A metà novembre è stata inaugurata in Marocco la prima Tav africana, frutto del partenariato strategico con la Francia. Ma per Parigi sarà difficilissimo sfidare la Cina, che grazie alla sua diplomazia delle ferrovie ha saldamento inserito il continente nella Nuova Via della Seta
Parigi – Nella corsa alla conquista dell’Africa, la Cina punta sulla “diplomazia delle ferrovie”, diventata ormai uno strumento essenziale per incrementare lo sviluppo delle relazioni economiche e logistiche del Dragone nel continente. Una strategia cruciale per il colosso asiatico, che è riuscito ad imporsi nel settore scalzando i concorrenti occidentali, in particolar modo la Francia, che sta cercando di riacquistare il terreno perduto.
L’ultimo capitolo della lunga storia del sistema ferroviario africano si è aperto il 15 novembre scorso con l’inaugurazione di un treno ad alta velocità in Marocco, il primo mai realizzato in Africa. La nuova linea ferroviaria, inaugurata in presenza del re Mohammed VI e del presidente francese Emmanuel Macron, unisce Casablanca a Tangeri, in un percorso lungo 200 Km e destinato a essere ulteriormente sviluppato con un futuro prolungamento.
Un progetto innovativo, nato nel 2007 grazie a un partenariato strategico franco-marocchino e realizzato grazie a un investimento complessivo da 2,1 miliardi di euro. La Francia ha partecipato all’iniziativa coprendo il 51 per cento dei costi e fornendo la sua esperienza nel settore attraverso il sostegno di alcune aziende come Thales, Engie e Sncf, la Sncf, le ferrovie di Stato transalpine. Oltre a rafforzare le relazioni bilaterali con Rabat, l’operazione permetterà a Parigi di utilizzare la Tav marocchina come vetrina per ottenere nuovi contratti in Africa.
Una vera e propria sfida commerciale per la Francia, che per affermarsi nello sviluppo del settore ferroviario africano dovrà contrastare l’egemonia della Cina, diventata ormai il principale attore nella costruzione di infrastrutture del continente tramite investimenti colossali e partenariati con i paesi africani. Pechino sta tessendo la sua tela ferroviaria in diversi punti strategici, stringendo cooperazioni sempre più importanti con i governi locali.
Eppure, i primi passi mossi della Cina nella costruzione di linee ferroviarie in Africa sono avvenuti con parecchie difficoltà.
Pechino cominciò all’inizio degli anni settanta con la creazione della tratta Tanzania-Zambia, conosciuta anche come la Tazara railroad. Il progetto, fortemente voluto da Mao Zedong, fu realizzato grazie a un investimento di 500 milioni di dollari, una somma enorme per le casse di un Paese all’epoca ancora in via di sviluppo, che però non portò gli effetti sperati. Da un punto di vista commerciale, la Tazara si rivelò essere un fallimento a causa di una serie di problemi logistici e la portata inziale della linea fu notevolmente ridimensionata nel corso del tempo.
Ma oggi la Cina attraverso una neanche tanto sottile azione di soft power è riuscita a imporsi sul continente africano, diventando il suo primo partner commerciale. Nel corso degli ultimi anni Pechino ha praticato una politica infrastrutturale a livello internazionale che si inserisce all’interno del progetto ribattezzato One belt, one road un’iniziativa volta a creare un’imponente rete di collegamento terrestre e marittimo tra la Cina e i paesi dell’Eurasia. Conosciuto anche come la nuova Via della seta, questa piano punta ad incrementare le relazioni commerciali e strategiche del Dragone, aumentando le sue capacità di importazioni ed esportazioni. In Africa il progetto si traduce con la necessità di rafforzare i collegamenti tra le zone costiere e l’entroterra per velocizzare il trasporto di materie prime.
Lo scorso anno sono state inaugurate le tratte Addis Abeba-Gibuti e Mombasa-Nairobi. Due cantieri fondamentali per l’economia locale e per l’ex Celeste Impero, che hanno anche un forte significato emblematico visto che si sostituiscono alle precedenti linee realizzate nel periodo coloniale rispettivamente da Francia e Inghilterra.
Lunga 756 Km, la linea tra l’Etiopia e la Repubblica di Gibuti è stata portata a termine da due aziende cinesi, la Chine Rail Engineering Corporation (Crec) e la China Civil Engineering Construction Corporation (Ccecc), per un investimento complessivo da 4 miliardi di dollari, in parte finanziati anche dalla Exim Bank of China. Oltre a rispondere ai bisogni di Pechino, che proprio a Gibuti possiede una base militare, la ferrovia ha permesso ad Addis Abeba di avere un collegamento con il mare, uscendo così dall’isolamento territoriale a cui era confinata.
Il tratto tra Mombasa e Nairobi, invece, è stato finanziato al 90% attraverso prestiti concessi dalla Cina, che ha affidato i lavori alla China Road e alla Bridge Corporation. Un’opera fondamentale per il Kenya, che negli ultimi dieci anni è diventato un partner strategico di Pechino nell’Africa orientale. Secondo le stime, l’opera dovrebbe portare a un punto e mezzo di crescita supplementare all’anno, insieme alla creazione di 30mila posti di lavoro. Un vero toccasana per l’economia locale, che però presenta un rovescio della medaglia poco vantaggioso per Nairobi. Alle critiche rivolte da varie ong internazionali per i danni ambientali creati dalla ferrovia si aggiunge il giudizio della Banca mondiale, secondo la quale il percorso è costato sei volte di più rispetto alle stime inziali. «Il Kenya ha un debito pesante e i prestiti cinesi potrebbero spingerlo verso livelli insostenibili» affermava l’istituzione in un rapporto diffuso nel 2016.
Il rischio per i Paesi che stringono partenariati con la Cina nell’ambito della realizzazione di infrastrutture risiede proprio in questo indebitamento nei confronti del gigante asiatico, che, offrendo nuove strutture a Paesi che ne hanno bisogno, può allargare la sua sfera di influenza. «Non è un club cinese», ha detto il presidente Xi Jinping in difesa della strategia di Pechino, sottolineando il fatto che si tratta di cooperazioni mutualmente benefiche.
Ma gli appetiti del Dragone non si limitano solamente alle regioni orientali dell’Africa. La China Railway Contruction Corporation dovrebbe riprendere in mano il progetto di una linea ferroviaria da 2.700 Km pensata per collegare la Costa d’Avorio, il Burkina Faso, il Niger, il Benin e il Togo. «La Cina ha deciso di mettere a disposizione dei Paesi africani circa 60 miliardi di dollari per l’aiuto allo sviluppo» ha ricordato Patrice Talon, presidente del Benin, che, insieme al suo omologo nigerino Mahamadou Issoufou, si è rivolto a Pechino per realizzare l’opera. Un vero e proprio smacco per il tycoon francese Vincent Bolloré, battutosi fino all’ultimo contro il rivale beninese Samuel Dossou per accaparrarsi il finanziamento del piano.
Dinnanzi ai colossali investimenti dal gigante asiatico, la Francia si ritrova sprovvista dei mezzi adeguati per rispondere all’aggressività di Pechino, che con la sua influenza sta sempre di più cambiando il volto del continente africano.
@DaniloCeccarell
A metà novembre è stata inaugurata in Marocco la prima Tav africana, frutto del partenariato strategico con la Francia. Ma per Parigi sarà difficilissimo sfidare la Cina, che grazie alla sua diplomazia delle ferrovie ha saldamento inserito il continente nella Nuova Via della Seta