Il processo di “brandizzazione” del Giappone e dei suoi luoghi più rappresentativi – che va di pari passo con il rilancio di alcuni marchi storici della Japan Inc. – continua a velocità costante. L’ultimo colpo messo a segno proprio in questi giorni riguarda Tokyo e i suoi “valori urbani intangibili”.
L’espressione suscita qualche perplessità per la sua genericità. In sostanza però, da quanto si apprende dal sondaggio della Mori Memorial Foundation che sulla base di questo concetto ha elaborato una classifica delle città del mondo, Tokyo sarebbe il top per gli espatriati in cerca di una nuova casa.
Gli esperti della Mori Memorial, fondazione no profit legata a un’azienda leader del settore immobiliare, hanno tenuto conto, tra gli altri, di parametri “intangibili” quali la pulizia delle strade, l’ospitalità la generosità dei residenti e l’efficienza dei trasporti pubblici. Nella graduatoria di Mori – su cui rimangono per la verità alcuni dubbi “metodologici” – Tokyo ha surclassato città del calibro di Vienna, Singapore, Toronto, Copenhagen, Berlino, Stoccolma, Hong Kong e Londra.
E non solo sul piano intangibile.
Parametri più verificabili come i passaggi della metropolitana e la frequenza dei blackout cittadini, hanno determinato la supremazia tokyoita. Con buona pace di quanti si ritrovano schiacciati su treni stracolmi nelle ore di punta.
Ancora una volta, la notizia dimostra quanto il “place branding” stia assumendo sempre più rilievo in Giappone e su scala globale. Il superconsulente di multinazionali e governi Simon Anholt, tra gli altri, lo ripete da anni: “Il mondo – scriveva Anholt nel 2009 – è un mercato; il rapido avanzamento della globalizzazione porta ogni paese, ogni città e ogni regione a dover competere con le altre per la propria fetta di consumatori, turisti, investitori, studenti, imprenditori, eventi culturali e sportivi internazionali, e per l’attenzione e il rispetto dei media internazionali, degli altri governi e delle persone dei loro paesi”.
Dal programma governativo Cool Japan al dibattito sulla vastissima produzione creativa (manga, anime, design, eccetera) e sulla sua massiccia esportazione fuori dai confini nazionali, è grossomodo dall’inizio degli anni duemila che in ambiti accademici e mediatici si discute della “coolness” e della capacità di attrazione (quella che qualcuno chiama “soft power”) giapponese. Oggi a tutto ciò si aggiunge una narrazione sui suddetti “valori” che diventano parte integrante del marchio di fabbrica, un po’ come “la famiglia” negli spot della Barilla.
Il tutto rientra nel piano nazionale per raddoppiare entro l’anno delle Olimpiadi il numero di turisti in entrata nel Paese-arcipelago. Dai circa 10 milioni degli ultimi anni, il governo giapponese punta a raggiungere quota 20 milioni. E per fare questo, appena un anno fa il primo ministro Shinzo Abe aveva chiesto ai membri del suo governo di rivedere le politiche d’immigrazione per render più agevole l’ingresso di turisti. Una politica che è destinata a influenzare lo stesso sistema educativo nipponico, dove il governo intende ampliare l’offerta formativa in lingua inglese.
“È un paese che sta migliorando e non sta fermo”, ha risposto un partecipante al sondaggio Country Brand Index di FutureIndex, un’agenzia di consulenza britannica, che ha incoronato il Giappone leader della graduatoria mondiale dei brand nazionali. “È all’avanguardia nella tecnologia robotica e nell’ingegneria”.
Il brand Giappone insomma è un successo: tecnologia avanzata, affidabilità e sicurezza. E ora che le aziende del Sol levante cercano la ribalta nel settore degli armamenti dopo quattro decenni di embargo autoimposto sulle esportazioni, la strada potrebbe essere in discesa.
@Ondariva
L’espressione suscita qualche perplessità per la sua genericità. In sostanza però, da quanto si apprende dal sondaggio della Mori Memorial Foundation che sulla base di questo concetto ha elaborato una classifica delle città del mondo, Tokyo sarebbe il top per gli espatriati in cerca di una nuova casa.