alla US Air Force non servono tutti gli aerei di cui dice di aver bisogno”.