Cosa significano quei droni contro Maduro e il suo Stato maggiore
Che l'attentato durante la parata militare a Caracas sia stato ordinato dall'estero, come sostiene Maduro, che venga da frange interne al chavismo o che sia commissionato sul modello del golpe turco, mai come questa volta è possibile dire che il re è nudo
Che l’attentato durante la parata militare a Caracas sia stato ordinato dall’estero, come sostiene Maduro, che venga da frange interne al chavismo o che sia commissionato sul modello del golpe turco, mai come questa volta è possibile dire che il re è nudo
Di quello che è successo sabato 4 agosto a Caracas si ha a disposizione una gran quantità di dichiarazioni e molte poche informazioni. Si sa che sette persone sono detenute, alcune già poco dopo la detonazione dei due droni carichi di esplosivo, e che le operazioni di polizia continuano in queste ore. Dei mandanti il presidente Nicolas Maduro già conosce i nomi, primo fra tutti Juan Manuel Santos, il suo omologo colombiano. Così almeno lo stesso sabato il presidente venezuelano si diceva sicuro in tivù un paio d’ore dopo i fatti.
Le scarse informazioni, la retorica bulimica e la pervicace opacità delle istituzioni fanno sì che si sia gonfiata la ridda di speculazioni e si rincorrano le versioni più fantasiose, mentre tutti si chiedono cosa succederà ora.
Il tweet di Luis Vicente Leon, l’analista forse più conosciuto del Paese, vale per tutti: «E’ normale, quando gli interlocutori hanno mentito tanto, che le loro informazioni non siano prese in considerazione per tirare conclusioni valide». La mancanza di autorevolezza di qualsiasi agenzia statale è così forte che le versioni ufficiali non vengono mai prese sul serio. Anche gli scampoli di verità in Venezuela sono merce rara.
Qualunque siano le dinamiche dell’attentato, qualcosa di importante è successo in Avenida Bolivar, a pochi passi dal terminal dei bus del Nuevo Circo, sopra la testa di centinaia di soldati della Guardia Nazionale Bolivariana che festeggiava i suoi 81 anni di esistenza e sotto lo sguardo delle più alte autorità venezuelane. “Un attentato aperto al pubblico”, lo ha definito il giornale digitale RunRun, riferendosi alla diretta televisiva e ai tanti che osservavano la cerimonia dalle terrazze delle case attorno, incuriositi anche dal fatto che questi riti militari di solito si svolgono all’interno di recinti come Forte Tiuna, la cittadella verde oliva.
L’impatto simbolico è stato enorme. Mai si era visto il più alto gruppo di potere militare e civile così vulnerabile e spaventato. E mai si erano viste le truppe della Guardia Nazionale Bolivariana – responsabile peraltro della repressione delle proteste esplose l’anno scorso – rompere le righe e fuggire nel panico.
Le poche e frammentarie immagini della Vtv, la televisione di Stato, che riprendeva in diretta la cerimonia, alla fine sono spietate: il sussulto della primera damaCilia Flores che si avvinghia per un momento al braccio di un alto giudice, le parole interrotte di Maduro e i suoi occhi che scrutano il cielo, l’attaché che prende per la cintura il potente ministro della Difesa, il generale Vladimir Padrino Lopez, lo sguardo confuso dell’intero Stato maggiore, gli agenti di sicurezza che circondano il presidente e aprono gli scudi di Kevlar e persino un grande ombrello nero. E poi la fuga concitata dal palco. In un’altra immagine un soldatino impassibile gira solo gli occhi. Nel terzo frame, i soldati riuniti in figura che si muovono come uno sciame spaventato.
La forza simbolica di quei fotogrammi ha inevitabilmente una potente carica politica. E’ andata in scena la vulnerabilità di un intero apparato di potere, che non sembra sapere come uscire dal vicolo cieco in cui ha infilato un Paese dove tutto sta per collassare. E in questo precipitare continuo, si è sterilizzata qualsiasi possibilità di un cambiamento. Maduro stesso finora si è presentato come l’alternativa a Maduro.
E’ quello che il sociologo Emiliano Teran Mantovani definisce «il vero governo di transizione». Lo spiega a eastwest.eu così: «Questo gruppo di potere dal 2013 ha perseguito con costanza l’uscita dal chavismo come lo abbiamo conosciuto, per costruire qualcos’altro di apertamente autoritario, liberandosi di qualsiasi contrappeso legale, istituzionale e sociale e con politiche neo-liberiste e di svendita dello Stato e delle sue risorse».
Se anche fosse così, ovvero un grande paradosso politico, cosa significa l’attentato di sabato 4 agosto?
In molti settori di opposizione si parla del modello Erdogan – peraltro grande alleato ed estimatore di Maduro, ricambiato – con la vicenda del golpe e il dispiegamento del suo potere assoluto. Ma anche senza considerare questo scenario, i fatti di sabato potrebbero davvero fare accendere altri ipotesi. Se quella di Maduro fosse davvero una transizione già in atto, sarebbe in una fase enormemente delicata e pericolosamente in movimento.
I droni esplosivi lanciati sul palco del potere mostrano vulnerabile il presidente e scivoloso il suo progetto, sia nel caso abbiano mani straniere, il che significherebbe che la pressione internazionale sta prendendo davvero un’altra piega, sia nel caso in cui i mandanti siano interni al Paese, il che implicherebbe faglie sempre più incontrollabili nella lotta di potere dentro il chavismo.
Il Venezuela è immerso in una realtà distopica. Qualche giorno prima dell’attentato, un docente della Ucv, la Universidad Central de Venezuela, raccontava a chi scrive il senso di desolazione e di impotenza: «Credo che ci siamo battuti inutilmente per reclamare una via d’uscita, senza accorgerci che eravamo già altrove, in un terreno nuovo dove loro stessi ci hanno portato coscientemente. Abbiamo solo reagito per un riflesso incondizionato. Ora siamo in attesa di qualcosa, forse un fatto tragico o esterno che faccia precipitare la situazione; potrebbe persino essere qualcosa di banale, capace di inceppare questa macchina infernale».
Che l’attentato durante la parata militare a Caracas sia stato ordinato dall’estero, come sostiene Maduro, che venga da frange interne al chavismo o che sia commissionato sul modello del golpe turco, mai come questa volta è possibile dire che il re è nudo
Di quello che è successo sabato 4 agosto a Caracas si ha a disposizione una gran quantità di dichiarazioni e molte poche informazioni. Si sa che sette persone sono detenute, alcune già poco dopo la detonazione dei due droni carichi di esplosivo, e che le operazioni di polizia continuano in queste ore. Dei mandanti il presidente Nicolas Maduro già conosce i nomi, primo fra tutti Juan Manuel Santos, il suo omologo colombiano. Così almeno lo stesso sabato il presidente venezuelano si diceva sicuro in tivù un paio d’ore dopo i fatti.
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