Fatima viene da Aleppo. Nelle foto postate sul suo profilo indossa l’hijab e sorride. Fatima è rimasta vedova ed è alla ricerca di un un marito musulmano ma non specifica da quale paese o zona del mondo deve provenire. La cosa più importante è il ruolo del futuro marito: dovrà essere per lei “come un Imam, per poterla condurre nel cammino della vita”.
La storia di Yasmine è simile. Anche lei ha perso il marito e anche lei è alla ricerca di un buon uomo, amorevole e devoto musulmano, con il quale passare il resto della vita. I loro annunci appaiono su un sito matrimoniale per musulmani. La cosa non dovrebbe causare particolare interesse, se non fosse che entrambe che provengono da un paese ormai in macerie.
Ci sono anche altri siti, come singlemuslim.com, che si occupano di matrimoni per corrispondenza. Sembrano offrire un ambiente sicuro per i loro iscritti e possono vantare anche una sezione specifica per le spose siriane. “Assicuriamo un servizio sicuro e vantaggioso. Una scelta economica e senza rischi per trovare il partner ideale”. Nessun riferimento alla guerra o alla condizione delle clienti siriane. Scorrendo i vari profili, salta subito all’occhio che la maggior parte di queste ragazze provenga da aeree controllate dal regime, dove la connessione internet è sicuramente migliore.
Tuttavia, esistono anche esempi più scabrosi per quanto riguarda la diffusione del matrimonio per corrispondenza tra le donne siriane.
La pagina Facebook “Syrian refugees for marriage” offriva una vasta scelta per quanto riguardava donne siriane desiderose di trovare un marito il più lontano possibile dalla guerra. La maggior parte di loro era rifugiata in Turchia, Libano o Giordania. La pagina è rimasta attiva solo per cinque giorni all’inizio del 2014, prima di essere definitivamente oscurata. La “Kafa”, una Ong per i diritti delle donne operante in Libano, si è prodigata perché i suoi sostenitori segnalassero in modo da farla chiudere, a causa di presunte violazioni dell’integrità delle donne in questione. Tuttavia, la situazione non è migliorata di molto.
La guerra civile siriana, oltre ad aver creato una moltitudine di rifugiati, ha anche peggiorato drasticamente la situazione delle donne, che ricorrono sempre di più a soluzioni disperate per sopravvivere. Rinunciano all’educazione e a opportunità migliori a causa del conflitto, ricorrendo anche ai matrimoni precoci per poter sostenere sé stesse e la famiglia.
A Tripoli e in altre aree del Libano, queste ragazze possono incorrere in trafficanti senza scrupoli, pronti a venderle al migliore offerente, senza badare alla loro età. In un articolo pubblicato dal sito news NOW, Ana Maria Luca descrive come questo genere di traffico funzioni. Sono in genere i tassisti a procurare le giovani ragazze, che in media costano sui 2.500$, arrivando a un massimo di 10.000$. Gli affari vengono fatti per le strade e, per la maggior parte, i clienti sono ricchi uomini provenienti dai paesi del Golfo. Addirittura, anche certe Ong, sfruttando il loro stato e i propri contatti all’interno dei campi profughi, sarebbero coinvolte in questo traffico. Nonostante la minore età delle giovani, questo traffico è difficile da fermare. In Libano infatti, i matrimoni di minori sono consentiti; alcune sette religiose permettono il matrimonio da 13/14 anni in su, altre dai 9.
In questo periodo difficile, la pratica sembra essere diventata una delle poche soluzioni che queste giovani hanno per rinfrancarsi dalla povertà. I “matrimoni precoci’’ esistevano anche nella Siria pre-guerra, ma in una misura certamente minore. Prima del conflitto, solo il 13% delle donne tra i 20 e 25 anni si erano sposate prima della maggiore età. Nel 2014, si è arrivati al 32%. Le famiglie siriane sono diventate sempre più disposte a concedere le proprie figlie a uomini più vecchi, così da preservare l’onore delle ragazze e dividere la spesa per il loro mantenimento con il marito.
Secondo Save the Children, ci sono anche altre ragioni. Alcune ragazze si sposano il prima possibile per facilitare l’ingresso dei loro mariti siriani in Giordania. Mentre le donne che sposano un uomo giordano possono assicurarsi il proprio permesso di soggiorno e quello della loro famiglia, in modo da lasciare finalmente il campo profughi dove sono state destinate.
Tuttavia, le giovanissime spose possono essere soggette a ogni tipo di abusi da parte del marito, ma anche a complicazioni del parto, che sono la seconda causa di morte a livello globale per le ragazze i tra i 14 e i 19 anni.
In un documento redatto da Save the Children è contenuta la testimonianza di Maha, che vive in un campo profughi in Giordania. La ragazza ha 13 anni ed è già sposata con un uomo di dieci anni più vecchio. “ Non volevo sposarmi, ma finire i miei studi e diventare un medico. Sono stati i miei genitori a costringermi. Mio padre era preoccupato per le violenze sessuali che avvengono qua. Adesso sono incinta. Il feto è molto debole perché io non ero pronta e troppo giovane.”
Una volta sposate, queste ragazze devono anche rinunciare ai propri studi. La Siria poteva vantare uno dei più alti livelli di istruzione nella regione, con il 90% di ragazzi e ragazze che frequentavano la scuola o l’università. Adesso, queste giovani spose sono confinate nelle proprie abitazioni per badare ai figli e al marito, impossibilitate a frequentare le lezioni. Oltretutto, le istituzioni scolastiche di Paesi come la Giordania impediscono la creazione di classi miste composte da ragazze sposate e non. Questi innumerevoli impedimenti hanno causato un crollo dei livelli di scolarizzazione, rendendo il futuro di queste ragazze ancora più incerto.
@matteo_lat
Fatima viene da Aleppo. Nelle foto postate sul suo profilo indossa l’hijab e sorride. Fatima è rimasta vedova ed è alla ricerca di un un marito musulmano ma non specifica da quale paese o zona del mondo deve provenire. La cosa più importante è il ruolo del futuro marito: dovrà essere per lei “come un Imam, per poterla condurre nel cammino della vita”.