Silent Contest è un documentario realizzato dall’Esercito cinese che dimostrerebbe come gli Stati Uniti abbiano come unico obiettivo, quello di disgregare la Cina. Ci aveva già pensato il Documento Numero 9 – i cui stralci erano stati pubblicati dalla stampa internazionale, per primi dal New York Times – a gettare discredito tra la Cina e l’Occidente: un documento, pare approvato dai leader del Partito, nel quale veniva messo in evidenza il rischio che la Cina correva, nel caso in cui alcune idee occidentali avessero cominciato a serpeggiare nella società cinese. Democrazia, diritti umani, informazione senza controlli: tutti rischi che il Documento Numero 9 metteva all’ordine del giorno per la Cina.
Poi è arrivato il Terzo Plenum, le riforme economiche e quelle sociali, tra le quali l’abolizione dei campi di lavoro, i laojiao (ancora però non è stato specificato cosa li sostituirà e quando), l’ammorbidimento della legge del figlio unico (tema che sembra appassionare soprattutto gli occidentali più che i cinesi) e infine la diminuzione dei reati per i quali le corti cinesi decideranno per la pena di morte. In questo clima di minima apertura, il dissidente Liu Xiaobo avrebbe anche chiesto di rifare il processo; si tratta però di una situazione piuttosto tipica in Cina, quando a prospettive anche minime di aperture, rispondono durezze consuete, come possono essere lette la necessità di istituire un Consiglio Nazionale di Sicurezza o anche l’irrigidimento della censura e el controllo on line, di cui ancora si aspettano i dettagli.
La Cina, però, rimane la Cina, un mondo spesso oscuro e in cui le contraddizioni vivono quotidianamente, di fronte ai nostri occhi occidentali. Ed ecco che nel momento in cui Pechino prova a ricucire rapporti economici con l’Europa e procede al consueto balletto diplomatico con gli Stati Uniti, un documento video, pare, prodotto dall’Esercito di Liberazione, getta nuova benzina sui rapporti tra le due potenze del mondo.
Si tratta di Silent Contest, un documentario di 92 minuti, «presumibilmente prodotto dalla cinese PLA National Defense University (NDU), che ha provocato grande dibattito online – ha scritto il Global Times – Il film è un’esplorazione della convinzione che gli Stati Uniti restano un nemico della Cina e che Washington non ha mai sopito le sue strategie di occidentalizzare e dividere la Cina».
Il video pare abbia avuto una diffusione virale, su internet tra appassionati. Dopo le prime proteste on line pare che il video sia stato ritirato. Il Global Times ne parla in termini tra il critico e il rigoroso, rimanendo in quella consueta posizione cinese che da un lato pare di condanna, a testimoniare il superamento di antiche dicotomie, dall’altro sembra invece registrare con fastidio quelle mosse statunitensi che confermerebbero la tesi del film (e bisogna dire che non pochi sono i cinesi che sostengono la tesi di Silent Contest).

Si tratta quindi di capire le ragioni per cui un film del genere viene diffuso: «Gli accademici militari spesso cercano di aumentare il loro profilo personale – ha scritto il quotidiano cinese – con commenti nazionalistici destinati a un pubblico giovane, arrabbiato e in gran parte maschile. Ma i commentatori, come J. Michael Cole del Diplomat, indica il film come parte di “un dialogo in corso e di manovre per l’influenza ” in un contesto politico più ampio».
E rieccoci alla consueta Cina, con una parte dell’esercito e presumibilmente del Partito che spinge per ricordare l’importanza del nazionalismo e dell’identità cinese e che cerca spazi, anche bizzarri come nel caso di Silent Contest, per influenzare il proprio campo d’azione.
Il film è doppiato da Ren Zhihong, un popolare presentatore televisivo cinese, «noto per la sua voce chiara» e avrebbe contenuto «filmati storici, dichiarazioni o citazioni da parte di politici e studiosi nazionali e all’estero, e le interviste con diversi alti funzionari militari cinesi».
La tesi è molto semplice: il processo «per realizzare il ringiovanimento della Cina è inevitabilmente accompagnato dalla competizione e la lotta con il sistema egemonico degli Stati Uniti, e si tratta di una competizione secolare indipendente dalla volontà dell’uomo». Con il crollo dell’Unione Sovietica, questa partita è ormai davanti agli occhi di tutti: «la Cina è diventata l’obiettivo principale degli Stati Uniti per effettuare modificazioni politiche genetiche».
Non mancano infine critiche nei confronti dei social network e di quelle ong o fondazioni che nascondendo il loro reale interesse, maschererebbero con azioni di supporto (o di studio) al popolo cinese, la propria funzione disgregatrice della nazione cinese.