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Iraq: tutti i tasselli del mosaico fra Usa, Iran e Russia


Per contrastare l'ascesa dello Stato Islamico, nell'agosto 2014 la dottrina del presidente Obama prevedeva: “Prima l'Iraq”. “Prima” rispetto alla Siria, l'altro Stato in cui il Califfato controlla parte del territorio. Questa decisione nasceva da varie considerazioni. A Baghdad, in primo luogo, il governo (prima di Al Maliki, poi di Al Abadi) è alleato degli Stati Uniti – a differenza del regime siriano di Bashar al Assad – e ha chiesto direttamente il supporto americano.

Per contrastare l’ascesa dello Stato Islamico, nell’agosto 2014 la dottrina del presidente Obama prevedeva: “Prima l’Iraq”. “Prima” rispetto alla Siria, l’altro Stato in cui il Califfato controlla parte del territorio. Questa decisione nasceva da varie considerazioni. A Baghdad, in primo luogo, il governo (prima di Al Maliki, poi di Al Abadi) è alleato degli Stati Uniti – a differenza del regime siriano di Bashar al Assad – e ha chiesto direttamente il supporto americano.

L’esercito statunitense poi conosce molto meglio il territorio iracheno, presidiato per otto anni dopo l’invasione del 2003. Infine, e soprattutto, lo scenario iracheno è meno complicato di quello siriano (un caos iper-frammentario dilaniato dagli interessi delle potenze regionali), politicamente prima ancora che militarmente. In Siria infatti lo Stato Islamico si scontra con la dittatura di Assad, contro cui combattono – indirettamente, armando diversi gruppi ribelli – anche gli alleati regionali di Washington, Turchia e Sauditi in testa.

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