L’ex Presidente e candidato di punta dei Repubblicani ancora davanti al Procuratore Speciale Smith. Reuters/Ipsos: se condannato, il 45% degli elettori GOP non lo voterebbe
I prossimi mesi e, in particolare, l’anno che verrà saranno ricchi di colpi di scena e di risultati probabilmente inaspettati sul fronte politico statunitense che, da quando ha infaustamente accolto Donald Trump tra i suoi rappresentanti di spicco, ha subito un declino generalizzato. Colpendo nel cuore pulsante le sue istituzioni, a partire dal Congresso, devastato dai supporter del 45° Presidente il 6 gennaio 2021, invitati a fermare l’esito democraticamente arrivato in seguito alle elezioni che hanno visto trionfare Joe Biden, l’attuale inquilino della Casa Bianca.
La terza, pesante accusa sull’ex Presidente è arrivata in tutta la sua perentorietà e potenza giudiziaria ed, evidentemente, mediatica: Trump è ritenuto colpevole di aver promosso false affermazioni sulle elezioni, di aver pressato funzionari statali e federali per alterarne il risultato, raccogliendo false liste di elettori per cercare di recuperare voti da Biden. Sovvertire il corso democratico è stato l’obiettivo di Trump e sodali nelle ore successive alle elezioni e nei mesi che lo dividevano dal giuramento dell’attuale Presidente, con un punto di svolta nel 6 gennaio, il giorno dell’assalto a Capitol Hill.
Un’infamia che per sempre rimarrà viva, specie per il Gran Old Party totalmente asservito al suo principale esponente, ancora oggi succube di un personaggio ostile alla democrazia e ai valori stessi del partito dell’elefante. Una figura scomoda dalla quale è difficile allontanarsi dato il grande valore elettorale che ancora, incredibilmente, Trump rappresenta, e che lo vede saldamente in alto nei sondaggi. Sicuramente tra gli elettori Repubblicani: a livello nazionale, il magnate Usa raccoglierebbe il 53.1% dei consensi, staccando Ron DeSantis, Governatore della Florida, che si ferma al 17.6%.
In caso di un nuovo testa a testa con Biden, il margine è ridottissimo, con due sondaggi su tre che danno l’attuale Presidente avanti di pochi punti, persino sotto in una rilevazione. Secondo Reuters/Ipsos, il 45% degli elettori GOP non voterebbe Trump in caso di condanna, con lo zoccolo duro dei supporter che, nonostante le gravi accuse e, appunto, un ipotetico finale drammatico dell’inchiesta a suo carico, rimarrebbero fedeli alla linea.
Un quadro sufficiente a far capire la complessità della destra statunitense e del clima che si respira nella nazione che guida l’alleanza occidentale, con rischi elevati connessi per la stabilità globale. Un assaggio della pericolosità di un Presidente reazionario lo si ha avuto in soli quattro anni di esecutivo trumpiano, tra cambi al vertice eclatanti, giudizi verso Nato e Nazioni Unite logoranti, ritiro da trattati internazionali — vedi JCPoA e il nucleare iraniano — che hanno causato un’instabilità crescente. Senza dimenticare lo scontro frontale con la Cina, avviato proprio dalla White House repubblicana e ampiamente proseguito, sullo stesso identico solco, dai Democratici ora al potere.
Con Trump ancora una volta accusato della destabilizzazione della democrazia statunitense, gli occhi sono puntati sui possibili contendenti, con DeSantis che potrebbe prendere il suo posto. Non necessariamente un sollievo per gli addetti ai lavori, date le posizioni di estrema destra che abbraccia il Governatore della Florida, che flirta nella stessa identica maniera con l’elettorato vicino a QAnon, con i suprematisti bianchi, con gli anti-abortisti. Nei giorni scorsi il Florida Man ha elogiato il lavoro svolto da chi ha scritto il programma scolastico per gli studenti delle scuole medie, secondo cui le persone ridotte in schiavitù “hanno sviluppato particolari abilità che hanno, in alcuni casi, portato persino benefici personali”. DeSantis ha ripetutamente difeso il nuovo linguaggio del testo, che dovrebbe dunque essere ripreso dagli insegnanti e trasmesso agli scolari della Florida.
Ecco perché, che sia Trump o DeSantis il prossimo candidato GOP, è evidente che in ballo c’è l’essenza stessa del minimo livello di decenza politica. Seguire attentamente le vicende interne statunitensi in questa fase diventa decisivo per comprendere come gli Usa si muoveranno, poi, a livello geopolitico. Un passaggio non scontato, che ha visto repentini cambi di fronte nei quattro anni di Presidenza trumpiana, ma che pone l’obbligo di una profonda riflessione anche in casa Democratica, nel rischio di un ennesimo scivolamento centrista del partito pur di accaparrarsi i voti degli elettori moderati repubblicani, scontentando l’ala progressista capeggiata da Bernie Sanders.