Mentre la Cina celebrava il proprio presidente, Xi Jinping si è dato un gran daffare in Svizzera. Ha parlato al meeting di Davos, alle Nazioni unite e ha provveduto a incontrare diversi leader, cui affidare le sue promesse. Tra questi anche il presidente ucraino Poroshenko.
Naturalmente il riferimento principale di Xi Jinping, soprattutto nel suo discorso inaugurale del World economic forum sono stati gli Stati Uniti. Xi Jinping ha indirizzato il suo discorso tanto a Obama, quando ha specificato che i problemi creati dalla globalizzazione, crisi finanziarie e umanitarie, sono stati quasi sempre creati dagli Usa e quando ha ricordato la necessità di una regolamentazione delle iperboli finanziarie dell’attuale capitalismo mondiale.
Ha poi «sistemato» anche il neo presidente eletto, Donald Trump, quando ha ricordato gli eventuali effetti negativi del protezionismo, ricordando che ormai indietro non si può tornare e tanto vale cercare di assicurare pace, prosperità e crescita a questo mondo dilaniato dalle crisi economiche e umanitarie.
Naturalmente ora la Cina deve prepararsi a subire l’attacco di Trump che sarà forte, è presumibile: l’insediamento del neo presidente sarà accompagnato da grandi dichiarazioni e c’è da credere che qualcuna sarà sicuramente riservata alla Cina.
I campi aperti non sono pochi e di sicuro a Pechino c’è curiosità nel vedere come Trump continuerà la propria «relazione speciale» con Putin. Non sono pochi – e c’è da credere non siano pochi neanche a Pechino – gli osservatori che ritengano che le mosse di Trump filo Russia, siano proprio da leggere in funzione anti cinese.
Per quanto riguarda le dinamiche con gli Stati Uniti, durante il suo discorso alle Nazioni Unite, Xi Jinping ha ricordato che «le relazioni tra Pechino e Washington hanno conosciuto alti e bassi, ma allo stesso tempo hanno fatto progressi da quando i due Paesi hanno stabilito relazioni diplomatiche 38 anni fa». Xi ha poi sottolineato che «le relazioni tra Stati Uniti e Cina sono di cruciale importanza per il mondo nel ventunesimo secolo». Al vice presidente uscente John Biden, il presidente cinese ha poi consegnato il suo messaggio di commiato al presidente uscente degli Stati Uniti, Barack Obama.
Ma al di là di queste dovute necessità diplomatiche, a Davos il presidente Xi Jinping non ha perso tempo e ha fatto capire subito di avere alcune posizioni molto nette. A margine del Forum ha infatti incontrato il suo omologo ucraino, Petro Poroshenko, al quale ha promesso un contributo della Cina nella risoluzione della crisi in Ucraina. «Speriamo sinceramente che l’Ucraina possa mantenere la stabilità sociale e lo sviluppo economico», ha dichiarato Xi.
La Cina si è detta disponibile a collaborare con il governo ucraino per «cementificare la fiducia politica reciproca, rafforzare gli scambi tra governi, parlamenti e partiti politici e approfondire una cooperazione di reciproco beneficio».
Si tratta di una posizione che rischia di cozzare con quella dell’alleato Vladimir Putin, che proprio durante la crisi ucraina chiuse un importante accordo per la fornitura del gas alla Cina. Un evento che permise a Mosca un attimo di respiro, in un delicato momento di isolamento internazionale.
Sull’Ucraina, però, la Cina è sempre stata molto chiara, anche perché poco prima dell’inizio della crisi dell’Ucraina dell’allora leader Janukovich, Pechino aveva chiuso alcuni accordi per acquistare parte del paese, storicamente considerato «granaio d’Europa». Pechino sulla crisi ucraina è sempre stata decisamente sobria e attendista, secondo il proprio canone di rispetto dell’integrità territoriale e della volontà di non inserirsi in affari interni degli altri paesi.
Data la virata di Trump verso Putin in funzione anti cinese, l’Ucraina potrebbe diventare una futura patata bollente nelle relazioni tra Cina e Russia.