In Germania la partita elettorale sembra ormai decisa. Ma sé così non fosse, il panorama politico tedesco rischierebbe un vero terremoto.
Le jeux sont faits. A leggere i media tedeschi, il socialdemocratico Martin Schulz e il suo partito non hanno alcuna chance di vincere le elezioni questa domenica. Ma è veramente così? I politologi si mostrano più cauti, e non solo perché negli ultimi tempi alcuni sondaggi sono stati clamorosamente smentiti, basti pensare a quelli sulla Brexit o sulle elezioni presidenziali americane lo scorso novembre. A questa considerazione si aggiunge inoltre il fatto che il 40 per cento degli elettori dice di non sapere cosa votare e se andare a votare.
Dunque, la partita, non è davvero decisa, anche se al momento l’Spd guidata da Schulz viaggia attorno al 24 per cento mentre la Cdu di Merkel si attesta al 37 per cento. E allora perché non provare a immaginare un altro scenario, per quanto fantapolitico possa sembrare alla luce dei sondaggi. Perché non provare a immaginare che domenica sera, il partito vincitore non sia la Cdu ma l’Spd.
Per capire come ciò, per quanto improbabile non sia impossibile, potrebbe accadere, è però necessario addentrarsi brevemente nel sistema elettorale tedesco, che è assai più complesso di quanto i politici italiani ogni tanto tendono a far credere. A spiegare in modo chiaro come funziona il sistema è un articolo sul giornale di lingua italiana “Mitte” pubblicato a Berlino, di Ubaldo Villani-Lubelli, autore dell’e-book Enigma #merkel (goWare, 2013). Eccone i punti più importanti: “Ogni elettore può esprimere due voti. Il 50 per cento dei rappresentanti al Bundestag (299) viene eletto con il cosiddetto ‘primo voto’, con il quale si sceglie il singolo rappresentante nel proprio collegio elettorale. (…) Il restante 50 per cento dei parlamentari (299) viene eletto con il cosiddetto ‘secondo voto’, l’elettore appone la croce sul simbolo di un partito a cui sono collegate delle liste bloccate su base regionale. (…) Infine, il numero dei parlamentari può aumentare rispetto al numero minimo (598) in base alle regola dei mandati in eccesso (Überhangmandate). Se in un Land, un partito con il primo voto ottiene più seggi di quanti gliene spetterebbero in virtù del secondo voto, allora aumenta il numero degli eletti nella lista collegata al secondo voto”.
E’ per via di questi mandati in eccesso che l’attuale Bundestag conta, anziché 598 parlamentari ben 631. Già ma chi ha approfittato nelle elezioni del 2013 maggiormente degli stessi? In primo luogo la Cdu che se n’è portati a casa 13, a seguire l’Spd con 10. Non è dunque un caso che sia Merkel che Schulz, durante la Wahlarena (una trasmissione elettorale nella quale i due candidati si presentano separatamente per rispondere alle domande del pubblico in sala), abbiano alla fine concluso raccomandando agli elettori di dare entrambi i voti al proprio partito, perché è il secondo voto, quello che di fatto permettere di avere più seggi del previsto, seggi che possono fare la differenza.
Tornando ora all’ipotesi di partenza, cioè se Schulz vincesse e diventasse il prossimo cancelliere, come cambierebbe la politica tedesca? Una domanda che si è posto anche Rayk Anders sul suo sito YouTube. E visto che probabilmente si tratterebbe di una vittoria risicata, l’ipotesi più probabile sarebbe una grande coalizione, solo a parti inverse. Il che vorrebbe dire, non agire molto diversamente dalla presente. E se invece l’Spd non solo si affermasse come il partito più forte, ma anche i Verdi riuscissero a portare a casa più voti dell’8 per cento attualmente pronosticato (il che appare però ancora più improbabile della vittoria di Schulz, vista la campagna elettorale che hanno condotto, cioè alla rincorsa delle idee che Merkel ha scippato loro nel corso degli anni: uscita dal nucleare, dead line per i motori a benzina e diesel e via dicendo). E infine se Schulz osasse fare il passo che attualmente invece esclude, cioè rompere il tabù e portarsi al governo federale anche la Linke, la Sinistra?
Come sarebbe il suo programma politico Schulz l’ha esposto ripetutamente: un programma che poi non si discosta molto dal passato (d’altro canto molte riforme e leggi messe in atto in questa legislatura portano la firma dei socialdemocratici, a partire dal salario minimo, la riforma pensionistica e via dicendo), punterebbe maggiormente su una politica sociale di inclusione, andrebbe probabilmente un po’ incontro alla posizione di una leader dei Linke, Sahra Wagenknecht, facendo in modo che l’economia sia “un po’ più al servizio del cittadino”, ma difficilmente virerebbe decisamente a sinistra. Lui è stato uno dei sostenitori delle riforme dello stato sociale introdotte di Gerhard Schröder, per quanto restino invise ai socialdemocratici ortodossi.
Ma non è che una vittoria di Schulz renderebbe assai più interessante la risposta a un’altra domanda? E cioè: Merkel a quel punto che farebbe? Di Schulz non si è ancora ben capito se, in caso di sconfitta sarebbe disposto comunque ad assumere la guida di un dicastero. Di Merkel si può dire invece per certo che non sarebbe disponibile né a guidare un dicastero, né a tornare a guidare l’Unione (Cdu e Csu bavarese) in parlamento.
Probabile che lascerebbe tutto. Da tempo si dice che potrebbe essere il prossimo Segretario Generale dell’Onu, oppure succedere a Jean-Claude Juncker alla guida della Commissione Europea. Lei avrebbe giusto l’imbarazzo della scelta. Non così il suo partito, la Cdu, che si ritroverebbe improvvisamente senza guida. Il che equivarrebbe a un vero terremoto politico.
@affaticati
In Germania la partita elettorale sembra ormai decisa. Ma sé così non fosse, il panorama politico tedesco rischierebbe un vero terremoto.
Le jeux sont faits. A leggere i media tedeschi, il socialdemocratico Martin Schulz e il suo partito non hanno alcuna chance di vincere le elezioni questa domenica. Ma è veramente così? I politologi si mostrano più cauti, e non solo perché negli ultimi tempi alcuni sondaggi sono stati clamorosamente smentiti, basti pensare a quelli sulla Brexit o sulle elezioni presidenziali americane lo scorso novembre. A questa considerazione si aggiunge inoltre il fatto che il 40 per cento degli elettori dice di non sapere cosa votare e se andare a votare.