A pochi mesi dalla fine del suo mandato, il presidente messicano incassa una nuova importante vittoria con l’approvazione del suo progetto di riforma della magistratura. Scontri e incidenti al Senato hanno segnato il dibattito, mentre i giudici denunciano un attacco contro l’indipendenza della giustizia
Il governo uscente del presidente messicano Andrés Manuel López Obrador ha ottenuto un ultimo importante successo questo mercoledì con l’approvazione da parte del Senato della polemica riforma della giustizia voluta dal Movimiento de Refundación Nacional (Morena), al governo. Com’era già successo durante il dibattito alla Camera la settimana scorsa, anche la sessione del Senato è stata segnata da incidenti e scontri: un migliaio di manifestanti infatti hanno fatto irruzione con la forza nel palazzo legislativo per cercare di interrompere i lavori, che sono ripresi però dopo alcune ore. Il governo ha ottenuto in extremis la maggioranza qualificata di 86 senatori di cui aveva bisogno, grazie al voto di tre senatori dell’opposizione.
La manovra fa parte del pacchetto di 20 riforme costituzionali presentate dal presidente López Obrador nel febbraio scorso, e prevede l’elezione diretta dei giudici, la riduzione dei membri della Corte Suprema da 11 a 9, la creazione di un Tribunale di Disciplina e di un organo di amministrazione giudiziaria. Da mesi, la magistratura messicana è virtualmente bloccata da uno sciopero a tempo indeterminato lanciato dai sindacati del settore, accompagnato da grandi manifestazioni che hanno visto scendere in piazza addirittura alcuni membri della Corte Suprema. Mercoledì scorso, durante la discussione alla Camera, in migliaia sono scesi nelle strade della capitale, obbligando addirittura i deputati a tenere la sessione, che ha approvato la riforma, in una sede alternativa.
Il punto più discusso della riforma riguarda l’elezione diretta di circa 1600 membri del potere giudiziario, tra cui i ministri della Corte Suprema, i membri del contestatissimo Consiglio della Magistratura, i giudici del Tribunale Elettorale Federale, e quelli delle diverse circoscrizioni presenti nel paese. Secondo i detrattori del progetto, ciò permetterebbe ad un partito che ha la maggioranza nella maggior parte delle istituzioni dello stato (come nel caso di Morena), di assumere il controllo di tutti i poteri senza un contrappeso.
Il sistema giudiziario messicano però è anche duramente contestato dalla popolazione. Diversi scandali di corruzione, nepotismo e connivenza con i cartelli del narcotraffico hanno scosso la magistratura messicana, e l’attuale struttura istituzionale è stata incapace di dissipare i dubbi e le pesanti accuse che pesano su molti dei giudici messicani. I sondaggi piú recenti mostrano infatti che una schiacciante maggioranza della popolazione messicana è convinta che la magistratura del proprio paese sia dominata dalla corruzione, che i giudici debbano essere scelti direttamente dai cittadini, e che una riforma giudiziaria come quella approvata questa settimana sia necessaria per il futuro del Messico.
L’egemonia ottenuta da Morena in tutti gli ambiti dello stato dopo le elezioni del giugno scorso però, alimenta il timore sulla continuità dell’indipendenza della magistratura. Il governo di López Obrador ha già operato una riforma del Tribunale Elettorale, che ha recentemente convalidato una polemica interpretazione della costituzione che permette a Morena di detenere il controllo del 73% del Parlamento nonostante abbia ottenuto il 55% dei voti alle ultime legislative. Diverse altre istituzioni, tra cui molti organismi di controllo, sono ora nel mirino del partito di governo. Quello della nuova presidente eletta Claudia Sheinbaum sarà dunque un governo sottomesso al vaglio dell’opinione pubblica internazionale in quanto alla tenuta democratica di molte delle istituzioni messicane. Il progetto del governo, in ogni caso, intende ridurre chiaramente il potere della Corte Suprema e dei suoi ministri: ne riduce il mandato da 15 a 12 anni, ne riduce il salario, che non potrà essere superiore a quello del presidente, ed elimina le pensioni a vita che percepivano i giudici in Messico.
Durante le ultime settimane, il dibattito intorno alla riforma della giustizia ha assunto anche una dimensione internazionale. L’Ambasciatore degli Usa a Città del Messico, Ken Salazar, ha pubblicato una nota con forti critiche al progetto presentato dal governo, in cui sostiene che si tratta di una minaccia per la democrazia messicana e per la continuità delle relazioni commerciali tra i due paesi. Anche il Financial Times si è espresso nello stesso senso, lanciando l’allarme sulla possibile ricaduta che potrebbe avere l’approvazione della riforma sulla fiducia degli investitori internazionali in Messico: “Immaginate di essere il country manager di una multinazionale”, esordisce il testo, “che combatte contro un concorrente di proprietà statale che sta competendo in modo sleale. I vostri avvocati dicono che avete un vantaggio, ma il giudice è un alleato del partito di governo, l’autorità di regolamentazione è un funzionario del ministero che possiede il vostro concorrente e l’autorità fiscale sta minacciando di imprigionarvi mentre controlla se le vostre fatture potrebbero essere fraudolente”. Un incubo “alla russa”, è quel che prospetta l’influente testata.
Anche il Washington Post ha sostenuto in un editoriale che la riforma di Lopez Obrador rappresenta una questione che preoccupa l’intero continente. Il governo messicano ha presentato una nota di protesta dopo la pubblicazione del comunicato dell’ambasciata che ha aperto le porte a critiche furibonde sui media internazionali, accusando Salazar di immischiarsi negli affari interni del paese.
Ora la manovra dovrà essere approvata dalla maggioranza dei parlamenti dei 31 stati federali, passo che si dà praticamente per scontato vista la schiacciante vittoria di Morena alle elezioni di giugno anche a livello locale. Poi toccherà organizzare le prime elezioni giudiziarie della storia messicana: l’anno prossimo quelle dei ministri della Corte Suprema, del nuovo Tribunale di Disciplina e la metà dei giudici distrettuali; nel 2027 le cariche restanti.
Il governo uscente del presidente messicano Andrés Manuel López Obrador ha ottenuto un ultimo importante successo questo mercoledì con l’approvazione da parte del Senato della polemica riforma della giustizia voluta dal Movimiento de Refundación Nacional (Morena), al governo. Com’era già successo durante il dibattito alla Camera la settimana scorsa, anche la sessione del Senato è stata segnata da incidenti e scontri: un migliaio di manifestanti infatti hanno fatto irruzione con la forza nel palazzo legislativo per cercare di interrompere i lavori, che sono ripresi però dopo alcune ore. Il governo ha ottenuto in extremis la maggioranza qualificata di 86 senatori di cui aveva bisogno, grazie al voto di tre senatori dell’opposizione.
La manovra fa parte del pacchetto di 20 riforme costituzionali presentate dal presidente López Obrador nel febbraio scorso, e prevede l’elezione diretta dei giudici, la riduzione dei membri della Corte Suprema da 11 a 9, la creazione di un Tribunale di Disciplina e di un organo di amministrazione giudiziaria. Da mesi, la magistratura messicana è virtualmente bloccata da uno sciopero a tempo indeterminato lanciato dai sindacati del settore, accompagnato da grandi manifestazioni che hanno visto scendere in piazza addirittura alcuni membri della Corte Suprema. Mercoledì scorso, durante la discussione alla Camera, in migliaia sono scesi nelle strade della capitale, obbligando addirittura i deputati a tenere la sessione, che ha approvato la riforma, in una sede alternativa.