I risultati definitivi delle elezioni locali in cinque stati (Rajasthan, Chhattisgarh, Madhya Pradesh, Mizoram e New Delhi) non potevano essere più chiari. Il Congress dei Gandhi sta attraversando una fase di crisi profonda, il Bjp è pronto per la zampata e l’Aam Aadmi Party anticorruzione, almeno nella capitale, fa davvero sul serio.

Il Congress è riuscito a vincere solamente nel piccolo Mizoram, una delle sette sorelle dell’India nord-orientale. Un risultato magrissimo che, a livello nazionale, conta meno di nulla.
In Rajasthan, Chhattisgarh e Madhya Pradesh il Bjp si è imposto, spesso con largo vantaggio, dando l’opportunità alla dirigenza nazionale del principale partito d’opposizione di galvanizzarsi a pochi mesi dalle elezioni nazionali, magnificando un presunto “effetto Modi” che, opinione condivisa, nella politica locale è ben più contenuto di quanto vogliano raccontare.
Alcune riflessioni più approfondite devono essere fatte invece a fronte del risultato inaspettato delle elezioni di Delhi. Il Congress, con la 75enne Sheila Dikshit, controllava la capitale da tre mandati e sperava di mantenere la leadership presentando il solito programma di buoni intenti, promesse di sviluppo sistematicamente disattese dalla stessa classe dirigente negli ultimi 15 anni.
Dikshit e il Congress si sono presentati alle elezioni letteralmente martoriati a livello mediatico dagli strascichi dello stupro di Delhi, episodio che ormai è da considerarsi come spartiacque politico e sociale. Fu l’amministrazione Dikshit, agli occhi dell’opinione pubblica, a non saper garantire alla popolazione femminile la sicurezza nelle strade necessaria a scongiurare il pericolo di molestie sessuali; fu l’amministrazione Dikshit a reprimere con cariche della polizia la manifestazione degli studenti dello scorso dicembre, la risposta autoritaria alla richiesta di cambiamento – o almeno azione – rispetto alla società patriarcale imperante; fu sempre Dikshit a non porre un argine all’aumento dei prezzi di beni di consumo primario – come le cipolle – e delle bollette dell’elettricità.
Se un governo di segno opposto avesse potuto fare di meglio è un altro paio di maniche. Il dato è che gli abitanti di Delhi, riversandosi in massa alle urne, hanno espresso la necessità di un cambiamento, anche radicale.
Il Bjp, con Harsh Vardhan, ha avuto gioco facile a fare campagna elettorale puntando su sicurezza, taglio dei prezzi e trasparenza, emergendo come primo partito a Delhi.
Ma la vera sorpresa è stata l’Aam Aadmi Party di Arvind Kejriwal, che non solo all’esordio alle politiche si è aggiudicato 28 seggi su 70 (appena dietro al Bjp, con 32), ma ha massacrato il Congress, fermo a 8 seggi. Nella circoscrizione di Sheila Dikshit, Arvind Kejriwal è stato il candidato più votato, con oltre 20mila preferenze di distacco sull’ex chief minister del Congress.
La campagna elettorale di Aap, in una logica “glocal”, ha proposto agli elettori di Delhi la ricetta che dovrebbe rivoluzionare in toto la politica indiana: lotta alla corruzione e agli sprechi, trasparenza, sistema inclusivo nella selezione deila classe politica (i “consulenti” di Aap provengono in gran parte dalla classe media universitaria, fuori da logiche di partito clientelari), progetti “secolari” senza soffiare sui contrasti interreligiosi o intercomunitari, radicamento sul territorio e, soprattutto, facce nuove e pulite.
Kejriwal, ex burocrate statale laureatosi in uno dei prestigiosi Indian Institute of Technology (fiori all’occhiello dell’istruzione universitaria made in India), ha “solo” 45 anni: è un completo outsider della politica, una ventata d’aria fresca di cui l’India ora sente un bisogno impellente per provare a intraprendere davvero il sentiero del cambiamento. Altro dato significativo: le uniche tre donne elette nel “parlamentino” di Delhi sono tutte di Aap: segno che il partito dal basso, almeno superficialmente, è davvero qualcosa di completamente diverso e inedito rispetto ai vecchi partiti. (Nota: personalmente nutro molte riserve su Aap, credo sia la risposta sbagliata alla domanda giusta che l’India si sta facendo. Ne parleremo nei prossimi giorni).
Il Bjp, dal canto suo, incassa una vittoria importante, mettendosi in pole position con Narendra Modi per attirare il favore dei partiti locali – fondamentali per le alchimie del consenso a livello pan-indiano – , pronti a salire sul carro del vincitore considerando che Aap, al momento, non dispone di una capillarità che permetta il salto alle elezioni nazionali.
Coi numeri del disastro sul tavolo, il Congress è invece obbligato a una profonda sessione di autoanalisi. Sonia Gandhi ha chiamato a raccolta i vertici del partito per capire cosa è andato storto e come invertire la rotta in vista delle nazionali della prossima primavera. Per fermare l’emoraggia è inevitabile annunciare il nome del candidato alla premiership, con ogni probabilità Rahul Gandhi, e rivedere le strategie elettorali dando almeno l’impressione di aver imparato da Aap (come lo stesso Rahul ha dichiarato ieri): cambiare, svecchiare, osare.
I risultati definitivi delle elezioni locali in cinque stati (Rajasthan, Chhattisgarh, Madhya Pradesh, Mizoram e New Delhi) non potevano essere più chiari. Il Congress dei Gandhi sta attraversando una fase di crisi profonda, il Bjp è pronto per la zampata e l’Aam Aadmi Party anticorruzione, almeno nella capitale, fa davvero sul serio.