Corrono tempi difficili per i “cervelli in circolazione” in Europa. I migranti Ue in alcuni paesi come l’Inghilterra, dove i nostri connazionali sono in continuo aumento, (da un recente calcolo approssimativo dell’ambasciata italiana e il consolato presso il Regno Unito se ne contano, per ora, circa 500mila), iniziano ad essere considerati un problema per lo stato sociale.

Se negli scorsi mesi alcuni studi dell’Unione Europea hanno dimostrato l’importanza della mobilità per la creazione di lavoro, di nuove imprese e come antidoto alla disoccupazione (ridotta alla metà per i giovani in movimento, circa il 23%), ora interviene ponendo alcuni limiti per il migrante Ue. «I cittadini europei senza lavoro che si recano in un altro stato membro solo per ottenere assistenza sociale possono essere esclusi da alcuni benefit» così la Corte di Giustizia Ue in una recente sentenza sul «turismo del welfare» europeo.
Corte di Giustizia uno stop al turismo del welfare
Dopo il caso presentato alla Corte di Giustizia Europea di due cittadini di nazionalità romena, una madre e un figlio, che in Germania a Lipsia si sono visti negare l’assistenza sociale perché non economicamente sufficienti e non alla ricerca di un impiego, la Corte Ue ha chiarito la direttiva europea “Cittadino dell’Unione”. Per i primi cinque anni di soggiorno in un altro paese membro il cittadino in circolazione che risulti inattivo, non alla ricerca di lavoro e senza sufficienti mezzi per sostenersi può essere escluso da alcuni sussidi. Elisabeta Dano si è vista perciò rifiutare il sussidio di disoccupazione perché risulta non avere lavoro, non esserne alla ricerca e non avere particolari qualifiche professionali per cercare lavoro in Germania, residente dal 2010, meno di cinque anni, in Germania.
La discussione sulla partecipazione dei cittadini europei ai sistemi di welfare di altri paesi è particolarmente accesa proprio negli ultimi tempi.
«Gli interessi degli inglesi prima di tutto» nelle scorse settimane il premier britannico David Cameron, tentando di guadagnare terreno sul partito euroscettico dell’Ukip in vista delle elezioni di maggio, ha in più occasioni affermato di voler porre un limite a quella che definisce una migrazione economica. Troppi i benefit e i sussidi di cui godrebbero i cittadini europei trasferitisi in Gran Bretagna.
In arrivo espulsioni per i cittadini Ue che non trovano lavoro entro sei mesi di soggiorno in Gran Bretagna. Potranno usufruire di alcuni benefit previsti dall’assistenza sociale solo dopo quattro anni di residenza.
Open Europe torna la supremazia nazionale
Mentre il think tank inglese Open Europe preme politicamente sulla questione dei migranti europei e ha stilato una proposta al fine di una nuova direttiva Ue in materia di cittadinanza e integrazione. Tra i punti proposti da Open Europe, si legge che prima di tutto le prestazioni sociali, quali i finanziamenti pubblici per i tirocini, assegnazione di case popolari, dovrebbero essere riservate ai cittadini residenti e solo in circostanze limitate a nuovi arrivati. Secondo gli autori si dovrebbe ristabilire in poche parole la supremazia della cittadinanza nazionale su quella europea, minando così la ragione che sta dietro all’abbattimento delle frontiere dell’Ue, ossia il sentirsi ovunque cittadini europei.
L’immigrazione interna resta comunque una risorsa
Mentre in alcuni stati membri cresce l’insofferenza verso i migranti europei, uno studio del think tank economico Bruegel sostiene i diversi aspetti positivi di tale fenomeno; consente ai lavoratori di paesi in difficoltà di ridurre la pressione sul mercato del lavoro interno. Ma migliora anche il rapporto tra domanda e offerta, tra le capacità richieste dalle imprese e quelle offerte dai lavoratori, risolvendo problemi legati alla mancanza di alcune competenze e alle distorsioni del mercato del lavoro: pochi lavoratori con scarse qualifiche o pochi lavoratori altamente qualificati. Ma sono indubbi anche i vantaggi per il commercio e gli scambi internazionali che derivano dall’abbattimento delle barriere culturali.
Corrono tempi difficili per i “cervelli in circolazione” in Europa. I migranti Ue in alcuni paesi come l’Inghilterra, dove i nostri connazionali sono in continuo aumento, (da un recente calcolo approssimativo dell’ambasciata italiana e il consolato presso il Regno Unito se ne contano, per ora, circa 500mila), iniziano ad essere considerati un problema per lo stato sociale.