La Corte Costituzionale dell’Uganda ha abrogato la legge contro gli omosessuali varata dal Parlamento di Kampala il 23 dicembre dello scorso anno. Per i giudici del massimo organo giurisdizionale ugandese, la normativa è priva di valore, poiché approvata senza il quorum necessario al momento della votazione, in violazione del rispetto della procedura parlamentare.
Il provvedimento prevedeva pene fino all’ergastolo per i recidivi colpevoli di “omosessualità aggravata”; fino a sette anni di detenzione per favoreggiamento nei confronti di persone Lgbt (lesbiche, gay, bisex e transgender); fino a cinque anni per il mancato rispetto dell’obbligo di denunciarle alle autorità e per la violazione del divieto di parlare in pubblico di omosessualità.
Le draconiane misure avevano ricevuto l’immediata condanna dalla comunità internazionale fin da quando il progetto fu presentato in Parlamento nel 2010. Prima dell’entrata in vigore della norma, le reazioni più dure sono arrivate dal presidente degli Stati Uniti Barack Obama che ha definito la legge “un passo indietro per tutti gli ugandesi”, paventando il varo di una serie di misure restrittive contro Kampala, tra cui il blocco dei visti per alcuni esponenti del governo ugandese.
Il segretario di Stato americano John Kerry aveva paragonato il decreto alle leggi antisemite dell’epoca nazista; mentre il premio Nobel per la pace, l’arcivescovo anglicano Desmond Tutu, non aveva esitato a equiparare il provvedimento anti-gay alle norme liberticide che vigevano in Sudafrica al tempo dell’apartheid.
Inoltre, l’entrata in vigore della normativa aveva provocato la sospensione degli aiuti economici all’Uganda da parte della Banca Mondiale e di alcuni Paesi, tra cui Stati Uniti, Olanda, Svezia, Norvegia e Danimarca.
Tuttavia, nonostante l’annullamento della Corte Costituzionale, le unioni tra coppie dello stesso sesso in Uganda restano illegali e punibili per legge con pene detentive fino a 14 anni di carcere.
Per comprendere meglio l’intransigenza che vige nel Paese africano nel reprimere l’omosessualità, basti considerare che subito dopo l’annullamento della normativa anti-gay, il portavoce del governo ha dichiarato che la legge “non è stata annullata nel merito, poiché la Corte si è solo pronunciata sulla procedura e che l’esecutivo farà ricorso contro la decisone”.
Inoltre, 150 giuristi ugandesi hanno deciso di sostenere un progetto di legge che vieta gli atti omosessuali. Tra questi, il parlamentare Latif Ssebagala che ha dichiarato che il provvedimento sarà trattato come una “priorità nazionale” e dovrà essere varato entro il mese di agosto.
Secondo Human Rights Watch, dopo l’approvazione della legge sono state arrestate diciassette persone e sono stati registrati innumerevoli episodi di maltrattamento e taglieggiamento da parte della polizia, tanto che molti omosessuali hanno deciso di lasciare il paese.
Uno degli episodi più clamorosi si è verificato lo scorso aprile, quando la polizia ha fatto irruzione negli uffici dell’Università di Makerere, arrestando con l’accusa di convertire i giovani ugandesi all’omosessualità, i responsabili del Walter Reed Project, sostenuto da Washington per migliorare la sanità nel paese.
Secondo quanto reso noto dal portavoce della polizia locale Fred Enanga, il crimine sarebbe stato perpetrato attraverso corsi di formazione durante i quali sarebbero stati distribuiti gratuitamente preservativi e lubrificanti per i rapporti anali.
La crociata dell’esecutivo di Kampala contro gli omosessuali ha radici lontane che risalgono al periodo coloniale britannico. In tempi più recenti, hanno gettato concime in un terreno tanto fertile alcuni cristiani evangelici americani come Scott Lively, presidente della Abiding Truth Ministries, e Don Schmierer, direttore della disciolta organizzazione Exodus International, che identificava l’omosessualità come male assoluto e lesiva di una società basata sul matrimonio.
C’è anche da ricordare che, prima di essere approvata, la formulazione della controversa norma era stata modificata con la cancellazione della pena di morte, inclusa nel testo originario varato dal deputato ugandese David Bahati, fervente cristiano evangelico, noto per la sua omofobia.
L’Uganda non è comunque un caso isolato, secondo un rapporto realizzato dall’Ufficio delle Nazioni Unite per l’Alto Commissariato per i Diritti Umani di Ginevra, sono 76 i Paesi dove sono in vigore leggi che perseguono gli individui sulla base del loro orientamento sessuale, 35 dei quali si trovano in Africa.