Il Venezuela attraversa una fase politica e sociale delicata. Le elezioni per l’Assemblea Costituente sono state fortemente boicottate dall’opposizione, che da aprile chiede al Presidente Maduro un cambio alla guida del Paese. Il governo italiano si è espresso contro la legittimità di tali elezioni e il premier Gentiloni ha criticato – via Twitter – la conduzione dai domiciliari al carcere di Leopoldo Lopez e Antonio Ledezma, due dei principali leader dell’opposizione. Ledezma, nel frattempo, ha fatto ritorno presso la propria residenza.
I risultati sull’affluenza delle elezioni sono stati contestati da Smartmatic, la società che gestisce la fase tecnologica del voto, che ha denunciato una manipolazione di almeno un milione di voti. Intanto, dall’inizio delle proteste di aprile, si stima che le morti siano più di 120. Il Vaticano continua a predicare la necessità di un dialogo per la pace, mentre Stati Uniti ed altri paesi hanno applicato e minacciato sanzioni, definendo il governo Maduro come una «dittatura».
Eastwest ha intervistato in esclusiva, Julián Isaías Rodríguez Díaz, ambasciatore straordinario e plenipotenziario della Repubblica Bolivariana del Venezuela presso la Repubblica Italiana, oltreché professore universitario ed esperto in diritto costituzionale e diritto del lavoro. Il capo missione, che al momento si trova in Venezuela e farà rientro a Roma nei prossimi giorni, ha tracciato un quadro diverso della situazione rispetto a quello denunciato sia da Eastwest che da altre testate internazionali. È un’intervista che – aldilà delle opinioni politiche personali ed editoriali – offre spazio a un rappresentante ufficiale per esprimere il proprio pensiero su cosa stia succedendo in Venezuela.
Ambasciatore, possiamo affermare che il Venezuela è uno Stato democratico?
«Il Venezuela è uno stato democratico come sancito negli articoli 2 e 6 della Costituzione della Repubblica Bolivariana del Venezuela. Lo è anche per aver stabilito il voto diretto e segreto attraverso il suffragio universale (Art. 63). Lo è anche per i numerosi processi elettorali realizzati in breve tempo (21 in 18 anni). Se poi si cerca la stessa risposta nella dichiarazione dei diritti umani, anche questa conferma il suo carattere democratico. Ma soprattutto è uno stato democratico per aver stabilito una democrazia partecipativa e protagonista (art. 70), più efficace della democrazia rappresentativa borghese. La democrazia venezuelana si contraddistingue inoltre per il suo carattere diretto che si esprime ed esercita attraverso quattro tipi di referendum: Consultivo (Art. 71), di Revoca (Art. 72), Approvativo (Art 73.) Abrogativo (Art 74) e per l’Assemblea Costituente (Art. 347)».
Qual è il suo giudizio sulle elezioni dello scorso 30 luglio per l’Assemblea Costituente?
«A partire dalla conquista e la colonizzazione europea, i popoli e le nazioni dell’America Latina e dei Caraibi hanno dovuto affrontare il dominio straniero, prima i colonialisti, poi i neocolonialisti e infine gli imperialisti. Gli Stati Uniti hanno scatenato una lotta per affermarsi come potenza dominante nel continente dal momento in cui proclamarono la loro indipendenza nel 1776. Secondo quanto stabilito dalla nostra Costituzione, il Venezuela è il depositario di questo potere, chiamato anche potere originario che si fonda direttamente sul popolo. L’Assemblea Costituente è stata convocata due volte: il 3 agosto 1999 e il 30 luglio 2017. Si tratta dell’espressione più completa di un autentico potere popolare. Possiede un rango gerarchicamente superiore al potere costituito e può legittimamente trasformare lo stato, creare un nuovo ordinamento giuridico e redigere una nuova costituzione. A mio avviso, l’America Latina, da poco più di venti anni, si trova a vivere un momento costituente indispensabile per definire le proprie istituzioni senza influenze euro-centriche e nordamericane».
Dinnanzi alle diverse necessità della popolazione, le elezioni per un’Assemblea Costituente rappresentano davvero la priorità?
«Gli europei credono di averci scoperto. Questo fatto, che ha dato come risultato la conquista, ha permesso in primo luogo all’Europa e poi agli Stati Uniti d’America, di esercitare dopo i processi d’indipendenza uno pseudo colonialismo che ha limitato lo sviluppo, l’autonomia e lo sviluppo culturale, sociale ed economico della Nostra America. È stata annientata la nostra antica civiltà e i valori culturali, religiosi, etici, di convivenza con la natura, i valori di solidarietà e libertà. Inizialmente l’egemonia della Spagna e del Portogallo, poi gli Stati Uniti, la Gran Bretagna, la Francia, l’Olanda e la Germania hanno condizionato sulla nostra cultura fino al punto di radicare costumi, lingua, religione, alimentazione, vestiti, musica e arte, scienza, con l’intenzione di imporre istituzioni che non corrispondono al nostro modo di essere e di pensare. Di fronte a tutto ciò non c’è niente altro da fare se non recuperare il potere originario che ci permette di indagare su chi siamo, da dove veniamo e dove andiamo. Per noi sarà sempre una priorità il potere costituente, perché lo schiacciamento politico ed economico non ci ha permesso di sviluppare il nostro processo di civilizzazione. Bisogna rompere l’onnipotenza imperialista della tutela per poter vivere l’archeologia della nostra storia. Questo è quello che Evo Morales giustamente ha chiamato: “un momento epocale per i nostri processi costituenti”».
La maggior parte della Comunità Internazionale non riconosce la Costituente voluta dal Presidente Maduro. Questo determinerà un’inversione di rotta?
«Non è la maggior parte della comunità internazionale. A non riconoscere la Costituente sono solo l’Europa e 9 dei 35 paesi che compongono il continente americano tra i quali Stati Uniti e Canada. Asia, Africa, Cina e più di 25 paesi latino-americani appoggiano l’iniziativa Costituente. La rotta non cambierà, possibilmente assumerà una maggiore accentuazione progressista in America Latina, dove siamo un esempio di resistenza».
Il Ministro Alfano ha espresso preoccupazione per l’elezione dei membri della Costituente. Come giudica la posizione del governo italiano fin dall’inizio delle tensioni sociali e politiche nel Paese?
«Confusa, che subisce l’influenza degli Stati Uniti e dell’Europa dei governi conservatori, senza una leadership rilevante ad eccezione della Germania che continua ad esercitare un dominio chiaro e manifesto sul resto dell’Unione Europea a suo beneficio».
Perché non vengono indette nuove elezioni o si pensa a un governo d’unità nazionale?
«Queste sono le proposte degli Stati Uniti e dell’Unione Europea. La conquista di nuovi spazi politici, sociali economici e culturali sono gli obiettivi della nuova America Latina. Stiamo sviluppando la nostra seconda indipendenza, quella ideologica, oggi la battaglia si fa sulle idee e sulle proposte per la sovranità e l’integrazione del continente basati su un’egemonia diversa».
Lei crede che esista un progetto della “destra imperialista” e degli “USA” per indebolire il governo Maduro?
«Senza alcun dubbio,“la destra imperialista” è una ridondanza che si è ingrandita e diventa più ampia quando è unita agli Stati Uniti. C’è un interesse transnazionale, neoliberista e fascista che intende inghiottire il mondo come ha fatto con l’Europa “civilizzata” di oggi. Il mondo è governato da un pensiero unico guidato dall’élite finanziarie dei potenti interessi economici. L’unica strada per la pace è fermarli».
Il governo Maduro è ancora in grado di guidare il paese?
«Ha saputo rispondere alle sfide politiche. L’Assemblea Costituente è una di queste risposte. L’appoggio popolare è la prova che il popolo salva il popolo, e che quando risponde possiede la fermezza dell’eredità storica. In Venezuela oggi c’è un nuovo soggetto: il potere costituente con la forza originaria del popolo come leader del proprio destino. Non c’è solo un governante ma milioni di governanti uniti con un unico scopo e determinati ad affrontare con sacrificio la contingenza di una lotta che non è né di oggi, né di ieri, ma perdura da quando ci siamo liberati dalla Spagna e dal Portogallo, ma non dagli Stati Uniti e dall’Europa».
Lei si è relazionato con la Santa Sede per favorire un processo di pace in Venezuela?
«Queste azioni non sono di nostra competenza perché corrispondono direttamente al governo nazionale o all’ambasciata della Repubblica Bolivariana del Venezuela presso la Santa Sede. Posso solo attestare la buona volontà del Santo Padre di confrontarsi con le politiche aggressive degli Stati Uniti con un discorso improntato al dialogo e alla pace che ha cercato di farsi valere a Cuba, in Colombia e ora in Venezuela».
Gli USA prospettano sanzioni verso il Venezuela. È una misura che vi preoccupa?
«Sì e no. Siamo preoccupati perché non è lo stesso agire senza blocchi e senza minacce che invece agire in modo riflessivo e giudiziosamente ricercando soluzioni politiche, diplomatiche ed economiche che siano a favore delle nostre cause. Mentre invece non ci preoccupa perché è sempre stato così. Ci sono misure che vengono decretate e rese pubbliche mentre ce ne sono altre che vengono fatte in segreto, in modo clandestino, come quelle che sono state attuate in America Latina per cercare di smontare i processi progressisti in Argentina, Brasile, Paraguay, CARICOM e nei paesi dell’Alba. Misure per cercare di smantellare la CELAC e distruggere il MERCOSUR. Siamo abituati ai doppi standard in America Latina e lottiamo per questo. La Costituente venezuelana è la risposta storica al costante saccheggio delle nostre ricchezze e della nostra sovranità».
Come commenta la notizia di Smartmatic secondo cui i dati sulle elezioni sarebbero stati manipolati?
«La verità può essere verificata, di certo non le ceneri».
@AlfredoSpalla
Il Venezuela attraversa una fase politica e sociale delicata. Le elezioni per l’Assemblea Costituente sono state fortemente boicottate dall’opposizione, che da aprile chiede al Presidente Maduro un cambio alla guida del Paese. Il governo italiano si è espresso contro la legittimità di tali elezioni e il premier Gentiloni ha criticato – via Twitter – la conduzione dai domiciliari al carcere di Leopoldo Lopez e Antonio Ledezma, due dei principali leader dell’opposizione. Ledezma, nel frattempo, ha fatto ritorno presso la propria residenza.
I risultati sull’affluenza delle elezioni sono stati contestati da Smartmatic, la società che gestisce la fase tecnologica del voto, che ha denunciato una manipolazione di almeno un milione di voti. Intanto, dall’inizio delle proteste di aprile, si stima che le morti siano più di 120. Il Vaticano continua a predicare la necessità di un dialogo per la pace, mentre Stati Uniti ed altri paesi hanno applicato e minacciato sanzioni, definendo il governo Maduro come una «dittatura».
Eastwest ha intervistato in esclusiva, Julián Isaías Rodríguez Díaz, ambasciatore straordinario e plenipotenziario della Repubblica Bolivariana del Venezuela presso la Repubblica Italiana, oltreché professore universitario ed esperto in diritto costituzionale e diritto del lavoro. Il capo missione, che al momento si trova in Venezuela e farà rientro a Roma nei prossimi giorni, ha tracciato un quadro diverso della situazione rispetto a quello denunciato sia da Eastwest che da altre testate internazionali. È un’intervista che – aldilà delle opinioni politiche personali ed editoriali – offre spazio a un rappresentante ufficiale per esprimere il proprio pensiero su cosa stia succedendo in Venezuela.