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Isis, grandi manovre ma il quadro strategico non cambia


Nelle ultime settimane l'avanzata dell'Isis tanto in Iraq, con la conquista di Ramadi, capitale della provincia sunnita di Anbar, quanto in Siria, con la presa di Palmira, ha destato grande clamore e preoccupazione in Occidente e non solo. Le stragi di civili, pare purtroppo confermate, sono state innumerevoli e timore è stato espresso anche per i meravigliosi resti archeologici che i fanatici islamici potrebbero distruggere. La mole di notizie impressionanti non deve però oscurare la realtà della situazione strategica complessiva, che non sembra essere cambiata nell'ultimo periodo.

Nelle ultime settimane l’avanzata dell’Isis tanto in Iraq, con la conquista di Ramadi, capitale della provincia sunnita di Anbar, quanto in Siria, con la presa di Palmira, ha destato grande clamore e preoccupazione in Occidente e non solo. Le stragi di civili, pare purtroppo confermate, sono state innumerevoli e timore è stato espresso anche per i meravigliosi resti archeologici che i fanatici islamici potrebbero distruggere. La mole di notizie impressionanti non deve però oscurare la realtà della situazione strategica complessiva, che non sembra essere cambiata nell’ultimo periodo.

«L’area che va dall’Iraq a buona parte della Siria, e che al momento è controllata dallo Stato Islamico, si caratterizza per un terreno piatto, dove è difficile arroccarsi. Questo consente», spiega Claudio Neri, direttore dell’Istituto italiano di studi strategici, «rapidi spostamenti, offensive e controffensive, ed è normale che la situazione sia in costante evoluzione. Gli uomini del Califfato, pur spesso molto più determinati dei loro avversari e dotati di alcune armi avanzate sottratte all’esercito regolare iracheno, non hanno comunque aviazione e consistente artiglieria pesante. Nel lungo periodo questo è un fattore determinante. Di recente hanno ottenuto alcune vittorie importanti, soprattutto grazie all’aiuto ricevuto dall’Arabia Saudita e dagli altri Paesi del Golfo – direttamente o anche solo supportando suoi alleati, come la formazione qaedista di al Nusra in Siria – ma non è una stagione destinata a durare a lungo. Riad ha ancora legami troppo stretti con gli Usa – anche se in fase di deterioramento – per restare sorda ai suoi richiami anti-terrorismo, e comunque è sprovvista di una exit strategy per la Siria. Assad non può cadere finché non emerge un attore sul territorio che possa essere in grado di prendere il controllo della situazione».

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