Come l’Occidente “monocronico” e l’Iran “policronico” si sono finalmente capiti.
Dopo anni caratterizzati dalla mancanza di progressi nei negoziati sulla questione del programma nucleare iraniano, nel novembre scorso l’Iran e le potenze internazionali hanno alimentato le speranze in una risoluzione pacifica. La Repubblica islamica e i 5+1 – i cinque membri permanenti del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite (Gran Bretagna, Francia, Stati Uniti, Russia e Cina) più la Germania – hanno raggiunto un accordo temporaneo che prevede restrizioni al programma nucleare iraniano in cambio della sospensione di parte delle sanzioni economiche imposte al Paese.
L’obiettivo ora è quello di trovare, nei sei mesi di validità dell’accordo, una soluzione che elimini i sospetti della comunità internazionale sulla possibile natura militare del programma iraniano. L’accordo di Ginevra ha rappresentato il primo successo diplomatico delle parti negoziali dal 2004, quando Gran Bretagna, Francia e Germania, mediatori sulla controversia nucleare sin dal 2002, ratificarono il Trattato di Parigi con l’Iran.
L’elezione che nel giugno scorso ha portato Hassan Rohani, clericale moderato ed ex capo negoziatore nucleare, alla carica presidenziale sembra aver costituito un fattore fondamentale nel sorprendente risultato. Rohani ha infatti modificato l’agenda programmatica presidenziale, dando priorità alla politica estera, al miglioramento delle relazioni con le potenze regionali e internazionali e alla risoluzione pacifica del dossier nucleare. Con la nomina di Mohammad Javad Zarif a Ministro degli Esteri, Rohani ha inoltre apportato una chiara modifica nello stile e nella strategia negoziale iraniana, che ha spesso reso difficile l’interazione con i 5+1.
In linea con la tendenza policronica tipica dei paesi mediorientali, dell’Estremo Oriente e dell’India, l’Iran ha tradizionalmente prediletto trattative basate sulla simultanea considerazione di molteplici tematiche, un’interazione elastica e grande flessibilità nella gestione del tempo. La comunicazione dei diplomatici iraniani è spesso ambigua e indiretta non solo nella scelta dei vocaboli, ma anche nelle questioni trattate, principalmente orientate a fatti del passato.
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Come l’Occidente “monocronico” e l’Iran “policronico” si sono finalmente capiti.