La decisione di Washington di mettere in piedi una forza di confine con i combattenti curdi fa infuriare la Turchia. Ankara minaccia un intervento militare, cercando l’appoggio di Mosca. L’artiglieria ha già iniziato a colpire le posizioni della milizia dell’Ypg nel cantone di Afrin
Si infiammano nuovamente le relazioni tra Turchia e Stati Uniti. E le ultime dichiarazioni del ministro degli Esteri Çavuşoğlu questa volta potrebbero precedere azioni concrete, con importanti risvolti regionali.
Il governo turco è infatti determinato ad agire in Siria contro la presenza delle Unità di protezione del popolo (Ypg) – la milizia del Kurdistan siriano, già protagonista della guerra all’Isis – anche senza il supporto del suo partner d’oltreoceano. L’operazione sembra essere subordinata al sostegno del principale rivale dell’Alleanza Atlantica, la Russia.
«Gli americani non hanno mantenuto le loro promesse, ci aspettiamo passi concreti, non solo parole (…). Washington dovrebbe immediatamente smettere di collaborare con i terroristi», ha affermato il Ministro degli esteri Mevlüt Çavuşoğlu in visita negli Stati Uniti, commentando la collaborazione del Central Command americano (Centcom) con lo Ypg in Siria.
Ankara considera la milizia un’organizzazione gemella del Partito dei lavoratori del Kurdistan (Pkk), gruppo inserito nella lista nera dei terroristi dagli stessi Stati Uniti. E ora chiede a Washington di stare ai patti: «Sia Barack Obama a Donald Trump hanno promesso che la loro collaborazione con lo Ypg sarebbe finita e tutte le armi sarebbero state immediatamente ritirate. Vogliamo che onorino le loro parole».
La tensione tra Ankara e Washington si è impennata quando sono filtrate le prime notizie sulla decisione degli Stati Uniti di formare una forza di sicurezza di confine (Bsf) di 30.000 persone composta prevalentemente da combattenti curdi. Il presidente turco ha risposto allertando il Consiglio di Sicurezza Nazionale (Mgk) riguardo a un imminente intervento oltre confine. «Ci sbarazzeremo uno per uno dei nidi del terrore in Siria, a partire da Afrin e Manbij», ha dichiarato Recep Tayyip Erdoğan
Già nei giorni scorsi, con un dispiegamento di 40 carri armati nella zona di confine di Hatay e Kilis, l’artiglieria ha iniziato a colpire le posizioni Ypg nel cantone di Afrin, che secondo Ankara sarebbe la base operativa per infiltrazioni in Turchia del Pkk, contro cui Ankara conduce una guerra da più di 30 anni. E a sostegno delle posizioni turche si è espresso il ministro degli Esteri russo affermando che la presenza del Bsf «minaccia l’integrità territoriale della Siria». Sergey Lavrov ha però aggiunto che è «necessario rispettare gli interessi dei curdi in quanto parte della nazione siriana».
Intanto il 18 gennaio il Capo di Stato Maggiore turco Hulus Akar, accompagnato da Hakan Fidan, vertice dell’Intelligence turca (Mit), ha incontrato la controparte russa, Valery Gerasimov, per discutere l’eventuale coordinamento militare e formulare la richiesta di utilizzo dello spazio aereo siriano da rivolgere al governo di Damasco.
Secondo fonti diplomatiche, durante l’incontro a Mosca particolare attenzione è stata dedicata anche alla recente operazione militare dell’esercito siriano a Idlib contro l’opposizione siriana, ritenuta dai turchi in «violazione dell’accordo tra Turchia, Russia e Iran per la creazione di una zona di de-escalation nella stessa area». «Tale prova di forza mette a repentaglio l’avvio del processo per una soluzione politica della guerra, previsto durante il Congresso per il Dialogo siriano che si terrà a Sochi il 29 e 30 gennaio prossimo», afferma Ankara.
Nei giorni scorsi la Russia aveva già respinto l’accusa, sostenendo che solo i gruppi terroristici islamici, in particolare Jabhat Fatah al-Sham (precedentemente Jabhat al-Nusra), erano stati presi di mira a Idlib. Non si è fatta attendere la reazione del Dipartimento di Stato degli Stati Uniti che ha esortato la Turchia a non intraprendere alcuna azione nel nord della Siria, chiedendo di rimanere concentrata contro Isis.
Mentre ad Afrin si accendono le proteste dei curdi, il governo siriano ha avvertito la Turchia di non avviare alcuna azione militare oltre confine, aggiungendo che le forze aeree sono pronte a difendersi. «Qualunque operazione turca all’interno dei confini siriani sarà considerata come un atto di aggressione», ha detto il vice ministro degli Esteri, Faisal Meqdad.
Sebbene non ci sia stata alcuna reazione esplicita da parte del Cremlino, l’agenzia di stampa turca Anadolu Ajansı ha riportato che la polizia militare russa di stanza nella regione si è ritirata nei distretti di Nubul e Zahra sotto il controllo delle forze di Assad per agevolare l’operazione dell’esercito turco, che sembrerebbe ormai imminente.
@valegiannotta
La decisione di Washington di mettere in piedi una forza di confine con i combattenti curdi fa infuriare la Turchia. Ankara minaccia un intervento militare, cercando l’appoggio di Mosca. L’artiglieria ha già iniziato a colpire le posizioni della milizia dell’Ypg nel cantone di Afrin