Usa: Austin in India, mentre con la Cina va male in Alaska
Mentre è gelo in Alaska durante il summit Usa-Cina, il segretario alla Difesa Austin arriva in India, per allinearsi contro la Cina. Ma a Nuova Delhi non piace schierarsi
Mentre è gelo in Alaska durante il summit Usa-Cina, il segretario alla Difesa Austin arriva in India, per allinearsi contro la Cina. Ma a Nuova Delhi non piace schierarsi
Mentre l’incontro in Alaska tra le delegazioni americana e cinese è andato peggio del previsto, con attacchi reciproci già davanti ai giornalisti, ieri il segretario alla Difesa degli Stati Uniti, Lloyd Austin, è arrivato in un Paese fondamentale nella strategia asiatica dell’amministrazione di JoeBiden: l’India. La sua visita durerà tre giorni, per concludersi domenica 21 marzo. E proprio la Cina sarà uno dei principali argomenti di conversazione con l’omologo indiano, Rajnath Singh, e con gli altri funzionari del governo di Narendra Modi.
Il contesto regionale
L’obiettivo di Washington è ricompattare le relazioni in Asia e mettere insieme un fronte per il contenimento della crescita della Cina. Un concetto tanto semplice da riassumere con le parole quanto poi complicato da tradurre nel concreto: benché le preoccupazioni per l’ascesa assertiva di Pechino siano diffuse nell’Indo-Pacifico, la regione resiste però all’idea di unirsi in un’esplicita alleanza anti-cinese.
Lo si è visto con la riunione dei leader del Quad, il forum sulla sicurezza di cui l’India fa parte e che l’America vorrebbe istituzionalizzare: nel comunicato finale del vertice la Cina non viene nominata mai. Una prudenza formale che è significativa, ma che non deve tuttavia indurre a pensare che il coordinamento tra i quattro membri per un “Indo-Pacifico libero e aperto” sia gracile.
L’importanza dell’India
A proposito di visione condivisa, è proprio la comune inquietudine nei confronti della potenza cinese ad aver favorito – anche sotto l’amministrazione Trump, ma già da prima – una crescita dei legami di sicurezza tra gli Stati Uniti e l’India.
Nel 2016, con Barack Obama alla Casa Bianca, Washington nominò Nuova Delhi “Major Defense Partner”; due anni dopo, all’India venne data la “Strategic Trade Authorization” di primo livello, consentendole di accedere a tutta una serie di tecnologie militari e a duplice uso regolate dal dipartimento americano del Commercio. I rapporti hanno continuato a proseguire, tra esercitazioni militari congiunte, addestramenti di truppe, accordi sul rifornimento reciproco delle navi da guerra e sulla condivisione di dati satellitari sensibili.
Tutto questo rappresenta la base di partenza per l’amministrazione Biden, che intende portare la cooperazione bilateralesulla difesa ancora più lontano. Nuova Delhi vuole lo stesso: il Governo indiano ha fatto sapere che la visita del segretario Austin permetterà ai due Paesi di discutere su come “consolidare la cooperazione tra le forze armate”, anche per quanto riguarda l’industria della difesa.
Il non-allineamento indiano e la questione russa
A complicare i piani degli Stati Uniti c’è però una differenza sostanziale di approccio: all’India il concetto di alleanza formale non piace. Il Ministro indiano degli Affari esteri, Subrahmanyam Jaishankar, era stato molto chiaro: “Non siamo mai stati parte di un sistema di alleanze e non lo saremo mai”.
In politica estera Nuova Delhi segue storicamente una dottrina di non-allineamento, di neutralità, che le consente di essere più sciolta nelle relazioni internazionali. Per esempio – rimanendo nel settore della difesa – l’India ha stretti rapporti con gli Stati Uniti ma anche con la Russia, da cui si rifornisce di armi e materiale militare, come il famigerato sistema missilistico S-400. Se l’India dovesse procedere con la transazione, l’America potrebbe non solo sanzionarla – replicando quanto fatto con la Turchia –, ma anche decidere di limitare l’approfondimento della partnership.
La presenza dell’S-400 russo è infatti ritenuta da Washington incompatibile con l’eventuale fornitura alle forze armate indiane di caccia statunitensi, come l’F-15EX di Boeing o l’F-21 di Lockheed Martin: gli americani non vogliono che i radar del sistema russo acquisiscano informazioni sul funzionamento dei due aerei.
Nell’agenda di Lloyd Austin non c’è dunque solo Pechino, ma anche Mosca.
L’Oceano Indiano
Al di là delle possibili frizioni per i legami con la Russia, che l’India abbia una grande importanza per gli Stati Uniti lo si nota anche dai dettagli apparentemente insignificanti.
In un comunicato del dipartimento americano della Difesa della settimana scorsa, nel quale si annunciavano i viaggi all’estero di Austin, si legge che lo scopo della visita del segretario in India è “l’avanzamento della cooperazione tra i nostri paesi per un Indo-Pacifico e un oceano Indiano occidentale liberi, prosperi e aperti”.
L’evidenziazione dell’Oceano Indiano nella formula solitamente usata da Washington per la regione è un segnale di attenzione agli interessi di Nuova Delhi. Mentre infatti gli americani hanno solitamente concentrato l’attenzione, in ottica anti-cinese, sull’oceano Pacifico (il mar Cinese meridionale), l’India si focalizza maggiormente sulla porzione occidentale dell’oceano Indiano. Se è vero che il capo dell’esercito del Pakistan ha invitato l’India a lasciarsi il passato alle spalle e a ripartire, Nuova Delhi non può (ancora?) ignorare la potenziale minaccia rappresentata da Islamabad, peraltro alleata di Pechino.
L’Oceano Indiano ha un’importanza strategica anche per il suo collegamento con la regione del corno d’Africa e in particolare con il Gibuti, nazione piccola ma dal grande valore di hub militare.
Mentre è gelo in Alaska durante il summit Usa-Cina, il segretario alla Difesa Austin arriva in India, per allinearsi contro la Cina. Ma a Nuova Delhi non piace schierarsi
Mentre l’incontro in Alaska tra le delegazioni americana e cinese è andato peggio del previsto, con attacchi reciproci già davanti ai giornalisti, ieri il segretario alla Difesa degli Stati Uniti, Lloyd Austin, è arrivato in un Paese fondamentale nella strategia asiatica dell’amministrazione di JoeBiden: l’India. La sua visita durerà tre giorni, per concludersi domenica 21 marzo. E proprio la Cina sarà uno dei principali argomenti di conversazione con l’omologo indiano, Rajnath Singh, e con gli altri funzionari del governo di Narendra Modi.
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