Sin dai tempi del mandato britannico, il meglio della sinistra israeliana si ritrovava al Cafè Tamar. Fino alla traumatica chiusura nel 2015. Giovedì il leggendario locale ha riaperto con una grande festa. Ma è bastata una serata per capire che quel mondo non esiste più
Tel Aviv – Giovedì sera a Tel Aviv: le feste ebraiche di Sukkot e Simchat Torah si sono appena concluse e una gran folla partecipa all’inaugurazione di “Rega” (che significa “un attimo” in ebraico), un nuovo locale al numero 57 della centralissima Shenkin Street, all’angolo con Ahad Ha’am Street. Per qualcuno è una festa, per altri è quasi una profanazione.
A quello stesso indirizzo, fino a due anni fa, c’era un altro locale. L’insegna con la palma e il numero 1941, data dell’apertura ai tempi del Mandato britannico nell’allora Palestina, davano il benvenuto agli avventori dello storico Cafè Tamar dove, per settantaquattro anni, l’intellighenzia israeliana si è ritrovata ogni giorno come in una sorta di parlamento.
Nei giorni precedenti l’apertura, il viavai degli abitanti del quartiere, sorpresi e curiosi, è stato un continuo. «Che fine ha fatto la palma?» chiede una donna «Da bambina giocavo intorno a quell’albero che affondava le radici nel pavimento del caffè. Nella tettoia avevano fatto un buco per lasciarlo crescere. Per me era una delle sette meraviglie.» Purtroppo la palma è stata sradicata subito dopo la chiusura del Cafè Tamar (tamar significa “dattero” in ebraico), prima ancora che la nuova gestione prendesse possesso degli spazi.
La sera dell’inaugurazione, appoggiate al palo del semaforo, un bicchiere di vino in una mano e una sigaretta nell’altra, un gruppetto di signore della “generazione Tamar” guarda con aria piuttosto scettica il pubblico che spintona per entrare a curiosare l’arredamento vintage, le opere di artisti locali emergenti e un buffet vegano. Che cosa le manca di più del Cafè Tamar? «Mio marito seduto ogni giorno in quell’angolo. E altre persone che oggi non ci sono più.» Hanna Kofler è la vedova di Shmulik Kraus, attore, cantante pop-rock e compositore israeliano morto nel 2013, personaggio controverso per il suo carattere facinoroso ma adorato per l’enorme talento artistico.
Come Kraus, anche lo scrittore Yoram Kaniuk, morto nello stesso anno, era tra gli habitué del Cafè Tamar. «Le loro foto erano in vetrina,» aggiunge Kofler «potevo ritrovarli ogni giorno passandoci davanti.» A differenza loro, il poeta Ronny Someck, gli attori Natan Zahavi, Yossi Pollak e Uri Gavriel, il giornalista Yossi Melman, l’attrice Evelin Hagoel, il regista Doron Tsabari e il giudice Hanan Efrati hanno vissuto le tensioni intorno alla chiusura del locale, nel 2015. Da allora il conduttore radiofonico Eran Sabag si aggira tra i vari caffè del quartiere ma nessun posto ha potuto colmare quel vuoto.
Era il 1956 quando al Cafè Tamar arrivarono Abraham Nahmias e Sarah Stern, una coppia dal sapore biblico, la cui storia d’amore era nata tra le fila dell’esercito inglese, in Egitto. Dopo la morte di Abraham nel 1966, Sarah era rimasta sola dietro il bancone a servire colazioni e spuntini a base di caffè, bagel tostati e rugelach (piccoli cornetti al cioccolato di origine viennese). Come spesso succede alle persone anziane che affrontano cambiamenti traumatici, pochi mesi dopo la chiusura l’ormai novantenne Sarah morì.
Se le pareti del Cafè Tamar erano tappezzate di adesivi di politici di sinistra, manifesti che appoggiavano la fine dell’occupazione dei Territori Palestinesi e il ritorno al potere del primo ministro Yitzhak Rabin, Nobel per la Pace poi assassinato da un estremista ebreo, oggi sui muri del Rega Cafè ci sono poster in edizione limitata di opere di artisti locali emergenti. Il contrasto si fa ancora più forte quando, durante la serata inaugurale, compare Meir Sheetrit, membro della knesset ed ex Ministro delle Finanze, della Giustizia, dei Trasporti e dell’educazione per la Destra del Likud, prima di passare alle fila di Kadima e di Hatnuah, entrambi partiti di Centro.
Nel salotto del Rega è a suo agio, si fa fotografare al fianco di alcuni artisti. Uno dei cinque soci fondatori del nuovo locale è suo figlio David. Hanna Kofler fa spallucce «Sarà soltanto un altro nuovo locale di Tel Aviv» che, oltretutto, ha già la data di scadenza. Tra un “rega” lungo dodici mesi l’edificio al numero 57 di Shenkin Street sarà abbattuto per essere rinnovato dalle fondamenta.
@Fabiana_Mag
Sin dai tempi del mandato britannico, il meglio della sinistra israeliana si ritrovava al Cafè Tamar. Fino alla traumatica chiusura nel 2015. Giovedì il leggendario locale ha riaperto con una grande festa. Ma è bastata una serata per capire che quel mondo non esiste più