La Cina – intendendo con essa il Partito comunista – prosegue nella sua strenua lotta contro ogni tipo di applicazione, internet e mobile, capace di sfuggire al controllo degli organismi responsabili dell’«armonia sociale». E così, un nuovo regolamento obbliga alla registrazione con il nome reale, anche per quanto riguarda le iscrizioni alle applicazioni mobile. L’obiettivo è limitare l’uso di Wechat, il popolare strumento di comunicazione in Cina, per diffondere notizie poco gradite al governo cinese.
La direttiva afferma che «gli utenti dovranno mantenere sette linee di fondo, che includono il rispetto delle leggi e regolamenti, del sistema socialista, degli interessi nazionali, dei legittimi diritti e degli interessi dei cittadini, dell’ordine pubblico, della morale sociale e garantire l’autenticità delle informazioni», secondo quanto scritto nei giorni scorsi dal governativo Global Times.
L’obbligo di registrazione con il nome vero – inoltre – si applica «solo agli account pubblici, e sarà ancora possibile personalizzare il proprio account. Tencent – scrive il Global Times – sta già implementando la procedura, richiedendo ai dichiaranti di fornire una loro foto nitida con in mano la carta d’identità, o fornire una licenza commerciale per le organizzazioni, ha riferito un manager delle pubbliche relazioni».

Secondo il Wall Street Journal, le nuove regole, emesse giovedì dallo State Internet Information Office, dicono anche che «sarà permesso solo a organizzazioni di notizie e altri siti web autorizzati inviare o condividere notizie di politica attraverso gli account pubblici. Gli account che violano le regole potranno essere avvertiti e potrà essere impedito loro di pubblicare contenuti o saranno rimossi».
Tencent avrebbe già comunicato di aver preso provvedimenti contro «le attività offensive e abusive», per garantire la conformità con le normative vigenti. Alibaba invece ha rifiutato di commentare. Le restrizioni – scrive il Wall Street Journal – «sono l’ultimo sforzo di Pechino per frenare l’uso dei social media per il dibattito pubblico e il dissenso politico. La Cina inizialmente permise alle piattaforme di social-media di funzionare in maniera relativamente libera come un modo per il governo di monitorare le opinioni e lasciare che i cittadini sfogassero le frustrazioni».
Della questione, in ottica economica, si è occupato anche il Financial Times. «Le azioni di Tencent, le cui applicazioni WeChat e QQ sono di gran lunga i servizi più popolari in Cina, sono scese del 3,5 per cento, la perdita più grande dal 7 maggio. La mossa di Pechino fa eco ad una campagna simile dell’anno scorso che ha preso di mira Sina Weibo, il servizio come Twitter, che ha portato gli utenti a lasciarlo in massa», ha scritto il quotidiano finanziario.
Chao Wang, analista di Nomura, ha detto che il prezzo delle azioni era caduto a causa di timori che WeChat avrebbe ricevuto lo stesso trattamento di Sina Weibo. «La gente ricorda l’impatto su Sina Weibo, quando il prezzo delle azioni è stato piuttosto volatile», ha detto.
E mentre le nuove regole sembravano rivolte ai servizi di chat domestici, sarebbe anche emerso che un certo numero di applicazioni di chat straniere è bloccato in Cina dal primo luglio «a causa di quello che Pechino ha detto essere preoccupazioni che le applicazioni di chat venivano usate per fomentare il terrorismo».
Secondo il Ministero della Scienza della Corea del Sud «funzionari cinesi avevano confermato il blocco, fornendo la prima spiegazione ufficiale per l’interruzione di una serie di servizi che gli utenti avevano notato dall’inizio del mese scorso. I blocchi si applicano alle app Line, KakaoTalk, Talkbox, Vower e Didi».