Il padrino di tutte le buone cause, George Clooney, è già dalla loro parte. Ben Affleck, altro hollywoodiano engagé, pure. Alla petizione si è unito addirittura una stella pop come Justine Timberlake. Se la campagna avrà sortito i suoi effetti, tra una settimana il Nobel per la Pace andrà ai volontari del Syria Civil Defense, meglio conosciuti come “White Helmets“, gli elmetti bianchi che scavano tra le macerie degli edifici bombardati dal governo siriano e dai suoi alleati, per salvare vite umane.
La conquista del premio, oltre a fornire ai volontari un assegno importante, sarebbe un segnale (simbolico) di sfida ad Assad. Intanto gli elmetti bianchi hanno già vinto il Right Livelihood Award, il “Nobel alternativo”, un’onorificenza creata nel 1980 da Jakob von Uexkulll – filantropo per metà tedesco e per metà svedese – destinata a gratificare i “dimenticati” dal Comitato norvegese.
Il gruppo dovrà dividere le 3 milioni di corone del premio, 350.000 dollari, con Mozn Hassan, attivista egiziana per i diritti delle donne, la russa Svetlana Gannushkina e Can Dundar, ex direttore del quotidiano turco Cumhuriyet, nemico giurato del presidente Erdogan. Le motivazioni del Right Livelihood Award – gli elmetti bianchi si sono distinti per “coraggio, compassione ed impegno umanitario, allo scopo di salvare i civili dalla distruzione della guerra civile siriana” – sono quelle quelle che hanno portato il gruppo, nato nel 2013 per iniziativa di Raed Saleh, un imprenditore di Jisr al Shughour, e del contractor britannico James Le Mesurier, all’attenzione dei media e delle cancellerie internazionali.
I testi sacri questa volta sono invocati non per uccidere un infedele ma per strappare alla morte. Gli elmetti bianchi, infatti, ispirano la loro azione a un versetto del Corano: “salvare una vita è salvare tutta l’umanità”. Sinora più di 60.000 persone sono state estratte vive dalle macerie dai circa 3.000 volontari del Syrian Civil Defense. Gli elmetti bianchi hanno compiuto una scelta minoritaria, ma comunque rischiosa: non sono fuggiti dal Paese, non hanno preso le armi, ma hanno deciso di fornire un contributo “civile” in un Paese dilaniato da cinque anni e mezzo di guerra. Per gli assadisti sono ovviamente uno strumento della propaganda contraria al regime. Prova ne è il fatto che ricevano fondi da vari governi occidentali, a partire da quello britannico e da quello degli Stati Uniti (il programma Usaid ha dato più di 40 milioni di dollari al Syrian Civil Defense, Boris Johnson ha appena annunciato un aiuto finanziario di un milione di sterline per l’attività di sminamento operata dagli elmetti, che nel frattempo hanno allargato la gamma delle loro iniziative). Oppure il fatto che molti di loro siano stati addestrati da Akut, un’organizzazione turca che divenne nota due anni fa in occasione di un terremoto che colpì l’Anatolia. Del resto, le barrel bombs lanciate dagli elicotteri del regime provocano effetti simili a quelli di un terremoto: edifici che implodono e persone che rimangono intrappolate sotto le macerie.
Saleh partecipò alle dimostrazioni pacifiche di Jisr al Shughour, contro Assad nel 2011, ma poi fu costretto a fuggire in Turchia. L’anno successivo fece ritorno nella provincia di Idlib e nel giugno 2013 cominciò ad organizzare 20 squadre di volontari civili. In seguito i team delle varie aree si unirono e nacque ufficialmente il Syrian Civil Defense, i cui centri adesso sono 120, in otto province (Aleppo, Latakia, Idlib, Hama, Damasco, la campagna attorno alla capitale, Homs e Daraa), nelle zone della Siria non controllate dal regime (loro sostengono di non poter operare nelle aree governative, perché Assad non li autorizza). Gli elmetti bianchi sono in buona parte studenti, operai, sarti, panettieri, farmacisti, gente comune che, a un certo punto della propria vita, ha deciso di fare la differenza. Sono quasi tutti uomini, ma nell’ottobre 2014 sono stati formate due squadre con 78 donne. Spengono incendi, estraggono persone dalle macerie, organizzano i trasporti negli ospedali, riparano i sistemi elettrici.
Assadisti e pacifisti anti-americani, come la britannica Vanessa Beeley, sostengono che siano falsi eroi, marionette dell’Occidente, complici dei terroristi. Le loro vicende hanno interessato i cineasti Joanna Natasegara e Orlando von Einsiedel, già candidati all’Oscar, che hanno realizzato un documentario sugli elmetti bianchi. L’opera si chiama proprio “White Helmets” e a settembre è uscita sulla piattaforma Netflix. Von Einsiedel spiega perché i due registi abbiano deciso di puntare le telecamere sul Syrian Civil Defense: “Negli ultimi due anni la narrativa sulla Siria è stata focalizzata sull’Isis, sul terrorismo e sulla crisi dei rifugiati. Quello che accade ai civili all’interno della Siria, soprattutto nelle aree non controllate dal regime, dove i bombardamenti sono quotidiani, è scivolato indietro nell’agenda delle notizie. La storia degli elmetti bianchi consente di spostare nuovamente il focus”.
Il loro futuro, però, è a rischio. Dopo il fallimento della tregua negoziata da americani e russi, Assad ha lanciato l’assalto finale ai quartieri orientali di Aleppo in mano ai ribelli. Nell’ultima settimana una pioggia di fuoco si è scagliata contro le aree non controllate dal regime. Nel mirino anche gli ospedali e le strutture di soccorso, a partire dalle sedi del Syrian Civil Defense. Tre centri operativi su quattro sono stati distrutti in una sola notte (compreso quello ripreso dal documentario di Netflix). Molti mezzi sono stati devastati e sono morti 141 volontari. Colpire i ribelli ed impedire i soccorsi, questa la tattica di Assad per prendere Aleppo, utilizzando una strategia, l’assedio, in cui ormai, dopo 5 anni di guerra, è diventato un maestro.
Il padrino di tutte le buone cause, George Clooney, è già dalla loro parte. Ben Affleck, altro hollywoodiano engagé, pure. Alla petizione si è unito addirittura una stella pop come Justine Timberlake. Se la campagna avrà sortito i suoi effetti, tra una settimana il Nobel per la Pace andrà ai volontari del Syria Civil Defense, meglio conosciuti come “White Helmets“, gli elmetti bianchi che scavano tra le macerie degli edifici bombardati dal governo siriano e dai suoi alleati, per salvare vite umane.
La conquista del premio, oltre a fornire ai volontari un assegno importante, sarebbe un segnale (simbolico) di sfida ad Assad. Intanto gli elmetti bianchi hanno già vinto il Right Livelihood Award, il “Nobel alternativo”, un’onorificenza creata nel 1980 da Jakob von Uexkulll – filantropo per metà tedesco e per metà svedese – destinata a gratificare i “dimenticati” dal Comitato norvegese.