100 giorni fa scompariva il volo MH370 diretto da Kuala Lumpur a Pechino. Dopo ricerche, cui ha partecipato mezzo mondo, l’aereo ancora non è stato trovato, nonostante il governo malesiano avesse «chiuso il caso», sostenendo di aver localizzato il luogo dell’incidente, annunciando per altro la morte di tutti i passeggeri.
Il velivolo però, ad oggi, non è ancora stato trovato e nonostante le ricerche e i contributi scientifici, rimane ancora un mistero il destino in cui è incappato il volo e i suoi passeggeri. Si è detto e pensato di tutto: attentato, dirottamento, tentato dirottamento, inabissamento.
C’è chi ha anche pensato ad un tentativo di attentato contro la Cina, il volo era diretto a Pechino, sventato dalla Cina, che avrebbe abbattuto volutamente l’aereo. Complotti e ipotesi che non hanno trovato alcun riscontro, almeno ufficialmente.
E a 100 giorni dalla scomparsa, scoppia anche la grana dei costi delle ricerche. Come ha scritto il South China Morning Post, «i funzionari malesi e australiani hanno discusso di ripartizione dei costi la scorsa settimana nella capitale australiana, ma il ministro dei Trasporti australiano Warren Truss, domenica, si è rifiutato di dire perfino se il paese stesse considerando una divisione equa dei costi per una ricerca che richiederà mesi, se non anni, e costerà decine di milioni di dollari come minimo.
Io non voglio dare alcuna indicazione su come la cosa sarà probabilmente risolta, ha detto Truss. Stiamo parlando di questo con i malesi e gli altri paesi che hanno avuto un interesse importante nella ricerca».
Canberra – si è saputo – ha in previsione di di spendere 90 milioni di dollari nelle ricerche entro il luglio 2015. Ma il costo reale per l’Australia dipenderà da quanto rapidamente l’aereo sarà trovato e quanto altri paesi sono disposti a contribuire. Un esperto legale – al Scmp – ha detto che gli obblighi dell’Australia sono poco chiari a causa della natura senza precedenti della scomparsa dell’aereo.
«I paesi continuano a negoziare su come finanziare la prossima fase della ricerca con i sonar di circa 56.000 chilometri quadrati di fondale marino fino a 7 chilometri di profondità».
I paesi coinvolti nella ricerca sono Malesia, Australia, Stati Uniti, Cina, Giappone, Gran Bretagna, Corea del Sud e Nuova Zelanda, ma secondo quanto appreso dalla Malesia, i costi finiranno per essere divisi al 50% tra Malesia e Australia.

La Malesia ha assicurato che le ricerche continueranno, ma i politici di Kuala Lumpur hanno dovuto ammettere lo stato dell’arte: «siamo al punto di partenza», hanno detto. «Non possiamo e non ci daremo pace fino a quando non troveremo l’MH370», ha detto il ministro dei Trasporti ad interim Hishammuddin Hussein. «Noi non possiamo e non abbandoneremo le famiglie dei membri dell’equipaggio e dei passeggeri dell’MH370».
H poi aggiunto che nonostante le critiche, «alla Malesia sarà riconosciuto di aver fatto tutto il possibile al meglio delle nostre capacità in circostanze quasi impossibili e la storia ci giudicherà favorevolmente per questo».
Le parole dei politici malesiani, fanno sapere da Pechino, sono di poco conforto per i parenti dei passeggeri scomparsi, tra cui Gao Yongfu, la moglie di uno dei 154 passeggeri cinesi a bordo. Dall’8 marzo – il giorno in cui l’MH370 è scomparso con il marito, Li Zhi, a bordo, ha scritto il South China Morning Post – la donna di Tianjin ha tenuto un diario delle sue emozioni talvolta contrastanti. «Il diario – estratti dei quali sono pubblicati nel post di oggi – racconta la crescente confusione, ansia e disperazione di una moglie che potrebbe non sapere mai come suo marito è morto. Eppure, Gao rifiuta di rinunciare a un miracolo. Finché c’è una piccola speranza, non voglio rinunciare a te, ha scritto ».
100 giorni fa scompariva il volo MH370 diretto da Kuala Lumpur a Pechino. Dopo ricerche, cui ha partecipato mezzo mondo, l’aereo ancora non è stato trovato, nonostante il governo malesiano avesse «chiuso il caso», sostenendo di aver localizzato il luogo dell’incidente, annunciando per altro la morte di tutti i passeggeri.