Il presidente della Nigeria Muhammadu Buhari,in un’intervista rilasciata lo scorso 24 dicembre alla BBC, ha dichiarato che il suo paese “tecnicamente” ha vinto la guerra contro gli estremisti di Boko Haram, specificando però che la minaccia di attacchi kamikaze è ancora persistente.
Per rassicurare la popolazione, il leader nigeriano ha anche annunciato che gli islamisti ormai non sono in grado di organizzare “attacchi convenzionali contro i civili e i centri di comunicazione nella zona settentrionale del Paese”.
Passano solo quattro giorni e le rassicurazioni di Buhari vengono smentite da una serie di attentati che producono almeno cento vittime proprio nel nord-est, dove i miliziani affiliati allo Stato Islamico (IS) colpiscono in particolare due città: Maiduguri e Magdali.
Da notare, che gli attacchi sono arrivati alla vigilia del 31 dicembre, la data limite per sradicare i jihadisti fissata dal presidente nigeriano, che lo scorso marzo è stato eletto sulla base di un programma tutto centrato sulla lotta agli islamisti.
E’ però innegabile che il nuovo corso di Buhari, contrariamente a quanto avvenne durante la presidenza del suo predecessore Goodluck Jonathan, ha ottenuto importanti risultati nella lotta a Boko Haram, riuscendo a riconquistare diverse parti di territorio controllate dagli islamisti e a ridurre i raid contro molti paesi e villaggi.
Da quando, lo scorso 29 maggio, Buhari si è insediato ufficialmente, la MNJTF, la forza d’intervento congiunta multinazionale composta da Nigeria, Niger, Camerun, Benin e Ciad, ha registrato parecchi successi nella lotta contro gli estremisti islamici.
In varie operazioni, la MNJTF ha ucciso diversi membri di spicco del gruppo jihadista e ha contribuito a interrompere parzialmente il coordinamento multimediale tra Boko Haram e lo Stato Islamico, al quale l’organizzazione nigeriana ha giurato fedeltà lo scorso 8 marzo.
Nei mesi immediatamente successivi al bay’at al califfoAbu Bakr al-Baghdadi, Boko Haram aveva registrato un notevole potenziamento delle sue capacità di comunicazione, grazie alle elaborate tecniche utilizzate dal Daesh.
Nelle ultime settimane, però, i video di Boko Haram sono stati realizzati con meno frequenza, mentre il numero reale degli attacchi portati a termine dal gruppo nel dicembre 2015 non coincide con quelli annunciati dall’IS, nel quotidiano bollettino di guerra diffuso dalla radio jihadista al-Bayan, che trasmette dalla roccaforte irachena di Mosul.
Un altro successo è costituito dal fatto che, per la prima volta dopo molti anni, Maiduguri, la città principale nel nord-est della Nigeria, non è più a rischio di attacchi su larga scala.
Ciononostante, gli attentati del 28 dicembre, dimostrano che sussistono ancora gravi e persistenti rischi per la sicurezza della città, soprattutto nelle aree periferiche. Ma la latente minaccia della sua integrità territoriale con una possibile acquisizione da parte dell’IS, come è accaduto nel 2014 con Mosul, si è notevolmente ridotta.
La massiccia azione militare della MNJTF non ha però inciso in maniera risolutiva sul potenziale offensivo del gruppo, che ha rivisto la sua strategia operativa, rimodulandola più sugli attentati che sulla conquista di porzioni di territorio.
In questo modo, i terroristi hanno aumentato le azioni kamikaze colpendo anche nei confinanti Niger, Camerun e Ciad.Inoltre, gli islamisti possono contare su un vasto numero di giovani donne kamikaze, alcuni delle quali potrebbero essersi votate volontariamente al martirio, ma si ritiene che la maggioranza sia finora stata costretta a immolarsi per la causa del Califfato.
La cellula africana dello Stato Islamico ha dimostrato un’eccezionale versatilità tattica spostando il baricentro dell’offensiva dalla lotta sul campo al terrorismo puro, rendendo l’organizzazione islamista sempre più difficile da sconfiggere e sempre più sanguinaria. Lo dimostra chiaramenteil recente report del think thankaustraliano ‘Institute for Economics and Peace’, secondo cui il gruppo estremista ha conquistato il triste primato di organizzazione terroristica più sanguinaria del mondo.
Da evidenziare, che il primo gruppo jihadista africano a mettere in atto questo tipo di approccio furono i miliziani somali di al-Shabaab, i quali dopo aver subito pesanti sconfitte da parte dell’AMISOM e perso il controllo di gran parte dei territori meridionali, hanno intensificato le azioni terroristiche lanciando sanguinosi attacchi, come quello al Westgate Mall di Nairobi e alla North-Eastern Garissa University, oltre a colpire costantemente obiettivi sensibili a Mogadiscio.
L’attuale fase di difficoltà in cui versa Boko Haram sta producendo una situazione per molti versi analoga e che mette a repentaglio la sicurezza di tutti i Paesi della regione. Senza contare, chel’essersi trasformata in una wilayadello Stato Islamico potrebbe condurre l’organizzazione a una ulteriore e progressiva internazionalizzazione della propria operatività, spingendola a intensificare attacchi e rapimenti verso obiettivi e cittadini occidentali.
Il gruppo jihadista può ancora adottare nuove tattiche e strategie, nonché un piano per tornare più forte di prima e le forze di sicurezza nigeriane dovranno essere in grado di anticipare le sue mosse.
Di conseguenza, nonostante l’efficacia della strategia di contro-insurrezione messa in atto da Buhari,la sfida è a lungo termine e Boko Haram è ancora ben lungi dall’essere sconfitto.
@afrofocus
Per rassicurare la popolazione, il leader nigeriano ha anche annunciato che gli islamisti ormai non sono in grado di organizzare “attacchi convenzionali contro i civili e i centri di comunicazione nella zona settentrionale del Paese”.