L’alleanza tra i due partner è diventata anche nucleare: gli Usa schiereranno sottomarini nucleari in Corea del Sud, periodicamente, e in cambio Seul ha accettato di non sviluppare armi nucleari proprie. Le reazioni dei Paesi rivali.
La visita di stato negli USA del Presidente sudcoreano Yoon Suk Yeol ha portato i suoi frutti: Washington si è impegnata ad assicurare a Seul un ruolo centrale nella pianificazione strategica per l’uso di armi nucleari nel caso di conflitto con la Corea del Nord. In cambio, la Repubblica di Corea ha rinunciato a sviluppare il proprio arsenale nucleare, un’idea che nell’ultimo periodo aveva più volte accarezzato la mente del signor Yoon. Biden ha anche annunciato che gli Stati Uniti invieranno nella penisola sudcoreana, periodicamente, dei sottomarini nucleari americani equipaggiati con missili balistici. Per quanto gli armamenti nucleari non sosteranno stabilmente, si tratta di un accordo spartiacque: era dal 1991 che gli Stati Uniti non dislocavano armi nucleari in Sud Corea.
La dichiarazione di Washington – il nome scelto per l’accordo – è stata annunciata il 26 Aprile 2023 e arriva in risposta alla crescente proliferazione nucleare nordcoreana, all’instabilità geopolitica generale che ha seguito la guerra in Ucraina e conferma il rinnovato protagonismo USA nell’Asia orientale. Non è una novità che gli Stati Uniti si dicano pronti a difendere il loro prezioso alleato asiatico, la novità sta nel linguaggio e nell’essere arrivati a un accordo che pone le basi per concretizzare le rassicurazioni date fino ad ora.
In termini pratici, gli Stati Uniti “si impegnano a fare tutto il possibile per consultarsi con la Repubblica di Corea su ogni possibile impiego di armi nucleari nella penisola coreana”, per favorire “un processo decisionale più approfondito e cooperativo sulla deterrenza nucleare”; anche attraverso “la condivisione di informazioni sulle crescenti minacce nucleari” alla Corea del Sud.
Inoltre, Seul e Washington istituiranno un nuovo gruppo consultivo nucleare per “rafforzare la deterrenza estesa, discutere di pianificazione nucleare e strategica e gestire” la crescente minaccia rappresentata da Pyongyang. Sempre seguendo quanto riportato nella dichiarazione: “L’Alleanza lavorerà per consentire l’esecuzione e la pianificazione congiunte”, nonché “per migliorare le esercitazioni e le attività di addestramento combinate sull’applicazione della deterrenza nucleare nella penisola coreana.”
In sintesi, Seul avrà un posto al tavolo quando si tratterà di pianificare qualsiasi strategia di risposta nucleare alla Corea del Nord. L’alleanza tra Washington e Seul diventa una simil-allenaza nucleare: anche se le armi nucleari sono di proprietà e sotto il controllo degli Stati Uniti – e non saranno stabilmente sul territorio sudcoreano – esse sono adesso parte dei mezzi dell’alleanza. E’ il primo passo per portare a un nuovo livello la cooperazione tra i due partner sulle questioni nucleari.
Risposte concrete a minacce concrete
Come mai questo accordo è stato raggiunto proprio ora? La Dichiarazione di Washington è lo specchio di un contesto geopolitico e securitario instabile, in cui hanno preso piede delle trasformazioni che non si sa ancora bene dove porteranno. La guerra in Ucraina non è solo una guerra europea, con gradi e modi diversi sta coinvolgendo tutte le principali potenze globali, aprendo gli occhi su delle dinamiche più grandi: dopo anni di stabilità egemonica – con gli Stati Uniti come unica superpotenza – il sistema internazionale è entrato in una transizione di potere pericolosa, in cui lo status quo viene messo in discussione da nuove superpotenze – come la Cina – e da superpotenze decadenti – come la Russia. L’Ucraina è stato il primo punto caldo ad esplodere, ma ce ne sono altri latenti e molti di questi sono in Asia.
All’instabilità generale, si aggiunge la specifica questione coreana, figlia della guerra tra superpotenze – USA, Russia e Cina – e mai arrivata a una soluzione. Negli ultimi anni Pyongyang ha rafforzato, ingrandito e reso più sofisticato il suo arsenale nucleare, dimostrando che le dure sanzioni a cui è sottoposto il Paese – tra i più isolati al mondo – non sono riuscite a fermare le sue ambizioni nucleari. Da gennaio 2022, la Corea del Nord ha lanciato ben oltre 100 missili e recentemente ha confermato di aver lanciato con successo un nuovo tipo di missile balistico a combustibile solido, più stabile e rapido.
Seul ha una doppia preoccupazione: da un lato, che l’instabile Presidente nordcoreano Kim – con cui sembra essere impossibile dialogare sul tema della proliferazione nucleare – possa, prima o poi, arrivare ad attaccare seriamente la Corea del Sud. Dall’altro lato, essendo la Corea del Nord una minaccia anche per gli Stati Uniti, l’altra preoccupazione sudcoreana riguarda la possibilità che Biden, o un successivo Presidente USA, possa spingere il pulsante nucleare senza prima confrontarsi con l’alleato. Tutto ciò aveva spinto la Repubblica di Corea e i suoi cittadini a diventare sempre più propensi allo sviluppo di armi nucleari proprie.
La Dichiarazione di Washington mira a mitigare questo sentimento. In essa, Yoon ha “riaffermato l’impegno di lunga data” della Repubblica di Corea nei confronti del Trattato di non Proliferazione Nucleare, che vincola il Paese a non costruire un proprio arsenale di armi nucleari.
Gli scontenti
Come era facile aspettarsi, l’accordo non è piaciuto per nulla ai Paesi rivali.
Non si sono fatte attendere le dichiarazioni di Pyongyang. A parlare è stata Kim Yo-jong, la sorella di Kim Jong-un, che occupa una posizione di rilievo nel Comitato Centrale del Partito e si dice che abbia influenza sul fratello. La signora Kim ha dichiarato che: “Più i nemici sono decisi a organizzare esercitazioni di guerra nucleare e più mezzi nucleari dispiegano nelle vicinanze della penisola coreana, più forte diventerà l’esercizio del nostro diritto all’autodifesa in modo direttamente proporzionale”. Secondo Kim Yo, la mossa “avrebbe come unico risultato quello di esporre la pace e la sicurezza dell’Asia nord-orientale e del mondo a un pericolo più grave”.
Alle posizioni nordcoreane si sono unite anche Russia e Cina. Per quanto il rapporto tra queste e la Corea del Nord rimanga una questione complicata, la guerra in Ucraina ha sicuramente unito le tre potenze nucleari, accomunate dal risentimento contro gli Stati Uniti e l’ordine a guida occidentale.
Il portavoce del Ministero degli Esteri cinese, Mao Ning, ha risposto all’accordo tra gli Stati Uniti e la Corea del Sud in una conferenza stampa di routine, giovedì 27, affermando che “gli Stati Uniti, al fine di realizzare i propri interessi geopolitici e trascurando la sicurezza regionale, hanno insistito nell’utilizzare la questione della penisola per creare tensioni”. Le azioni degli Stati Uniti sono state definite “piene di mentalità da Guerra Fredda” e minatorie del sistema di non proliferazione nucleare, danneggiando gli interessi strategici di altri Paesi, esacerbando le tensioni nella penisola, minando la pace e la stabilità regionale. “La Cina si oppone fermamente a tutto ciò” ha dichiarato Mao.
Venerdì 28 si è espresso poi il Ministro degli esteri russo a riguardo, affermando che la “dichiarazione di Washington” rischia di destabilizzare non solo la regione, ma il mondo intero, con il rischio di intensificare la corsa agli armamenti. “Questo sviluppo è chiaramente destabilizzante e avrà gravi conseguenze negative per la sicurezza regionale, con un impatto sulla stabilità globale”, ha dichiarato il Ministero degli Esteri russo in un comunicato.
La visita di stato negli USA del Presidente sudcoreano Yoon Suk Yeol ha portato i suoi frutti: Washington si è impegnata ad assicurare a Seul un ruolo centrale nella pianificazione strategica per l’uso di armi nucleari nel caso di conflitto con la Corea del Nord. In cambio, la Repubblica di Corea ha rinunciato a sviluppare il proprio arsenale nucleare, un’idea che nell’ultimo periodo aveva più volte accarezzato la mente del signor Yoon. Biden ha anche annunciato che gli Stati Uniti invieranno nella penisola sudcoreana, periodicamente, dei sottomarini nucleari americani equipaggiati con missili balistici. Per quanto gli armamenti nucleari non sosteranno stabilmente, si tratta di un accordo spartiacque: era dal 1991 che gli Stati Uniti non dislocavano armi nucleari in Sud Corea.