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Una vita ballata, declamata e assemblata. Daniel Spoerri al CAP – Centro Arti Plastiche di Carrara


Daniel Spoerri - nato Feinstein – da quarant’anni è protagonista di volteggi che lo vedono spaziare dalle arti visive alla danza, dalle installazioni alla coreografia, dalle effimere tavole imbandite della Eat Art alle solide sculture marmoree, manifestazioni di creatività contemporanea celebrata fino a settembre dall’intera città di Carrara. L’esposizione dedicata a Spoerri coinvolge infatti il Centro Arti Plastiche e l’Aula Magna dell’Accademia di Belle Arti di Carrara, due luoghi importanti della città, che rende così omaggio alle tante sfaccettature di un artista che è anche poeta, ballerino e regista.

Daniel Spoerri – nato Feinstein – da quarant’anni è protagonista di volteggi che lo vedono spaziare dalle arti visive alla danza, dalle installazioni alla coreografia, dalle effimere tavole imbandite della Eat Art alle solide sculture marmoree, manifestazioni di creatività contemporanea celebrata fino a settembre dall’intera città di Carrara. L’esposizione dedicata a Spoerri coinvolge infatti il Centro Arti Plastiche e l’Aula Magna dell’Accademia di Belle Arti di Carrara, due luoghi importanti della città, che rende così omaggio alle tante sfaccettature di un artista che è anche poeta, ballerino e regista.

La vita di Daniel è stata scandita da tante evoluzioni, alcune sofferte altre fortemente volute, a cominciare dall’infanzia in Romania, dove nacque e da cui scappò con la madre e i fratelli dopo l’uccisione del padre da parte dei nazisti. Rifugiatisi in Svizzera dallo zio, cominciarono una nuova vita prendendo il cognome della madre e, poco tempo dopo, Daniel scelse di dare – letteralmente – voce e corpo alla sua creatività frequentando la scuola di danza e teatro di Zurigo. Cominciò la sua vita di ballerino tra la fine degli anni Quaranta e l’inizio degli anni Cinquanta, si fece strada sperimentando il lavoro di coreografo e regista, parallelamente iniziò a dedicarsi alla poesia. Scelse di fondare una casa editrice a Parigi all’inizio degli anni Sessanta, conobbe artisti come Duchamp e Man Ray e di lì a poco diede alla luce i primi Tableaux-pièges, la sua produzione artistica tuttora più famosa. Nello stesso periodo, fu tra i firmatari del Manifesto del Nouveau Réalisme e nel 1961 vide organizzata una prima mostra di suoi lavori, tavoli sul cui piano campeggia ogni sorta di oggetto di uso quotidiano – “Io non faccio che mettere un po’ di colla su degli oggetti, non mi permetto alcuna creatività” – appesi poi a muro, ribaltati non solo nella collocazione ma anche a livello percettivo.

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