Prima la legge marziale, poi dopo due giorni è arrivato il golpe militare. “Bisogna restaurare la pace e l’ordine pubblico”, ha subito sostenuto il capo dell’esercito thailandese, il generale Prayuth Chan-Ocha, il 22 maggio scorso quando ha annunciato in diretta televisiva il colpo di Stato. Il diciannovesimo – tra riusciti e tentati – dal 1932, anno della nascita della monarchia costituzionale in Thailandia.

La crisi politica e gli scontri hanno provocato 28 morti e oltre 800 feriti.
Il colpo di Stato è arrivato dopo sei mesi di crisi politica e tensioni che hanno provocato 28 morti e oltre 800 feriti tra attentati dinamitardi e scontri a fuoco. I disordini nella capitale di quello che viene chiamato il “Paese dei sorrisi” erano iniziati nel novembre 2013, quando i manifestanti antigovernativi, guidati da Suthep Thaugsuban – sostenuto dalla borghesia, dagli ambienti vicino alla monarchia e dai vertici dell’esercito -, chiedevano le immediate dimissioni del governo di Yingluck Shinawatra – sorella di Thaksin Shinawatra, per anni primo ministro thailandese, ora in esilio – e la riforma del sistema politico.
Nominato un nuovo Parlamento provvisorio con cento militari.
I militari, con il consenso dell’anziano monarca Bhumibol Adulyadej, hanno nominato un nuovo Parlamento ad interim – che avrà il compito di approvare leggi – composto da duecento persone, par la maggior parte provenienti proprio dalle forze armate. Cento militari, undici poliziotti e poi docenti universitari, imprenditori e alcuni politici che si sono sempre opposti al deposto governo del partito Pheu Thai dell’ex premier Yingluck Shinawatra. In tempi brevi, molto probabilmente venerdì, dovrebbe anche essere nominato il primo ministro – in attesa delle elezioni che si dovrebbero tenere per la fine del 2015 – ed è quasi certo che verrà scelto proprio il generale dell’esercito thailandese Prayuth Chan-Ocha.
Censura sul web e manifestazioni vietate.
Da maggio ad oggi oltre 500 attivisti dissidenti sono stati arrestati e poi rilasciati, centinaia di radio locali ritenute vicine alla famiglia Shinawatra sono state messe fuori onda ed è aumentata la censura sul web e sui social network. Vietate anche le manifestazioni di protesta. I militari hanno addirittura proibito la vendita di un videogioco considerato politico, il “Tropico 5”, dove i giocatori possono creare virtualmente la propria forma di governo preferita.
Il nord-est del Paese sostiene ancora la famiglia Shinawatra.
La vita in Thailandia prosegue apparentemente normale, soprattutto nelle zone prevalentemente turistiche dove il business non si può fermare. Ma non è certo facile prevedere il futuro del “Paese dei sorrisi”. Anche perché l’ex premier in esilio Thaksin Shinawatra gode ancora del consenso di gran parte della popolazione, soprattutto di quella più povera del nord-est dimenticata dall’oligarchia.
Prima la legge marziale, poi dopo due giorni è arrivato il golpe militare. “Bisogna restaurare la pace e l’ordine pubblico”, ha subito sostenuto il capo dell’esercito thailandese, il generale Prayuth Chan-Ocha, il 22 maggio scorso quando ha annunciato in diretta televisiva il colpo di Stato. Il diciannovesimo – tra riusciti e tentati – dal 1932, anno della nascita della monarchia costituzionale in Thailandia.