Anche i precursori dell’arte vivono di prime volte, soprattutto quando si tratta di spazi museali in cui non sono ancora stati ospitati, soprattutto quando vengono invitati da Paesi che non avevano ancora accolto le loro manifestazioni artistiche.
Il 2016 ha visto l’alba della prima grande personale di Thomas Ruff in Canada, più precisamente nello storico palazzo che ospita da oltre un secolo il già Art Museum di Toronto, la cui sede espositiva è stata rinominata – Art Gallery of Ontario – ristrutturata e ampliata nel 2008 dall’architetto Frank Gehry che ne ha fatto, come si può immaginare, un’opera d’arte. L’architettura del museo è oggi famosa per il contrasto tra la facciata Novecentesca e il retrostante mausoleo fatto di vetro specchiante ed essenza d’abete, attraversato da un’enorme scala a chiocciola che sembra sospesa tra una struttura e l’altra. Uno spazio perfetto per accogliere le nuove forme d’arte, più o meno avveniristiche, del nostro tempo, cullate dai colori caldi del legno e da riflessi color del cielo.
Thomas Ruff – nato nel 1958 in Germania e cresciuto all’Accademia di Düsseldorf, città dove oggi vive e lavora – è divenuto famoso per essere stato tra i primi artisti al mondo ad aver scelto, approfondito, personalizzato ed utilizzato la fotografia come espressione del fare contemporaneo. Una scelta artistica consapevole ma nient’affatto leggera, perché una volta conosciuta la fotografia di Ruff, si percepisce come per l’artista essa sia un mezzo attraverso cui sottolineare i gli angoli ciechi ed i vuoti, più che mostrare il mondo attraverso la sua percezione della realtà. Dicono che “La sua arte non include tutto, ma riguarda tutto e riguarda la nostra necessità di avere tutto”, di certo la pellicola offre a Thomas la possibilità di una rappresentazione volutamente ingannevole, e mostra a noi spettatori l’evidenza che ciò che ci circonda può non essere quello che sembra.
Non a caso Ruff vede nella fotografia uno strumento con cui catturare la superficie delle cose, “l’autenticità di una realtà prestabilita e manipolata”, ed ecco perchè il cuore delle sue opere risiede nella costruzione dell’immagine e nella fase di post produzione della stessa, centro nevralgico della sua forza espressiva.
La seduzione delle sue immagini, l’intensità dei colori o la nitidezza dei dettagli, come nel caso delle serie Ritratti e Costellazioni, lo hanno consacrato in occasione di eventi come Documenta Kassel nel 1992 e durante la partecipazione alla Biennale di Venezia nel 1995 (Padiglione Germania), per poi vederlo entrare di diritto nelle più grandi collezioni museali e private internazionali.
Object Relations è una mostra che riunisce oltre una quarantina di opere – di cui quattro inediti – prodotte dal 2014 ad oggi, in aggiunta alle già note ed acclamate serie Sterne (1989-1992), Zeitungsfotos (1990-1991 ) e Maschinen (2003-2004). Si tratta di fotografie in cui Ruff ha lavorato partendo da materiale già prodotto, raccolto seguendo la propria ispirazione, ma anziché scattare personalmente l’immagine finale, egli ha scelto di manipolare diversi oggetti-soggetti attraverso il ritaglio, l’ingrandimento o il ritocco delle immagini, abbinandole tra loro e creando combinazioni di dimensioni variabili, spesso grandiose e misteriose. “Hanno usato una macchina fotografica come strumento per scattare foto. La differenza tra me e loro è che loro hanno creduto di catturare la realtà e io credo di aver creato un quadro.”
Thomas Ruff: Object Relations
28 aprile – 31 luglio 2016
Art Gallery of Ontario, Toronto
http://www.ago.net/thomas-ruff-object-relations
Anche i precursori dell’arte vivono di prime volte, soprattutto quando si tratta di spazi museali in cui non sono ancora stati ospitati, soprattutto quando vengono invitati da Paesi che non avevano ancora accolto le loro manifestazioni artistiche.
Il 2016 ha visto l’alba della prima grande personale di Thomas Ruff in Canada, più precisamente nello storico palazzo che ospita da oltre un secolo il già Art Museum di Toronto, la cui sede espositiva è stata rinominata – Art Gallery of Ontario – ristrutturata e ampliata nel 2008 dall’architetto Frank Gehry che ne ha fatto, come si può immaginare, un’opera d’arte. L’architettura del museo è oggi famosa per il contrasto tra la facciata Novecentesca e il retrostante mausoleo fatto di vetro specchiante ed essenza d’abete, attraversato da un’enorme scala a chiocciola che sembra sospesa tra una struttura e l’altra. Uno spazio perfetto per accogliere le nuove forme d’arte, più o meno avveniristiche, del nostro tempo, cullate dai colori caldi del legno e da riflessi color del cielo.