La crisi siriana contagia il Libano, dove sunniti ribelli e alawiti pro Assad si fronteggiano nella seconda città del Paese.
Alla periferia est di Tripoli, Libano del Nord, c’è una linea del “fronte” chiamata Syria Street. Solca il confine tra due quartieri vicini e nemici: quello di Bab al- Tabbaneh, roccaforte sunnita a maggioranza salafita, e quello collinare di Jabal Mohsen, sobborgo alawita.
Palazzi crivellati di proiettili raccontano una storia che dura da oltre trent’anni, quella di una guerra settaria e a intermittenza, che coinvolge sunniti e sciiti, vecchi rancori familiari e interessi economici. Quelle case-groviera raccontano anche che la crisi siriana sta trascinando la seconda città più popolosa del Libano nel caos del conflitto.
È Syria Street che separa i combattenti: da un lato gli abitanti di Bab al-Tabbaneh, che sostengono i ribelli contro Bashar al-Assad, e dall’altro quelli di Jabal Mohsen, vicini al Presidente siriano. Da quando Hezbollah, il “Partito di Dio” libanese, ha deciso nei primi mesi del 2013 di inviare uomini e armi in Siria, Tripoli è diventata la “casella di posta” del Paese: i messaggi politici sulla rotta Beirut-Damasco passano da qui. È in questo equilibrio precario che si regge il Libano, ancora senza un governo.
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La crisi siriana contagia il Libano, dove sunniti ribelli e alawiti pro Assad si fronteggiano nella seconda città del Paese.