Il bell’Abdel Nasser, un ragazzo di buona famiglia nelle cui vene scorre sangue andaluso e turco, e che per il suo aspetto è conosciuto con il soprannome di “l’Italiano”, picchia l’anziano imam che sta celebrando il funerale di suo padre a Tunisi. Ma nessuno dei presenti in quel giorno riesce a capire il perchè. Nell’intento di farci scoprire i motivi di questo comportamento ingiustificabile, inizia il racconto della storia di un amore e matrimonio difficili, tra Abdel Nasser e Zeina, scandagliato a fondo nel romanzo intitolato “L’Italiano” (titolo originale in arabo Ettalyeni, tradotto in italiano per le Edizioni E/O da Barbara Teresi, pp 368), del tunisino Shukri al-Mabkhout.
Mabkhout studioso, editorialista e traduttore, racconta con verità e realismo la vita di una coppia inventata di giovani tunisini negli anni Ottanta e Novanta, alle prese con interminabili difficoltà economiche (e passioni politiche che vorrebbero cambiare il mondo). Abdel Nasser è uno spirito ribelle, sin da giovane. Leader di un movimento studentesco di estrema sinistra, ad un certo punto diventa giornalista per guadagnarsi da vivere, ed inizia a scrivere per il supplemento culturale di una testata filogovernativa per evitare la censura politica. Zeina, il cui vero nome e’ berbero, ed è Anruz – Bourguiba aveva imposto di registrare solo quelli arabi – è, invece, una brillante e affascinante studentessa di filosofia che studia (Hannah Arendt) grazie agli aiuti della sezione del Dustur, sogna una carriera in ambito accademico, “e si crede forte al pari degli uomini, padri e fratelli”.
L’Italiano non è un romanzo di formazione, anche se potrebbe sembrarlo nella prima parte. E’ piuttosto una storia popolata di donne, in cui irrompe la figura ribelle di Zeina, e poi ci sono mogli, amanti e semplici amiche, narrate con coraggio senza veli, lavoratrici ed emancipate, senz’altro esuberanti come anche noi conosciamo le tunisine. La battaglia rivoluzionaria per l’indipendenza individuale e la possibilità di determinare il proprio futuro rende complici Zeina e l’amica Najla in situazioni incredibili, mentre restano intrappolate in una società che chiede loro di “essere presenti nello spazio pubblico e in quello privato ma senza una vera redistribuzione dei ruoli”. Il flusso di storie, narrato attraverso digressioni e flashback tiene alto l’interesse del lettore, grazie anche ad una scrittura piena che appassiona. E che alla fine racconta una società demoralizzata, arretrata e sorprendentemente violenta, in cui i tradimenti della politica si riflettono sulle storie personali di tutti. Alla fine il matrimonio della bella coppia di studenti rivoluzionari – che però è stato contratto in segreto, con il parere scettico di Zeina, per ottenere un favore di lavoro – naufraga in un tradimento, quello fra Abdel Nasser, disilluso e stanco, e la bella Najla, proprio l’amica di Zeina, che si consuma lentamente mentre si prepara il colpo di stato (incruento) che porterà Ben Ali al potere.
A dare ulteriore forza alla narrativa di Mabkhout è una storia con una forte base storica: sullo sfondo ci sono le vicende che hanno toccato la Tunisia negli anni Ottanta e Novanta, quando il Paese, che da poco aveva conquistato l’indipendenza, lottava per costruirsi un futuro e una propria identità, prima sotto la guida di Bourguiba, e poi del regime di Ben Ali (quello rovesciato nel 2011 dalla Rivoluzione dei Gelsomini). La società come la voleva Bourguiba subisce la reazione del radicalismo islamico, i cui sostenitori sono torvi e accigliati e scatenano l’incredibile repressione del regime di Ben Ali che si ripercuote anche sul lavoro degli intellettuali e sui giornalisti.
Questo è il primo di due romanzi scritti da Shukri al-Mabkhout (nato a Tunisi nel 1962) che attualmente è il rettore dell’Università di Manouba. Come Zeina, negli anni ‘80 è stato uno studente di sinistra critico sia della sinistra che degli islamisti e poi anche lui ha fatto il giornalista come Abdel Nasser. Mabkhout parteciperà ad un incontro della rassegna LIBRI COME, dal titolo Oltre i Confini, il prossimo 19 marzo, alle ore 15:00, all’Auditorium Parco della Musica di Roma. Con lui ci saranno la scrittrice di origini iraniane Parisa Reza e lo scrittore turco Burhan Sönmez (intervengono e moderano Luigi Spinola e Riccardo Noury). Con L’Italiano ha vinto l’International Prize for Arabic Fiction (il booker arabo) nel 2015 oltre al più prestigioso premio letterario tunisino, il Comar d’Or.
Il bell’Abdel Nasser, un ragazzo di buona famiglia nelle cui vene scorre sangue andaluso e turco, e che per il suo aspetto è conosciuto con il soprannome di “l’Italiano”, picchia l’anziano imam che sta celebrando il funerale di suo padre a Tunisi. Ma nessuno dei presenti in quel giorno riesce a capire il perchè. Nell’intento di farci scoprire i motivi di questo comportamento ingiustificabile, inizia il racconto della storia di un amore e matrimonio difficili, tra Abdel Nasser e Zeina, scandagliato a fondo nel romanzo intitolato “L’Italiano” (titolo originale in arabo Ettalyeni, tradotto in italiano per le Edizioni E/O da Barbara Teresi, pp 368), del tunisino Shukri al-Mabkhout.
Mabkhout studioso, editorialista e traduttore, racconta con verità e realismo la vita di una coppia inventata di giovani tunisini negli anni Ottanta e Novanta, alle prese con interminabili difficoltà economiche (e passioni politiche che vorrebbero cambiare il mondo). Abdel Nasser è uno spirito ribelle, sin da giovane. Leader di un movimento studentesco di estrema sinistra, ad un certo punto diventa giornalista per guadagnarsi da vivere, ed inizia a scrivere per il supplemento culturale di una testata filogovernativa per evitare la censura politica. Zeina, il cui vero nome e’ berbero, ed è Anruz – Bourguiba aveva imposto di registrare solo quelli arabi – è, invece, una brillante e affascinante studentessa di filosofia che studia (Hannah Arendt) grazie agli aiuti della sezione del Dustur, sogna una carriera in ambito accademico, “e si crede forte al pari degli uomini, padri e fratelli”.