L’atleta globale del futuro viene da un villaggio contadino del Punjab, è un adolescente in un corpo da gigante e lo stanno allevando in una costosissima accademia cestistica della Florida: una scuola dove lo sport si intreccia al marketing e alla geopolitica.
La grande speranza indiana si chiama Satnam Singh Bhamara e un domani forse cambierà storia e volto alla pallacanestro. Questo si augurano negli uffici newyorchesi della National Basketball Association (Nba), l’Olimpo del basket americano. Sul calendario hanno già cerchiato una data per lui, giugno 2017.
L’estate dello sbarco tra i professionisti del primo giocatore indiano della Nba. Il campione che schiuderà le porte dell’unico grande mercato ancora vergine alla penetrazione del gioco inventato da un medico canadese alla fine dell’Ottocento.
Un bacino immenso di potenziali tifosi, giocatori, clienti: un miliardo e duecentomila persone tra le quali appena 5 milioni sanno più o meno cosa sia una palla a spicchi.
L’esperimento ha già funzionato dieci anni fa quando lo sconosciuto lungagnone Yao Ming aprì all’Nba e alle grandi multinazionali americane le frontiere della Cina comunista.
Il ragazzo era figlio di una coppia di cestisti oltre i due metri combinata appositamente dal partito per mettere al mondo un campione. Il padre di Satnam Singh Bhamara invece è un vecchio signore col turbante viola e la barba bianca che dall’alto dei suoi 2,18 metri sognava anche lui un tempo di giocare a pallacanestro.
La famiglia Bhamara aveva all’epoca altri progetti: una fattoria a Ballo Ke, sperduta comunità di 800 anime nell’India del Nord. Grano da coltivare, farina da macinare, latte di mucca da mungere. Balbir obbedì e finì per diventare capo villaggio. Dei suoi tre figli, Satnam viene registrato all’anagrafe nel 1996 ma secondo il padre è in realtà un anno più vecchio.
Quel che è certo è che a 9 anni è già più alto della madre. Balbir allora gli costruisce un canestro rudimentale sul muro di casa e quello ci si appende saltando sopra le vacche. Ha buona mira e mani enormi che nascondono la palla, la gente del villaggio va a vederlo per divertimento, i vecchi lo ribattezzano Chhotu, “Il piccoletto”.
Nel 2006 il bambino fa il suo esordio nella Lega giovanile del Punjab e si vede offrire subito una borsa di studio all’Accademia sportiva di Ludhiana, 80 km da Ballo Ke.
Satnam cresce in fretta e a 13 anni arriva la prima convocazione nella Nazionale junior indiana: è il più giovane ma anche il più alto. Non ci sono scout in tribuna per lui ma tutto intorno qualcosa si muove.
Nel 2009, l’Nba sceglie come presidente della sua divisione internazionale Heidi Ueberroth, la donna che dieci anni prima ha guidato lo sbarco del basket americano in Cina. Come prima cosa, la signora nomina un direttore delle operazioni cestistiche in India. Quindi stringe un accordo di partnership con Nike, Adidas e Coca Cola: obiettivo comune, il giovane pubblico indiano. “L’India – annuncia Ueberroth – è la prima delle nostre priorità”.
Non si muove solo l’Nba. C’è qualcun altro che fiuta l’affare e decide di puntarci su. Uno è Ted J. Forstmann, playboy ed ex fidanzato della principessa Diana (e di Elizabeth Hurley), Ceo della Img, colosso americano del marketing e del management sportivo. L’altro è Mukesh Ambani, l’uomo più ricco dell’India (20 miliardi di euro il patrimonio), proprietario di Reliance Industries, la corporation più grande di tutto il Paese.
Nel 2010 la Img Reliance Marketing Company firma un contratto trentennale con la Federazione di basket indiana e annuncia la creazione di una nuova Lega sul modello di quella di cricket per il 2015. Cominciano a spuntare campetti negli slum, arrivano allenatori americani, viene messa in palio una borsa di studio per l’Accademia Img di Bradenton in Florida.
Ad accorgersi di Satnam è però Troy Justice, l’ex allenatore spedito da Ueberroth a setacciare le praterie del progetto indiano. Lo incontra nel 2010 a un provino ed è un colpo di fulmine.
Satnam ha 14 anni, le scarpe troppo piccole e sfondate ma un fisico e una propensione al gioco che Justice coglie al volo. Troy si mette a lavorare con lui e dopo pochi giorni chiama New York. “Ho trovato il Prescelto”. La Img Reliance arriva al ragazzo subito dopo, imbeccata dal Presidente della Federazione indiana: “Venite a vedere il nostro Yao Ming”.
Al ragazzo, la Img Reliance assegna la prima delle sue borse di studio riservate ai campioni brandizzati di domani (70mila dollari l’anno) e con l’assenso del vecchio Balbir, la piccola grande promessa indiana si trasferisce in America. Vive lì da tre anni ormai, ha imparato a correre e attaccare il canestro, ha scoperto l’inglese, Wal-Mart e la pizza. Tra un anno andrà al college, forse a Stanford in California, a imparare come si resta affamati e folli per tutta la vita.
“Al momento penso solo a migliorare e a studiare”, ha confessato in una delle poche interviste concesse nella sua fin qui breve carriera.
“Sono alto 2,16 metri, vado ancora a scuola e non so bene cosa mi riserverà la vita. Quando smetterò di giocare a basket spero che una nuova generazione di ragazzi indiani segua il mio esempio e continui a rendere popolare questo gioco meraviglioso”.
L’atleta globale del futuro viene da un villaggio contadino del Punjab, è un adolescente in un corpo da gigante e lo stanno allevando in una costosissima accademia cestistica della Florida: una scuola dove lo sport si intreccia al marketing e alla geopolitica.