La casa natale di Hitler a Braunau, di proprietà privata, è ciclicamente oggetto di accesi dibattiti. Ora il Parlamento è chiamato a decidere su una proposta di esproprio.
Ci sono eredità delle quali si farebbe volentieri a meno. Eppure, a volte e con il tempo, possono risultare un utile memento. Ne sa qualcosa la città di Braunau, Alta Austria, 16.700 abitanti: qui il 20 aprile del 1889 nasceva Adolf Hitler. Per la precisione nella casa situata nella Salzburger Vorstadt numero 15, a due passi dal centro storico. La casa è sotto tutela dei Beni Architettonici, perché del 17esimo secolo, ciò nonostante torna e essere ciclicamente al centro del dibattito: che farne, abbatterla o no?
Un’ipotesi, quella di raderla al suolo, avanzata tempo addietro da un deputato russo che voleva acquistare l’edificio proprio con questo fine. E anche il ministro dell’Interno austriaco Wolfgang Sobotka si è recentemente espresso a favore di questa soluzione.
Florian Kotanko, ex direttore del ginnasio cittadino e storico con il pallino per i cimiteri della prima guerra mondiale, di Braunau, sua città natale, sa ovviamente tutto. E non è affatto dell’avviso che la casa vada rasa al suolo: “Cosa cambierebbe: Braunau resta la città nella quale Hitler è nato e dove ha vissuto per i primi tre anni. A parte il fatto che mi pare bizzarro voler addossare responsabilità a una casa. La questione vera è, ed è sempre stata, come si pone Braunau verso il passato”.
E, vista da questa prospettiva, la casa natale del Führer diventa una sorta di specchio. Nel 1938, poco dopo l’Anschluss, Martin Bormann, segretario personale di Hitler, comperava dalla famiglia Pommer e per conto del partito nazionalsocialista la casa. Prezzo d’acquisto 150 mila Reichsmark. “Una cifra non da poco, soprattutto alla luce del fatto che i Pommer poco dopo comperavano per 19 mila Reichsmark una casa nel centro storico” fa notare Kotanko.
Durante il nazismo la casa viene usata come galleria, luogo di esposizioni ed eventi culturali. Dopo la fine della guerra la casa torna, dietro a una modesta somma, di nuovo nelle mani dei Pommer la cui ultima erede – Gerlinde Pommer, una signora sulla settantina, senza famiglia ed eredi – ne è tutt’ora la proprietaria. Unico affittuario della stessa è da allora il ministero dell’Interno che paga alla proprietaria un canone d’affitto mensile di 4600 euro. Ripetutamente il ministero dell’Interno, così come offerenti privati “tra cui anche degli italiani” hanno sottoposto alla signora Pommer offerte d’acquisto, ma lei non ha mai voluto vendere. “Non penso proprio per motivi ideologici” spiega lo storico. “Credo c’entri più la sua storia personale”. Secondo quanto si dice, la signora da giovane aveva subito un trattamento poco gentile, perché figlia nata da una relazione non ufficiale. Insomma una questione di ruggini, visto che quando non ci sarà più la casa finirà comunque in mano pubblica.
Nel dopoguerra trova diversi utilizzi, tra questi, negli anni Cinquanta anche come dependance scolastica. “Ai tempi c’era una tale penuria di classi, che nessuno si era posto domande sulla storia di questo edificio” spiega Kotanko. “Non va dimenticato che qui, e in generale in Austria, tra il ’44 e i primi anni Cinquanta sono arrivati migliaia di profughi e migranti loro malgrado, provenienti dai Balcani e dai Sudeti. Anche mio nonno e mio padre facevano parte del gruppo, venivano dalla Cecoslovacchia, anche se il mio cognome ha invece origine ucraina. In quegli anni la popolazione di Braunau e provincia contava 90 mila persone, cioè il doppio del normale”.
Anche se le organizzazioni “Antifa” (cioè antifasciste) della città denunciano regolarmente episodi di “pellegrinaggio nostalgico”, di fatto, e diversamente da Predappio, o Gori, in Georgia, dove è nato Stalin, la casa natale di Hitler non è mai stata veramente luogo di pellegrinaggio). Per quel che riguarda invece il rapporto di Braunau con la storia, lo stesso non si differenzia da quello dell’Austria intera con il passato. Un confronto iniziato ben dopo a quello tedesco. “A ben vedere solo dopo l’affaire Waldheim”. Il caso scoppia nel 1986 durante la campagna elettorale per il nuovo capo di Stato austriaco (alla luce del fatto che quelle recenti verranno ripetute il 2 ottobre, seppur solo per motivi di errori formali, viene da dire che l’elezione del capo dello Stato austriaco sono cosa assai più delicata di quelle politiche). Kurt Waldheim, dopo essere stato per due mandati Segretario generale dell’Onu, si candida per il ruolo. Ed è allora che viene alla luce il suo passato (da lui nascosto anche nelle biografie): e cioè quello di essere stato nella Wehrmacht. Ciò nonostante, o per puntiglio – vista la pioggia di critiche che si abbatte sul paese – gli austriaci lo votano e Waldheim, anche se isolato internazionalmente, resterà in carica per l’intero mandato. E’ da quel momento però, su questo gli storici concordano quasi unanimemente, che gli austriaci cominciano a fare seriamente i conti con il passato. Ed è solo fine anni Ottanta che grazie a un giovane sindaco socialdemocratico davanti alla casa viene posizionata una pietra commemorativa portata qui direttamente da Mauthausen, il campo di concentramento non molto distante da Braunau. La scritta sulla pietra recita: “Per la pace la libertà e la democrazia mai più fascismo ammoniscono milioni di morti”. “Certo, il fatto che non compaia mai il nome di Hitler è ovviamente frutto dei tempi” dice Kotanko “per quanto oggi le guide, ma anche i dépliant dell’ente del turismo citano ovviamente la casa e chi vi è nato”.
Dopo il trasloco dell’ultima associazione persone con handicap, la casa è rimasta sfitta per diversi anni, e un anno fa la proprietaria aveva pensato di rescindere il contratto di affitto anche con il ministero. Un vizio di forma l’ha evitato, ma ha spinto il titolare del dicastero Sobotka a provare a chiudere definitivamente l’annosa questione: il Parlamento deciderà da qui a qualche settimana la proposta di esproprio. “Esproprio è una parola problematica ovviamente” dice Kotanko. “In questo caso la signora Pommer riceverebbe il controvalore di mercato”. E poi si vedrà.
Quanto centri anche la casa natale di Hitler nel confronto di Braunau con il passato è difficile dirlo, certo è – come sostiene Paul Lendvai giornalista e scrittore ungherese e uno dei massimi esperti di politica mitteleuropea, riparato a Vienna dopo la rivolta del 1956 – la democratizzazione è un processo lento fatto di tante cose. Il dato è però che oggi Braunau dispone di una piattaforma storica curata da Kotanko. Una volta all’anno si tengono le giornate degli storici (le prossime sono in programma dal 23 al 25 settembre. Infine non meno importante è che a Braunau, poco distante dal campeggio si trova una piazzola di sosta attrezzata per Rom. Un esempio piuttosto raro. Ci si ferma pochi giorni o qualche mese. Il parcheggio non è però gratuito, costa a roulotte 15 euro al giorno.
La casa natale di Hitler a Braunau, di proprietà privata, è ciclicamente oggetto di accesi dibattiti. Ora il Parlamento è chiamato a decidere su una proposta di esproprio.