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Unione Europea: sorprendente 2016, storico 2017


Per l’Ue, il 2016 è stato un anno denso di colpi di scena: a partire dal referendum sulla Brexit, il fallito colpo di stato in Turchia, i ripetuti attentati terroristici perpetrati da frange fondamentaliste in mezz’Europa, la continua emergenza migranti, la caduta del governo in Italia e l’effetto Trump sul vento populista europeo.

Matteo Renzi, Angela Merkel e Francois Hollande rendono omaggio alla tomba di Altiero Spinelli sull'isola di Ventotene, 22 agosto 2016. REUTERS / Carlo Hermann / Pool

Per l’Ue, il 2016 è stato un anno denso di colpi di scena: a partire dal referendum sulla Brexit, il fallito colpo di stato in Turchia, i ripetuti attentati terroristici perpetrati da frange fondamentaliste in mezz’Europa, la continua emergenza migranti, la caduta del governo in Italia e l’effetto Trump sul vento populista europeo.

Allo stesso tempo non sono mancati i segnali positivi, come il risultato delle elezioni presidenziali austriache dove, al di là di ogni pronostico, si è assistito alla prima vera battuta d’arresto dell’estrema destra populista ed euroscettica. Se il 2016 non ci ha risparmiato sorprese, il 2017 non sarà da meno, visto che la successione di importanti elezioni in paesi chiave potrebbe determinare più che in passato il futuro corso degli eventi dell’Unione europea. Si partirà il 17 gennaio, quando il Parlamento europeo in plenaria rinnoverà la carica di Presidente del Parlamento europeo. Per la successione all’attuale Presidente, il socialista tedesco Schulz, che non si ricandiderà per correre alle elezioni nazionali tedesche, sono in lizza due italiani: il popolare Tajani contro il socialista Pittella. Si proseguirà il 20 gennaio, con l’insediamento ufficiale della nuova Amministrazione americana, la cui minor propensione alla cooperazione multilaterale renderà necessario per l’Ue decidere velocemente come affrontare non solo le questioni più importanti dell’agenda politica globale ma anche quelle più attinenti alle relazioni transatlantiche, a partire dalla realizzazione di una politica estera e di sicurezza comune dell’Ue, principale banco di prova del processo di integrazione politica. Il 12 febbraio sarà poi il turno delle elezioni presidenziali in Germania, che però non dovrebbero riservare sorprese, visto che sia il partito socialdemocratico sia quello dei cristianodemocratici sosteranno un unico candidato: l’attuale Ministro degli Esteri, il socialdemocratico Steinmeier. Il 15 marzo sarà il turno delle elezioni parlamentari in Olanda, dove il controverso leader della destra xenofoba olandese Wilders rimane in testa nei sondaggi. Seppur il sistema  proporzionale che regola le elezioni nel paese potrebbe non consentirgli una maggioranza sufficiente a governare, il rischio di una prolungata instabilità non è comunque da escludersi. Sempre il 15 marzo, la guerra civile siriana potrebbe entrare nel suo 7° anno di vita, a meno che russi, turchi ed iraniani non procedano ad un accordo politico per pacificare il paese. Se l’atteggiamento più defilato da parte dell’Amministrazione Obama in queste ultime fasi della guerra civile è comprensibile, visto l’imminente arrivo di Trump nell’Ufficio Ovale, non è altrettanto comprensibile il ruolo di auto-marginalizzazione e dunque insignificanza  che l’Ue ha deciso di scegliere per se stessa nella risoluzione di questo sanguinoso e lunghissimo conflitto. Sempre nel mese di marzo è inoltre atteso un summit decisivo per riaprire il dialogo tra Ankara e Bruxelles, dopo un 2016 durante il quale le relazioni tra Turchia ed Unione Europea hanno vissuto una lunga fase di tensione. Il 25 marzo ricorreranno i 60 anni della firma dei Trattati di Roma che, nel 1957, hanno istituito la Comunità Economica Europea e che sono ancora oggi considerati come uno dei momenti storici più significativi del processo di integrazione europea. In quell’occasione a Roma, i paesi membri si riuniranno per una ricorrenza che non può e non deve essere l’ennesimo evento di celebrazione e formalità, ma un’occasione per riflettere seriamente sull’effettiva disponibilità dei paesi membri a mettersi in gioco per rilanciare il processo politico europeo.

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