Nell’Artico si gioca una delle partite chiave del futuro. Mosca vuole l’Artico russo e Pechino si definisce ‘potenza polare’. Anche la Ue punta rafforzare la propria governance nel nord circumpolare
Nella Comunicazione congiunta al Parlamento europeo, al Consiglio ecc. del 13 ottobre 2021 la Commissione europea e l’Alto Rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza prospettano “un impegno rafforzato della Ue per un Artico pacifico, sostenibile e prospero”.
Una necessità geopolitica
Per essere un documento ufficiale, l’incipit è forte: “L’Unione europea è presente nell’Artico. In quanto potenza geopolitica, ha interessi strategici e a breve termine sia nell’Artico europeo che nella regione artica nel suo insieme”. Pochi paragrafi dopo si legge: “un interesse accresciuto per le risorse e le vie di trasporto dell’Artico potrebbe trasformare la regione in uno spazio di concorrenza locale e geopolitica e di possibili tensioni, che potrebbero nuocere agli interessi della Ue […] Il pieno impegno dell’Ue sulle questioni relative all’Artico è una necessità geopolitica”.
Per capire meglio, la prima persona con cui parlare è Michael Mann, inviato speciale dell’Ue per le questioni artiche. “La nostra politica artica aggiornata riflette il nostro desiderio di accrescere il già considerevole impegno nell’Artico della Ue – spiega Mann –. Vogliamo contribuire a preservare un Artico pacifico, prospero e sostenibile; dovrebbe essere una regione di cooperazione internazionale, con poche tensioni”. Tra le priorità di Bruxelles la lotta al cambiamento climatico, lo stimolo a uno sviluppo economico sostenibile, l’attenzione alle comunità artiche, incluse quelle indigene.
Una delle azioni concrete della Ue per rafforzare la sua presenza nell’Artico è l’apertura di un ufficio permanente a Nuuk, capitale della Groenlandia, territorio autonomo all’interno del Regno di Danimarca; la più grande isola del mondo non fa parte della Ue ma è membro del club dei Paesi e territori d’oltremare (PTOM). “Speriamo di essere in grado di aprire l’ufficio nel maggio o nel giugno del 2022” dice Mann.
L’ufficio a Nuuk, secondo la Comunicazione congiunta, “favorirà l’ulteriore rafforzamento e approfondimento del partenariato tra la Commissione europea e il governo della Groenlandia, in particolare attraverso la cooperazione e il dialogo in settori di interesse comune” (già oggi, per esempio, la Ue sta sostenendo con forza il sistema educativo groenlandese, e nel 2021 è stato rinnovato l’accordo di partenariato per una pesca sostenibile).
A Nuuk hanno sede il consolato islandese, e quello Usa, guidato da una diplomatica che parla danese, svedese, cinese e ha lavorato in Afghanistan (nel maggio 2021 il segretario di stato Antony Blinken ha fatto tappa nell’isola: un’opportunità per definire meglio le relazioni tra Nuuk e Washington, dopo che nel 2019 il presidente Trump aveva ipotizzato un acquisto della Groenlandia, quasi alla stregua di un “affare immobiliare”).
Il focus dell’Ue nell’Artico
Analisti occidentali concordano su un punto: Bruxelles è in linea con la forte attenzione dei groenlandesi per l’ambiente. Nell’aprile 2021 ci sono state le elezioni nell’isola; il nuovo governo è dominato dall’Inuit Ataqatigiit (socialista), che è riuscito a bloccare le attività di esplorazione ed estrazione di uranio, e la ricerca di giacimenti petroliferi. Nella Comunicazione congiunta si legge: “la Ue si impegna a garantire che il petrolio, il carbone e il gas rimangano nel suolo, anche nelle regioni artiche”.
In linea con lo European Green Deal, il focus di Bruxelles è valorizzare le risorse rinnovabili della regione: energie pulite come il geotermico, l’idroelettrico, l’eolico, nonché il pesce, che a causa del riscaldamento globale si sposta sempre più a nord. Anche se non ha accesso diretto al Mar Glaciale Artico, la Ue vuole rafforzare la governance su quel mare e sui mari subartici adiacenti: per esempio sostenendo il regime giuridico internazionale che disciplina le isole Svalbard e le loro acque.
Per Ingrid A. Medby, lecturer di geografia umana all’Università di Newcastle, “in quanto Unione multi-stato, con vicini e stati membri artici, ha senso che Bruxelles cerchi un impegno diretto nella regione artica. Potrebbe non essere la principale preoccupazione di politica estera per la Ue, ma il nord circumpolare è vasto, i cambiamenti che accadono lì influenzeranno di certo pure gli Stati membri”.
“Nell’Artico si gioca una delle partite chiave del futuro. Il potenziale commerciale, energetico e industriale è enorme: basti pensare alle terre rare. Dato l’interesse di attori come la Russia e la Cina, a Bruxelles si è compreso che non basta affidarsi alle grandi imprese europee, alla Nato o alle azioni di singoli stati membri” commenta un politico danese che non può parlare a titolo ufficiale. E sull’atteggiamento cauto dell’Italia nella regione, aggiunge: “A volte sembrate più sensibili alle preoccupazioni russe che a quelle di altri Stati membri”.
Gli interessi di Russia e Cina
La crescente attenzione europea per l’Artico non piace troppo ad altre potenze, in primis Russia e Cina. Questo è vero soprattutto per la svolta verde di Bruxelles. Del resto la Ue importa l’87% del gas naturale liquefatto prodotto nell’Artico russo, ma nella Comunicazione congiunta si legge che la Commissione “collaborerà con i partner per instaurare un obbligo giuridico multilaterale di non autorizzare alcun nuovo aumento delle riserve di idrocarburi nell’Artico o nelle regioni contigue, e di non acquistare tali idrocarburi laddove vengano prodotti”.
Mosca, da parte sua, vuole sviluppare l’Artico russo a tutti i costi. Nel 2021 Putin ha ribadito che il gas dall’estremo nord può contribuire in modo significativo alla sicurezza energetica europea (e asiatica). È anche in corso un rafforzamento massiccio del dispositivo militare russo nella regione; in un rapporto sull’Artico approvato dalla Commissione per gli affari esteri del Parlamento europeo (relatrice la polacca Anna Fotyga) si legge che “gli investimenti economici e militari della Federazione russa nell’Artico superano di gran lunga quelli del resto degli Stati artici”, che Mosca “ha installato nuove basi militari e modernizzato le basi esistenti nelle regioni settentrionali” e che “la regione del Mare di Barents è stata il principale banco di prova per sistemi missilistici balistici e da crociera, mentre l’area a est di Novaja Zemlja è stata il principale teatro dei test nucleari”. Nel medesimo rapporto i progetti e le iniziative della Cina (che com’è noto insiste a definirsi “stato quasi-artico”) sono “fonte di profonda preoccupazione”, e si sottolinea come Pechino ambisca a divenire una “potenza polare”.
Andreas Raspotnik, senior research fellow del Fridtjof Nansens Institutt di Oslo, osserva: “In merito al riarmo della Russia, è un fatto e non lo si può negare. Il punto con la Russia è che l’Artico è collegato così tanto alla loro identità, e da un punto di vista strategico si tratta di un’area immensamente importante per loro”. Il ricercatore nota: “Non mi ha mai convinto del tutto la narrativa dell’Artico così pacifico. Ha un qualche fondamento, ma è pur sempre costruita sull’esclusività artica. Si dà per scontato che qualsiasi cosa accada, l’Artico rimarrà sempre pacifico e cooperativo, ma non si può mai sapere, specie nella relazione est-ovest”.
Le partnership con l’Ue
Lo scenario non è facile, ma la Ue può contare sulle partnership con Paesi come il Canada e come la Norvegia e l’Islanda (entrambi nello Spazio economico europeo), e sull’attivismo di Svezia e Finlandia, che nelle loro strategie nazionali per l’Artico hanno riconosciuto il ruolo chiave di Bruxelles negli affari artici. Del resto è stato il Primo Ministro finlandese Antti Rinne, nel 2019, a dichiarare: “Ci dovrebbe essere più Ue nell’Artico e più Artico nella Ue”.
Per Timo Koivurova, research professor al Centro Artico dell’Università della Lapponia (Finlandia), il coinvolgimento europeo nell’Artico come necessità geopolitica “è molto in linea con quanto scritto nella recente strategia artica della Finlandia. In quanto Stato membro, la Finlandia considera positivo che la Ue riconosca che si sta intensificando la competizione geopolitica nella regione, la quale si sta riscaldando tre volte sopra la media globale”. La Ue, nota, è una formidabile potenza economica, ed “esercita molta influenza sulla regione, specie in virtù del suo ruolo economico. Perciò necessita di essere riconosciuta come un attore nella regione”.
Questo articolo è pubblicato anche sul numero di gennaio/febbraio di eastwest.
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