Il processo d’integrazione giuridica europeo deve compiersi subito o l’Unione rischia di essere vantaggiosa solo per le sue élite.
Le lunghe ombre che si sono addensate sull’Unione europea, travolta dallo tsunami che ha investito l’economia e i mercati finanziari pubblici e privati, non accennano a dissiparsi. Da più parti s’invoca il ritorno alla vecchia Comunità internazionale fondata su egoismi nazionali; si pretende di chiudere le porte a ogni processo d’innovazione e di proiettare gli stati verso scenari futuri cupi e ignoti. I tifosi del vecchio nazionalismo, i nostalgici di un presunto, idilliaco e antistorico passato dimenticano che l’Ue, se ha molto deluso, ha anche conseguito importanti obiettivi, tra cui quello primario della pace, collante irrinunciabile nel rapporto tra i popoli europei.
Il processo d’integrazione giuridica è molto complesso: unico nei suoi contenuti e nelle sue dinamiche, è anche diverso rispetto a ogni altra esperienza giuridica internazionale.
È unico, perché gli sviluppi “quantitativi” (aumento degli Stati membri, ampliamento delle competenze delle istituzioni europee, istituzione di nuovi organi) che hanno contraddistinto la costruzione europea, sono stati accompagnati da significativi progressi “qualitativi”, indotti dalla costante mutazione del processo d’integrazione, che hanno via via connotato il suo modello e, di conseguenza, il suo diritto, in modo sempre più netto e peculiare rispetto ad altre esperienze giuridiche.
Il lungo cammino d’integrazione ha seguito e segue un percorso non lineare, segnato da battute d’arresto, crisi o improvvise accelerate, ma teso verso il consolidamento. È innegabile che il sistema europeo sia sempre più radicato nella realtà storica, negli apparati giuridico-istituzionali, nel tessuto economico e sociale e, in senso più generale, nella cultura politica degli Stati membri. È proprio l’impatto che il diritto dell’Unione ha avuto e continua ad avere sulla vita dei cittadini europei che porta a considerare l’Ue un unicum rispetto ad ogni altra organizzazione internazionale.
Il processo d’integrazione giuridica europeo rappresenta un’operazione senza precedenti nella storia della comunità internazionale: una nuova collaborazione tra gli Stati diretta a incidere fortemente sulla loro sovranità. Non si tratta solo dell’unione dei mercati, formula utilizzata troppo spesso per manifestare una visione euroscettica, ma di un’esperienza d’integrazione in cui prevale la circolazione degli individui, dei cittadini europei in quanto tali.
Gli studenti dell’Erasmus, i disoccupati in cerca di lavoro, i pensionati, i turisti, i pazienti sono l’espressione di un’Europa che non si occupa soltanto di transazioni finanziarie, di società e/o di banche, ma che tutela le persone, i diritti, le libertà e i principi contenuti nella Carta dei diritti fondamentali dell’uomo.
L’Ue garantisce ai suoi cittadini il diritto di spostarsi e vivere liberamente in un altro Stato membro e, se ivi residenti, il diritto di voto attivo e passivo nelle elezioni europee e locali; la facoltà di presentare petizioni al Parlamento europeo; di ricorrere al mediatore europeo o di rivolgersi alle istituzioni, agli organi e agli organismi dell’Unione in una delle lingue dei Trattati e di ricevere una risposta nella stessa lingua o ancora il diritto di godere, nel territorio di un Paese terzo ove il proprio Stato membro non abbia una rappresentanza diplomatica, della tutela delle autorità diplomatiche e consolari di qualsiasi altro Stato membro, alle stesse condizioni dei cittadini di quest’ultimo.
Le scelte di politica economica dell’Ue sono sempre più orientate in senso “sociale”; il rapporto tra diritti sociali e mercato, tra tutela dell’ambiente e regole di concorrenza non è più di tipo oppositivo. Le libertà economiche devono fare i conti con la necessità di tutelare la dignità umana, di garantire alla popolazione una fornitura di medicinali sicuri e di qualità, di assicurare l’esercizio della libertà di riunione, di proteggere il benessere psichico dei minori. Si è affermata e consolidata la concezione in cui logica di mercato, realizzazione dei diritti sociali e tutela dell’ambiente s’integrano e si coniugano tra loro, senza valenze esclusive.
Questa Europa è in grado di superare anche la drammatica crisi attuale e raccogliere le forze per spingere più avanti il proprio progetto.
Ciò può avvenire se l’Unione non sarà più additata come causa di ogni male, se gli Stati smetteranno di utilizzarla come alibi per ogni loro scelta sbagliata e i cittadini (soprattutto i giovani) cominceranno a non considerarla un’estranea invadente ma comprenderanno l’importanza di un’attiva partecipazione a meccanismi che regolano la vita quotidiana di tutti.
L’Ue non è una realtà virtuale, questo deve diventare ben chiaro a tutti e non appannaggio di pochi e ristretti circoli di tecnici. L’Unione è l’insieme di 28 Stati che in essa sono rappresentati, così come sono rappresentati i cittadini. E questi rappresentanti, in seno al Consiglio e al Parlamento europeo, sono chiamati a prendere decisioni vincolanti per tutti: devono assumersi la responsabilità di definire soluzioni innovative per superare il periodo burrascoso e far ripartire il processo d’integrazione, salvaguardandone i valori.
È necessario che gli interessi nazionali siano messi da parte e si rinsaldi la solidarietà tra gli Stati membri. Altrimenti, il sogno di un’integrazione tra paesi che si sono combattuti, a lungo, con le armi ed economicamente, rischia di naufragare. E rischia di essere demolita la “creazione più grandiosa e più innovatrice sorta da secoli in Europa” (Altiero Spinelli).
Il processo d’integrazione giuridica europeo deve compiersi subito o l’Unione rischia di essere vantaggiosa solo per le sue élite.