Una politica di riconciliazione si prospetta sul comune orizzonte del sito di micro-blogging e quello delle istituzioni turche. Dopo la riunione tra alcuni membri del governo di Ankara e i manager di Twitter, il 15 Aprile i rappresentanti del sito dei cinguettii hanno anche incontrato il presidente turco Abdullah Gul.

Il confronto “è stato positivo”, hanno reso noto i rappresentanti dell’ Autorità Turca per le Tecnologie Informatiche, mentre i delegati dell’azienda americana non si sono espressi riguardo i risultati dei colloqui.
Twitter era stato bloccato lo scorso 20 Marzo, dopo la diffusione di intercettazioni compromettenti per Erdogan e il sospetto di un coinvolgimento di uomini vicini al premier in scandali di corruzione. Nonostante la Corte Costituzionale avesse bloccato il provvedimento ministeriale, considerato incostituzionale, il governo aveva continuato comunque la propria battaglia contro il social network, chiudendolo del tutto. Ovviamente la censura non è durata a lungo, e il governo è stato costretto a riaprire il sito. A poche settimane dal caos digitale, Ankara sembrerebbe adesso pronta per una tregua.
Tramite l’agenzia di stampa turca “Anadolu”, la Turchia sostiene e rende noto di aver trovato un “terreno comune” per una possibile riapertura del dialogo, dopo le accuse di evasione fiscale della sede turca di Twitter mosse da Ankara.
Il fulcro principale delle discussioni sarebbe stato l’incapacità di Twitter di accettare la richiesta turca di agire in accordo con le decisioni dei tribunali turchi: Twitter avrebbe adesso promesso di applicare più velocemente ed efficacemente al proprio sito le ordinanze dei tribunali che impongono l’eliminazione di alcuni link ritenuti illegali.
Mentre Facebook infatti viene considerato più “innocuo” e – al contrario – di supporto ai governi autocratici grazie alla sua semplice opzione di bannare pagine e gruppi dell’opposizione o anti-governo, Twitter è decisamente più complesso da gestire e i suoi contenuti più difficili da controllare a causa della velocità di diffusione delle famose hashtags, che possono diventare virali e incensurabili in pochi secondi, a meno che non si sequestrino gli account coinvolti. Twitter è anche molto più semplice da hackerare: basti pensare che – paradossalmente – dopo la chiusura del sito è stata registrata in Turchia una percentuale di tweets al minuto molto più alta del normale, anche ad opera di account dei membri dell’AKP, come il sindaco di Ankara. Trovare modi alternativi per ripristinare il sito censurato é stato in fondo piuttosto facile.
Dopo ore di colloqui, a cui ha preso parte il capo delle relazioni pubbliche di Twitter a livello globale e il leader del Btk (l’Istituzione delle tecnologie della comunicazione turca), la Turchia si mostra adesso fiduciosa riguardo il raggiungimento di un compromesso conveniente per entrambe le parti.
Dopo il “Tutta colpa di Twitter” del premier Erdogan, che aveva individuato proprio in Twitter il focolaio delle rivolte di Giugno e Marzo, la porta del dialogo sembrerebbe pian piano riaprirsi, mentre molti cittadini sperano che il prossimo sito web a riappacificarsi con il governo turco sia quello di YouTube.
Una politica di riconciliazione si prospetta sul comune orizzonte del sito di micro-blogging e quello delle istituzioni turche. Dopo la riunione tra alcuni membri del governo di Ankara e i manager di Twitter, il 15 Aprile i rappresentanti del sito dei cinguettii hanno anche incontrato il presidente turco Abdullah Gul.