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Le contromosse saudite ai successi iraniani


Il principio della dinamica secondo cui “ad ogni azione corrisponde una reazione uguale ed opposta” è spesso applicabile alle relazioni internazionali. Dall'alba della civiltà – si pensi agli Egizi con gli Hittiti - niente si è dimostrato stimolante come sapere che il nemico si sta muovendo. Nello scacchiere mediorientale era facile pronosticare che la recente ascesa dell'Iran avrebbe causato la replica del suo principale avversario per l'egemonia regionale, l'Arabia Saudita. Finora, complice la fase di transizione dal precedente monarca Abdullah (morto lo scorso gennaio) a quello attuale Salman, i contorni di questa reazione erano tuttavia molto sfocati e – pur dietro una miriade di iniziative diplomatiche e di intelligence – si faticava a intuire una strategia complessiva. Adesso la situazione sembra delinearsi con maggior chiarezza.

Il principio della dinamica secondo cui “ad ogni azione corrisponde una reazione uguale ed opposta” è spesso applicabile alle relazioni internazionali. Dall’alba della civiltà – si pensi agli Egizi con gli Hittiti – niente si è dimostrato stimolante come sapere che il nemico si sta muovendo. Nello scacchiere mediorientale era facile pronosticare che la recente ascesa dell’Iran avrebbe causato la replica del suo principale avversario per l’egemonia regionale, l’Arabia Saudita. Finora, complice la fase di transizione dal precedente monarca Abdullah (morto lo scorso gennaio) a quello attuale Salman, i contorni di questa reazione erano tuttavia molto sfocati e – pur dietro una miriade di iniziative diplomatiche e di intelligence – si faticava a intuire una strategia complessiva. Adesso la situazione sembra delinearsi con maggior chiarezza.

 Il nuovo monarca ha appena fatto un repulisti senza precedenti del passato establishment. Gli avvicendamenti più significativi sono agli Esteri – dove Al Faisal (era lì dal 1975) viene rimpiazzato dall’ex ambasciatore a Washington Al Jubeir – e nella linea di successione. Abdica “spontaneamente” il principe-fratello Muqrin dal ruolo di erede designato, gli succederà prima il principe-nipote Nayef, attuale ministro dell’Interno e uomo di punta dell’antiterrorismo saudita, e poi il figlo di Re Salman, l’attuale ministro della Difesa Mohammad Bin Salman. Il significato di questi cambiamenti – secondo diversi analisti – è chiaro: passare ad una politica estera più muscolare, in paricolar modo nei confronti dell’Iran. Per farlo è fondamentale mantenere ottimi rapporti con l’alleato americano ed avere un nucleo decisionale unito intorno al medesimo obiettivo. Qui sta però uno dei problemi di questa infornata di nuove nomine: finora il potere era stato largamente spartito tra i vari rami della famiglia reale saudita, ora non più, e “gli Stati Uniti dovrebbero essere preoccupati che le mosse in corso a Riad possano portare a una lotta interna per il potere”, spiega Simon Henderson, specialista dell’area del Golfo per il Washington Institute for Near East Policy.

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