Sorrisi oscurati da Huawei e dall’ennesimo dissidio Salvini-Di Maio
Il legal framework del memorandum of understanding che il Presidente cinese Xi Jinping firmerà a Roma il 22 marzo nel corso della sua prima tappa del viaggio in Europa riguarderà i più disparati settori: dall’economia alla finanza, dalla cultura alla ricerca. Si testimonia così il buon livello delle relazioni tra Roma e Pechino, costruite con determinazione e costanza negli ultimi anni e rafforzate dal lavoro del vicepremier Luigi Di Maio e soprattutto dal suo vice al Mise Michele Geraci che in Cina è praticamente di casa. Nei colloqui ufficiali probabilmente non se ne farà cenno ma su tutta la visita dispiegherà le sue ali il fantasma inquietante della gara per la sperimentazione del 5G in cinque città italiane, affidata alla cinese Huawei: Milano, L’Aquila, Bari, Prato e Matera. Gli americani con il loro ambasciatore a Roma hanno messo in guardia il vicepremier Di Maio per i “potenziali rischi per la sicurezza nazionale dell’Italia e dei suoi partner”. Tutto nasce dal fatto che la legge costituzionale cinese obbliga i gestori di Tlc di fornire, se richiesti, anche i dati sensibili raccolti dalle società cinesi. Di Maio ha garantito che una commissione creata ad hoc dal Mise vigilerà sulla sperimentazione ma gli americani restano preoccupati.
Ma non è tutto. Sul dossier 5G si è aperto anche un dissidio interno al Governo tra Cinque stelle e Lega. È stato infatti il partito di Salvini a raccogliere le preoccupazioni di Washington e presentare proprio a Di Maio un’interrogazione (prima firma Massimiliano Capitanio) in cui si chiede senza mezzi termini l’attivazione del “golden power”. Secondo il testo dell’interrogazione gli Stati Uniti sarebbero certi che Huawei “avrebbe nascosto dei software nelle proprie infrastrutture per consentire al Governo cinese di appropriarsi di dati sensibili trasmessi attraverso le reti”. Si ricorda poi che “la figlia del fondatore dell’azienda cinese, Meng Wenzhou, Direttore finanziario e Vicepresidente del gruppo, è stata arrestata in Canada per avere violato le sanzioni americane nei confronti dell’Iran e la stessa sorte è toccata, poche settimane dopo, a un dirigente di Huawei arrestato in Polonia con l’accusa di spionaggio”. Nello stesso tempo fonti di stampa riportano che l’Unione Europea “sta considerando delle proposte volte a bandire le apparecchiature Huawei”. In particolare si stanno studiando due opzioni: una revisione delle norme sulla cyber-sicurezza, per renderle più stringenti ed escludere società anche solo sospettate di spionaggio, oppure modificare le regole sugli appalti, in modo da impedire alle società cinesi di partecipare a progetti per lo sviluppo del 5G. “Visto quanto accaduto – sostiene l’interrogazione della Lega -, il Governo potrebbe esercitare il golden power, ricorrendone i presupposti previsti dal decreto-legge 15 marzo 2012, n. 21”.
@pelosigerardo