A due anni dall’invasione russa della penisola e dalla sua successiva annessione, a Kiev c’è chi pensa di potersela riprendere, anche con la forza. Il fatto che qualunque azione sarebbe vista dalla Russia come un’aggressione territoriale e che la maggioranza assoluta della popolazione non vuol manco sentir parlare di Ucraina dovrebbe bastare a metterci una pietra sopra. Ma non è così.
Quando la giornalista di EuroNews ha chiesto al primo ministro russo Dmitry Medvedev, a margine della conferenza sulla sicurezza di Monaco, se a Mosca avevano intenzione di restituire la Crimea, lui non si è scomposto. «La cosa non è nemmeno in questione», ha detto. È difficile dire se sia più curioso il fatto che Isabelle Kumar abbia fatto una domanda così o che Medvedev sia riuscito a restare serio mentre rispondeva.
Il fatto è che, visto da Mosca, il “ritorno” (obrazovanje) della Crimea nel grembo della grande madrepatria Russia ripara un torto e mette la parola fine a una vicenda rimasta in sospeso. Il “ritorno”, insomma, per cose di fatto esclude la possibilità di un “ri-ritorno”.
Ma dall’altra parte, dal versante della terraferma cui la penisola è attaccata, la visione è completamente opposta. Il capitolo Crimea si è aperto con l’annessione russa, e la questione del ritorno è parte della retorica politica, tra il nazionalista e il populista.
Riconquista
«Stiamo addestrando un po’ di ragazzi con l’aiuto di attivisti Tatari. Stiamo lavorando a un progetto che ci preparerà a riprendere la Crimea», ha detto pochi giorni fa il primo ministro ucraino, Arsen Avakov. «Abbiamo bisogno di un nuovo esercito, una nuova Guardia nazionale, e ci stiamo lavorando. Quando avremo tutto questo, con un po’ di volontà, la Crimea sarà nostra», ha aggiunto.
Pochi mesi fa, era stato lo stesso presidente Poroshenko a dire che Kiev non si è rassegnata all’annessione. «Ogni giorno e in ogni istante, faremo di tutto per far tornare la Crimea all’Ucraina». Cosa esattamente intendesse con “di tutto”, non è dato saperlo. Ma non sembra escludere l’uso della forza.
Ora, quanto sia irrealistico un intervento armato di chicchessia – esercito ucraino o qualunque altra forza – per riconquistare la Crimea, base di 29mila uomini, è facilmente immaginabile. Ma anche la strategia messa in atto nei mesi scorsi da alcuni gruppi estremisti, e verosimilmente approvata da Kiev, di isolare la penisola bloccando gli approvvigionamenti o sabotando le linee elettriche, sembra potere davvero poco. Il 93 per cento dei crimeani ha detto che preferisce restare per un po’ al buio, finché la penisola non sarà allacciata alla rete elettrica russa, piuttosto che continuare a dipendere dall’Ucraina, secondo un sondaggio del centro VTsIOM.
Riunione segreta
Per provare a immaginare la fattibilità di una ripresa manu militari, può essere utile rivedere come si svolsero gli eventi del 2014. Pochi giorni fa, il Consiglio per la difesa e la sicurezza nazionale ucraino ha pubblicato la trascrizione segreta della riunione d’emergenza del governo, nei giorni dell’arrivo degli “omini verdi”. Mentre era chiaro a tutti che le forze armate russe erano già sul campo e pronte a tutto per prendere la Crimea, l’allora ministro della Difesa Ihor Tenyukh – come tutti, in carica da un paio di settimane – riassunse la situazione in poche parole. «Possiamo mandare lì i nostri soldati, ma questo non risolverà il problema della Crimea. Semplicemente, li manderemmo a farsi ammazzare».
Arseniy Yatsenyuk, già allora primo ministro – contrariamente alla proposta del presidente ad interim Turchynov, che voleva la legge marziale – scelse una soluzione politica della questione. Forse sperava nell’aiuto dell’Occidente e nell’osservanza del Memorandum di Budapest, tramite cui Stati Uniti, Gran Bretagna e Francia nel 1994 si erano impegnati a garantire l’integrità territoriale dell’Ucraina in cambio dello smantellamento del suo arsenale nucleare. Sappiamo com’è andata.
Niente lascia supporre che a due anni di distanza le cose siano cambiate.
@daniloeliatweet
A due anni dall’invasione russa della penisola e dalla sua successiva annessione, a Kiev c’è chi pensa di potersela riprendere, anche con la forza. Il fatto che qualunque azione sarebbe vista dalla Russia come un’aggressione territoriale e che la maggioranza assoluta della popolazione non vuol manco sentir parlare di Ucraina dovrebbe bastare a metterci una pietra sopra. Ma non è così.