L’impatto sulla competitività delle imprese è, potenzialmente, enorme. Potremo integrare sempre di più lo spazio fisico con quello digitale, costruendo modelli interattivi della realtà che permettono di agire in maniera sempre più efficace sulla realtà fisica riducendo tempi, sprechi ed errori
Innovazione digitale e geopolitica. Due fattori che, messi a sistema, possono trasformare l’Italia in un player centrale del sistema europeo e mondiale. Punto di partenza sono le potenzialità dell’intelligenza artificiale e i suoi riflessi sul sistema imprenditoriale e l’economia. L’Italia (e il suo sistema produttivo) in questa partita potrà avere un ruolo importante, se sarà in grado di giocare bene le sue carte, che in questo caso non mancano. Al centro dell’attenzione c’è, sicuramente, la Data Valley Emiliana, che da novembre a Bologna ospita non solo il Supercalcolatore Leonardo (il 4° al mondo per potenza di calcolo, in grado di effettuare 250 Milioni di Miliardi di operazioni al secondo), ma anche la sede del Centro Nazionale per High Performance Computing, Big Data e Quantum Computing (ICSC), un grande sistema finanziato dal Pnrr che vede coinvolti oltre 30 fra università e istituti di Ricerca e diversi attori del sistema industriale. Il focus di queste iniziative sono le aziende e, pensando all’Italia, in particolare le Pmi, per molte delle quali l’innovazione passa attraverso un processo di digitalizzazione di base, ma non scontato.
Dietro il termine “Intelligenza artificiale”, oggi anche abusato, si individuano quattro elementi fondamentali, su cui è necessario sviluppare valore per ottenere effetti sinergici. Innanzitutto, i dati, che rappresentano la materia prima ma, che per poter essere fruiti e diventare informazioni devono essere trasformati, organizzati, gestiti. Sui dati intervengono poi gli algoritmi, che rappresentano il software sul quale l’intelligenza artificiale avrà un ruolo sempre maggiore. Terzo, la capacità di calcolo e storage dei dati: in questo caso non si tratta solo di potenza e velocità di calcolo (fondamentale per certi ambiti particolarmente complessi), ma anche di gestione ordinata ed efficace dei processi in cloud, condizione basilare per molte Pmi. A tutto questo va aggiunto il quarto elemento, le persone e le loro competenze, non solo scientifiche ma anche umanistiche. Le aziende che riescono a sviluppare eccellenza e a gestire questi quattro elementi in modo sinergico acquisiscono un vantaggio competitivo significativo, rispetto a chi non riesce a farlo.
Ad oggi, secondo un recente report Mc Kinsey (The state of AI in 2022), oltre il 50% delle aziende ha adottato almeno un servizio basato sull’intelligenza artificiale. Moltissimi sono i settori che già stanno trasformando il proprio modo di operare; si pensi alle interazioni con i clienti nel mondo dei servizi (chatbot, agenti virtuali, i primi passi nel metaverso, ecc…) o alla manutenzione predittiva e all’ottimizzazione di processo in ambito industriale, o ai progressi in ambito medicale o farmaceutico. Secondo la ricerca, l’impiego delle tecnologie di intelligenza artificiale è più che raddoppiato dal 2017, nonostante la percentuale di aziende e istituzioni che utilizzano questi strumenti tecnologici avanzati si sia oramai stabilizzata tra il 50% e il 60% del totale. Una delle evidenze emerse dall’uso di queste tecnologie sono i ritorni finanziari tendenzialmente sempre più alti. I principali casi di applicazione delle tecnologie di intelligenza artificiale riguardano: vendita di prodotti e servizi (customer care, targhettizzazione della clientela, sviluppo commerciale, ecc…); strategie di finanza aziendale; gestione delle catene di fornitura; analisi dei rischi. Proprio il tema, ancora complesso, della capacità di gestione dei rischi legati all’uso dei dati fa sì che siano soprattutto le grandi organizzazioni a poter gestire queste tecnologie, per ora.
Il tema della sicurezza dei dati chiama in causa anche il quantum computing, che costituisce da questo punto di vista una frontiera estremamente interessante, per la maggior capacità di controllo dei dati che presenta. Il quantum computing rappresenta un’innovazione potenzialmente disruptive e in grado di fornire soluzioni a problemi oggi irrisolvibili, e a ottenere tempi di calcolo esponenzialmente più veloci se confrontati anche con quelli del più potente, ad oggi, supercomputer classico. Siamo ancora lontani nell’immediato da queste possibilità, ma nel futuro a 5-10 anni potrebbe essere uno scenario realistico, e questa tecnologia potrà dispiegare fantastiche opportunità, ma anche rischi enormi (si pensi alla “tenuta” dei sistemi di cybersicurezza, che possono essere messi a dura prova da tecnologie super performanti).
Quello che potremmo trovarci di fronte non è uno sviluppo lineare, ma esponenziale. Nel Centro Nazionale di Supercalcolo, il mondo della ricerca e le aziende stanno lavorando assieme su tematiche di innovazione che potrebbero portare significativi balzi in avanti. Per citarne solo alcuni, pensiamo allo sviluppo di nuovi prodotti tramite i dati (che si tratti di un veicolo, di un farmaco, un servizio, l’utilizzo di dati e di algoritmi di IA consente di accelerare i processi e migliorare qualità riducendo sprechi e perdite di tempo) o la creazione dei cosiddetti “digital twins”, ovvero modelli software che reagiscono in tempo reale a informazioni provenienti dal campo, le cui applicazioni sono in ambito produttivo (manutenzione predittiva), medico (medicina di precisione), agricolo, ma anche in contesti sociali più ampi (si pensi al potenziale di un gemello digitale di una città).
L’impatto sulla competitività delle imprese è, potenzialmente, enorme. Potremo integrare sempre di più lo spazio fisico con quello digitale, costruendo così modelli interattivi della realtà che permettono di comprendere, monitorare e agire in maniera sempre più efficace sulla realtà fisica; ridurremo tempi, sprechi ed errori.
Un ambito trasversale particolarmente promettente è quello relativo alla salvaguardia del territorio e alla comprensione dei fenomeni climatici, in particolare quelli estremi. Analizzando i dati messi a disposizione da IFAB relativamente ai fenomeni climatici estremi (lo European Extreme Events Index), è facile constatare che negli ultimi 40 anni la frequenza di accadimento dei cosiddetti eventi estremi e spesso disastrosi per l’agricoltura, i territori, le infrastrutture e più in generale per la nostra salute (siccità, piogge, ondate di caldo e di gelo) è cresciuta costantemente.
La capacità di fornire previsioni meteo sempre più accurate è un fattore fondamentale nell’ottimizzazione produttiva, ad esempio, del settore agroalimentare. In questo caso, l’intelligenza artificiale mostra applicazioni interessanti anche nella normale capacità di calcolo: il “Nowcasting“, per intendersi, permette di avere delle previsioni del tempo a breve termine, nell’arco di due ore, per un dato punto di interesse. In un prossimo futuro, l’intelligenza artificiale potrebbe essere impiegata su vasta scala per migliorare le previsioni del tempo. La richiesta di previsioni meteorologiche sempre più accurate, insieme allo sviluppo scientifico dei modelli atmosferici, ha portato negli anni a un aumento della complessità di calcolo. Il risultato è che, oggi, grazie ai supercomputer, siamo in grado di sviluppare modelli complessi per le previsioni a medio e lungo termine e, con tecnologie più semplici, di avere previsioni sempre più accurate ora anche nel breve termine.
Ecco, quindi, che la vera sfida per le aziende e per la nostra società è rappresentata dal compiere una doppia trasformazione, “verde e blu”, che può realizzarsi solo grazie a un contributo importante della ricerca, in un contesto in cui il trasferimento tecnologico si riveli efficace.
L’Italia e l’Europa, per vincere queste sfide, devono riuscire a fare massa critica in ambito ricerca, evitando duplicazioni e incoraggiando il trasferimento delle best practice, garantendo il coinvolgimento diretto delle aziende e creando infrastrutture al servizio del Paese e del tessuto industriale, anche quello potenzialmente più debole delle Pmi.
Il nostro Paese investe ancora poco in ricerca, ed è spesso inefficace nel portarne i risultati “sul campo” nel mondo delle aziende. Sulle nuove tecnologie del futuro questo può e deve cambiare. L’infrastruttura italiana in alcuni ambiti è di primo livello (si pensi al supercalcolo, o al quantum computing dove nel giro di un anno avremo, sempre a Bologna, una delle primissime macchine a disposizione della ricerca e delle aziende. Infrastrutture di questo tipo rappresentano la base per permettere un accesso ampio al nostro sistema di piccole e medie imprese ai vantaggi di una digitalizzazione pervasiva e su larga scala. I prossimi decenni saranno testimoni di cambiamenti importanti guidati dalla progressiva accelerazione della digitalizzazione, abilitata dal supercalcolo oggi e, chissà, dal quantum computing un domani.
Avere un sistema-Paese performante da questo punto di vista, significa riportare l’Italia al centro dell’asse geopolitico, come polo di attrazione di investimenti e opportunità di lavoro e sviluppo. Accelerare la trasformazione digitale di imprese, istituzioni e territori è una delle più grandi leve strategiche per la competitività, l’innovazione e la sostenibilità. Per questo, la Commissione Europea ha posto il digitale al centro degli obiettivi strategici dell’Unione Europea e del Next Generation EU, il piano da oltre 800 miliardi di euro per il rilancio dell’economia europea.
Il digitale è un abilitatore chiave per una società più efficiente e produttiva, ma anche più sostenibile e inclusiva grazie alla sua capacità di monitorare, efficientare e automatizzare i processi e connettere individui e territori. Di qui, le considerazioni sulle potenzialità che potrebbero essere messe a frutto nei nostri distretti industriali, costituendo anche una leva per invertire un trend demografico e di competenze che ci vede in seria difficoltà, e quindi agire da calamita per favorire il rientro dei nostri giovani scienziati e professionals di cui abbiamo così bisogno.
Partire ora sulla conoscenza e sull’utilizzo delle nuove tecnologie (oggi i big data, l’intelligenza artificiale e il supercalcolo, domani altro) è fondamentale anche per formare una nuova forza lavoro e riqualificare il personale delle aziende per sviluppare la tecnologia e gestirne l’operatività in futuro.
Questo articolo è pubblicato anche sul numero di aprile/giugno di eastwest
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