L’Ue bacchetta l’Italia su lavoro e qualità della formazione. Il nostro Paese investe troppo poco in educazione. A questi temi la Commissione Europea dedica un capitoletto nell’ultimo Rapporto sul lavoro e lo sviluppo sociale(file:///Users/mariairene/Downloads/KE-BD-14-001-EN-N.pdf). Può in realtà sembrare semplicemente una conferma di quanto si lamenta da anni riguardo all’istruzione italiana, niente di nuovo sotto il sole del bel paese.

Il dato più sconcertante è che in Italia si registra il minor numero di laureati nella fascia di età compresa tra i 30 e i 34 anni rispetto al resto del continente, esattamente il 22,4%, ben al di sotto della media Ue che è del 38%. Nel 2013 le iscrizioni nelle università italiane hanno registrato un calo di circa 30 mila studenti per non parlare degli abbandoni scolastici che riguardano il 17, 6% dei ragazzi. Quest’ultimo dato è ben al di sopra della media Ue, intorno al 12,7%, e posiziona l’Italia tra i cinque paesi peggiori d’Europa.
In Italia non si investe sulla formazione qualificata e sui giovani
Il tasso di disoccupazione giovanile è ormai oltre il 40 % in Italia e secondo dati Ue le politiche volte a contrastare l’inoccupazione dei giovani sono ancora molto limitate. Inoltre tra il 2008 e il 2014 si sono persi 1,2 milioni di posti di lavoro. Dopo di noi solo la Spagna con 3,4 milioni di impieghi persi. Secondo quanto sostiene l’Unione Europea favorire e supportare l’accesso al lavoro di ragazzi con poche qualifiche rischia di portare pochi risultati sul lungo periodo. I giovani tendono a qualificarsi sempre meno e a preferire un lavoro quanto prima. Ciò che emerge dallo studio è che bisognerebbe incentivare i giovani a qualificarsi cercando di sostenere i costi dei loro studi. Attualmente in Europa c’è una carenza di lavoratori qualificati in diversi settori e allo stesso tempo un surplus di lavoratori con poche qualifiche.
Lo spreco di capitale umano nell’Ue
<<Occorrono politiche appropriate per evitare lo spreco di capitale umano determinato dall’inattività o dalla sottoutilizzazione del potenziale occupazionale>> si legge nella nota della Commissione Europea sul Rapporto sul lavoro. Dallo studio si evince che in futuro, con il continuo svilupparsi del progresso tecnologico, la globalizzazione, il cambiamento demografico e l’economia verde si dovrebbero venire a creare nuovi posti di lavoro di qualità elevata, ma << possono anche rendere obsoleti alcuni lavori e alcune qualifiche e i salari potrebbero registrare una polarizzazione ancora maggiore>> si legge sempre nella nota comunitaria che insiste sulla necessità di politiche a sostegno di una formazione permanente. Il detto “non si smette mai di studiare o di imparare” deve pertanto divenire sempre più attuale.
Studenti italiani all’estero
Un fenomeno in crescita negli ultimi anni è quello di giovani che non solo si recano in altri Paesi per un dottorato o per un master professionale post laurea per arricchire il curriculum, ma frequentano l’università in un altro Paese fin dal primo anno. Se fino ad alcuni anni fa poteva costituire una scelta quasi esclusivamente di famiglie privilegiate, ora avviene invece sempre più spesso e riguarda anche fasce sociali non particolarmente benestanti. Ad attirare sono le opportunità lavorative, ma anche le condizioni di studio e le politiche di sostegno allo studente particolarmente favorevoli in alcuni paesi rispetto all’Italia. Se frequentare un’ università inglese può risultare ancora per molti fuori portata, lo stesso non si può dire nel caso del Belgio ad esempio. Nel paese nordico l’università ha dei costi simili alle nostre, una stanza per studenti può costare dai 300 euro ad un massimo di 460 euro e le sedi delle università sono in zone ben collegate e residenziali. Inoltre tramite un accordo tra università e datori di lavoro gli studenti hanno più opportunità per mantenersi agli studi. Il datore di lavoro per i primi 50 giorni avrà degli sgravi fiscali assumendo uno studente, che a sua volta percepirà un maggiore retribuzione per quel periodo. Trascorso questo arco di tempo potrà essere regolarmente assunto.
L’Ue bacchetta l’Italia su lavoro e qualità della formazione. Il nostro Paese investe troppo poco in educazione. A questi temi la Commissione Europea dedica un capitoletto nell’ultimo Rapporto sul lavoro e lo sviluppo sociale(file:///Users/mariairene/Downloads/KE-BD-14-001-EN-N.pdf). Può in realtà sembrare semplicemente una conferma di quanto si lamenta da anni riguardo all’istruzione italiana, niente di nuovo sotto il sole del bel paese.