Macron ammette le responsabilità dello Stato nell’Affaire Audin, simbolo delle violazioni dei diritti umani durante la guerra d’Algeria. E riconosce l’esistenza di un sistema che torturava e uccideva. Un mea culpa epocale, che aiuta anche a rilanciare i rapporti con Algeri
Parigi – Una decisione storica per la Francia, che in questi ultimi giorni ha riaperto una delle sue ferite più dolorose attraverso un’inedita ammissione di colpevolezza.
Lo scorso giovedì il presidente Emmanuel Macron ha deciso di riconoscere le responsabilità della Repubblica francese nella scomparsa di Maurice Audin, 25 enne matematico e militante comunista per la liberazione dell’Algeria, arrestato nel 1957 dall’esercito francese e morto dopo essere stato torturato. Una svolta epocale per uno dei dossier più enigmatici della Guerra d’Algeria, che la Francia aveva archiviato come un incidente seguito ad un tentativo di evasione.
In una nota diffusa dall’Eliseo, Macron ha inoltre sottolineato che il tragico episodio è stato il frutto di “un sistema legalmente costituito”, rappresentato da un esercito che godeva di “poteri speciali che erano stati attribuiti per via legale”. Il presidente della Repubblica vuole che “tutti gli archivi di Stato riguardanti le persone scomparse della Guerra d’Algeria possano essere liberamente consultati”, ha dichiarato il messaggio della presidenza.
Dopo l’annuncio, Macron ha reso visita a Josette Audin, vedova di Maurice, che attendeva questo momento da sessantuno anni. Nel suo appartamento a Bagnolet, nella banlieue est di Parigi, l’87enne signora ha ricevuto dal presidente la dichiarazione ufficiale e le scuse da parte della Francia. «Tocca a me chiederle perdono» ha detto Macron abbracciando l’anziana, che dopo la scomparsa di suo marito ha dedicato la sua vita per far venire a galla la verità.
Nel corso degli anni “l’Affaire Audin” è diventato l’emblema delle violazioni dei diritti umani perpetrate durante il conflitto che valse l’indipendenza all’Algeria. Storici, testimoni e giornalisti hanno richiesto più volte al governo di riconoscere l’omicidio del militante matematico, senza però ottenere risposta. La stessa Josette dopo aver appreso la notizia ha confessato che ormai non se lo aspettava più. Una vera e propria zona d’ombra, sulla quale Macron ha deciso di puntare i riflettori rompendo il silenzio dei suoi predecessori.
Come era facilmente prevedibile, la mossa del capo di Stato francese ha provocato reazioni contrastanti all’interno dell’Esagono. Mentre il partito comunista ha espresso grande soddisfazione per la scelta di mettere fine ad “una menzogna di Stato”, la destra è insorta gridando alla manipolazione di un episodio appartenente al passato. «Non bisogna strumentalizzare la storia» ha affermato Bruno Retailleu, senatore dei Repubblicani, mentre Marine Le Pen ha suonato la carica affermando che Macron ha commesso “un atto di divisione”.
Timida, invece, la replica dall’Algeria. L’unica risposta istituzionale è arrivata dal ministro degli ex combattenti, Tayeb Zitouni, che ha parlato di un “progresso” che prova i crimini commessi durante la colonizzazione.
Con questo gesto Macron ha scritto una nuova, importante pagina nella storia contemporanea francese, mantenendo fede a quella promessa fatta durante la campagna elettorale, quando sottolineò il bisogno di stabilire una “riconciliazione delle memorie” sul tema del colonialismo. Un primo passo in tal senso era già stato compiuto da François Hollande, che durante una visita ad Algeri nel 2014 riconobbe che Audin fu ucciso mentre era in detenzione, senza però andare oltre.
Molti osservatori hanno collegato l’annuncio di giovedì al discorso pronunciato nel 1995 da Jacques Chirac. In quell’occasione l’allora presidente ruppe con la tradizione gollista riconoscendo il ruolo della Francia nella deportazione degli ebrei durante la seconda guerra mondiale, in particolare nel drammatico episodio del rastrellamento del Velodromo d’inverno a Parigi nel luglio del 1942, dove furono arrestate più di 13mila persone.
Questa volta, però, con il suo mea culpa Macron ha scoperchiato un vaso di Pandora liberando gli spettri di un colonialismo che ancora oggi infestano la memoria storica francese. La Guerra d’Algeria, punto di svolta della Francia contemporanea che riportò il generale de Gaulle al potere e diede inizio alla Quinta Repubblica, lasciò degli strascichi pesantissimi creando forti contrasti sociali.
Con la sua iniziativa Macron non ha solamente riconosciuto la responsabilità di Parigi in un atto di tortura, ma ha chiaramente evocato un “sistema” repressivo messo in atto all’epoca dalla Francia e funzionante attraverso l’esercito. Un meccanismo “istituito su un fondamento legale”, visto che nel 1956 l’Assemblea nazionale approvò una legge che conferiva dei “poteri speciali” alle truppe impegnate in Algeria.
Consapevole di avanzare su un terreno minato, Macron ha proceduto per piccoli passi preparando con cura il percorso. Il presidente tentò un primo approccio già nel febbraio dello scorso anno, in piena corsa all’Eliseo. Durante un’intervista rilasciata alla televisione algerina, l’allora candidato di En Marche! definì il colonialismo come un “crimine contro l’umanità”, sollevando un polverone di critiche, provenienti soprattutto dalla destra e dalle tante associazioni di “piedi neri” (espressione utilizzata per indicare i francesi d’Algeria rimpatriati dopo l’indipendenza del 1962). Questa volta, la strategia studiata dall’Eliseo è stata più prudente. Macron ha consultato archivi e documenti dell’epoca con l’aiuto di un gruppo di storici esperti dell’argomento.
Riconoscere Audin come una “vittima di Stato” aiuterà certamente Macron a riequilibrare la sua immagine acquistando maggior fiducia presso l’elettorato di sinistra. Ma il significato politico di questa operazione è legato soprattutto ai rapporti tra Parigi e Algeri. L‘annuncio dell’Eliseo è arrivato lo stesso giorno in cui il presidente algerino, Abdelaziz Bouteflika, ha avuto un colloquio telefonico con il suo omologo di Parigi. Algeri ha reso noto che i due leader hanno discusso in merito alla situazione in Libia e nel Sahel, senza però commentare il caso Audin. Una tempistica perfetta, soprattutto se vista nell’ambito di un possibile viaggio di Macron nell’ex colonia francese, che secondo il settimanale Jeune Afrique dovrebbe svolgersi entro la fine dell’anno.
Ammettendo le colpe della Francia, Macron potrebbe aver aperto un nuovo corso nella storia del suo Paese e, soprattutto, nelle relazioni franco-algerine.
@DaniloCeccarell
Macron ammette le responsabilità dello Stato nell’Affaire Audin, simbolo delle violazioni dei diritti umani durante la guerra d’Algeria. E riconosce l’esistenza di un sistema che torturava e uccideva. Un mea culpa epocale, che aiuta anche a rilanciare i rapporti con Algeri