Dopo le minacce si passa ai fatti. L’autorità delle telecomunicazioni turche (Btk) ha bloccato ieri notte l’accesso al sito di Twitter. Dopo la legge sul controllo di internet del mese scorso – definita “legge bavaglio” dall’opposizione e aspramente criticata da Ue, Usa, Consiglio d’Europa e Osce – la Btk, ispirandosi a tre sentenze giudiziarie e ad una decisione del procuratore generale di Istanbul, ha ordinato la serrata totale del sito di microblogging.

Il tempismo di chiusura del sito dopo le parole al vetriolo del premier ad un comizio a Bursa («Sradicheremo twitter» aveva detto «Non mi interessa quello che potrà dire la comunità internazionale») è emblematico del timore che il premier e l’establishment nutrono nei confronti dei social network sin dallo scoppio delle proteste legate al Parco Gezi.
Internet e Censura
Qualche settimana fa il premier aveva minacciato di chiudere anche Facebook e Youtube. La minaccia ha un precedente illustre, quello del 2007, anno in cui YouTube fu chiuso in tutto il paese dopo la pubblicazione di un video che insultava il padre della nazione turca Mustafa Kemal Atatürk. Sette anni dopo non è la patria turca ad essere in pericolo ma direttamente il partito del premier. Nel 2013 le autorità turche hanno presentato ben 1.673 richieste di “takedown” di contenuti Google, ovvero tre volte in più di qualsiasi altro governo. Il clima poi è diventato ancora più irrespirabile dopo l’approvazione nel Febbraio scorso di un pacchetto di disposizioni di controllo di internet che consentono di chiudere una pagina web o un sito entro 4 ore senza previa decisione giudiziaria. La legge prevede anche che tutte le informazioni confidenziali degli utenti possano essere registrate e conservate per due anni, e ciò vuol dire monitorare potenzialmente le attività di circa 34 milioni d’internauti. Secondo un rapporto stilato dalla Fondazione Turca per la Ricerca in Politica Economica (TEPAV) e riportata dal quotidiano Radikal la Turchia si piazza subito dopo la Cina in quanto a solerzia nell’imbavagliare la rete. “La decisione di bloccare Twitter – ha commentato Andrew Gardner, specialista della Turchia per Amnesty International – è un attacco senza precedenti alla libertà di Internet e alla libertà d’espressione in Turchia”. Una misura draconiana che punta ad anticipare ogni contestazione e ogni forma di criticismo nei confronti del governo a 10 giorni dalle elezioni.
Le ragioni del blocco
L’autorità per le telecomunicazioni ha spiegato che Twitter è stato bloccato dal tribunale dopo le denunce di alcuni cittadini per aperta violazione della privacy. Il sito di microblogging aveva infatti ignorato le precedenti richieste di rimuovere alcuni contenuti per i quali sentenze di tribunali ne avevano ordinato la immediata rimozione. Una decisione senza precedenti che appare come una palese forma di rappresaglia dopo la pubblicazione di una serie di intercettazioni compromettenti per il premier Erdoğan, invischiato da mesi in uno scandalo di corruzione senza precedenti. La commissaria europea per le nuove tecnologie, Neelie Kroes ha condannato duramente il blocco di Twitter. “L’interdizione è senza fondamento, inutile e vile – ha scritto la Kroes su Twitter – Il popolo turco e la comunità internazionale vedranno questo come una censura. Cosa che è davvero”. Dal canto suo il presidente turco Abdullah Gül ha fatto da cassa di risonanza alle preoccupazioni e alle perplessità espresse dalla comunità internazionale definendo ‘inaccettabile’ il divieto sulle piattaforme social ed augurandosi la temporaneità della misura.
In 10 ore mezzo milione di tweets: censura aggirata?
E intanto su Twitter in Turchia ieri notte si continuava a twittare come se niente fosse. Secondo un rapporto di Twitturk, che analizza le statistiche degli utenti turchi di Twitter, oltre mezzo milione di tweets sono stati postati nel giro di 10 ore in seguito alla decisione della serrata del sito di microblogging. L’average dei tweets, che è secondo Twitturk in media di circa 1,8 milioni di tweets al giorno, non ha subito flessioni dunque dopo la decisione in merito alla chiususra di Twitter anzi ha registrato una leggera impennata. La censura infatti è stata abbondantemente aggirata dagli internauti turchi non solo attraverso i server proxy e le reti VPN. In serata ieri Twitter ha messo in piedi un servizio di emergenza per twittare via sms. L’hashtag #TurkeyblockedTwitter è diventato in poche ore una delle prime tendenze mondiali mentre sulla piattaforma social alcuni giornalisti turchi evidenziavano il paradosso di vedere simpatizzanti dell’Akp esprimere il proprio appoggio al premier proprio su Twitter, ovvero la piattaforma da tempo il considerata il male assoluto, il nemico pubblico numero uno da sradicare al più presto dal suolo turco prima che faccia altri danni al premier.
Dopo le minacce si passa ai fatti. L’autorità delle telecomunicazioni turche (Btk) ha bloccato ieri notte l’accesso al sito di Twitter. Dopo la legge sul controllo di internet del mese scorso – definita “legge bavaglio” dall’opposizione e aspramente criticata da Ue, Usa, Consiglio d’Europa e Osce – la Btk, ispirandosi a tre sentenze giudiziarie e ad una decisione del procuratore generale di Istanbul, ha ordinato la serrata totale del sito di microblogging.